Se infatti nel 2016, sempre tra gennaio e giugno, l’export abruzzese ammontava complessivamente a 4.172 milioni di euro, nel primo del 2017 è stato di 4.252, con un incremento di 80 milioni di euro che rappresenta appena un sesto di quanto era avvenuto nel 2016, quando al contrario l’aumento era stato di ben 500 milioni. Una caduta, come spiega lo stesso curatore dello studio, “che pone l’Abruzzo al quintultimo posto della graduatoria delle regioni italiane, mentre dodici mesi fa l’incremento era stato del 13,6%, terzo miglior risultato tra le regioni italiane. In valore percentuale l’export abruzzese ha segnato un aumento di appena l’1,9%, di gran lunga inferiore a quello nazionale cresciuto dell’8%”.
“Il nostro export resta fortemente condizionato dai successi dell’automotive, è evidente, ma c’è un’altra economia dell’Abruzzo che resta in forte difficoltà: un’economia di cui il mondo della micro-impresa e dell’artigianato resta un pezzo fondamentale” ragiona il direttore della Cna Abruzzo, Graziano Di Costanzo, che osserva come “sia proprio su questo secondo segmento che l’intervento pubblico, Regione in testa, possa contribuire a un rilancio, con interventi mirati di sostegno: motivo, questo, che porterà la prossima settimane le organizzazioni d’impresa, dopo l’apertura di una vertenza sull’artigianato, a mettere nero su bianco con la Giunta D’Alfonso le richieste per il settore, con indicazione delle cifre da stanziare”.
La frenata dell’export regionale arriva soprattutto dal cosiddetto settore dell’automotive, ovvero la produzione dei mezzi di trasporto, da sempre punta di lancia e barometro del buon andamento delle nostre esportazioni. Nel periodo preso in considerazione ha ottenuto un incremento di 62 milioni di euro (+3,1% contro una media Italia del settore del 7,7%) che rappresenta appena un quarto di quanto raggiunto dodici mesi fa (278 milioni). E a non compensare la caduta del settore, ci si mette anche la flessione degli altri prodotti: tutti assieme, crescono di 18 milioni, pari ad appena un dodicesimo dell’incremento di 222 milioni del primo semestre del 2016.
Detto delle grandi cifre, non resta che guardare dentro territori e singoli comparti. Sono le province a riservare le maggiori sorprese, perché le variazioni sono tutte di segno differente. “Mentre infatti a Teramo l’export cresce di 47 milioni, frutto verosimilmente del buon andamento di articoli in pelle (+18) e prodotti alimentari (+14), a Pescara di 19 e all’Aquila di 14 – illustra ancora Ronci – la provincia più forte sul piano industriale, Chieti, resta al palo per effetto di due variazioni di segno opposto. Da un lato i mezzi di trasporto crescono di 63 milioni dall’altro i prodotti diversi dai mezzi di trasporto flettono di pari importo, con effetto a somma zero”.
Tra i settori che hanno subito decrementi importanti, i prodotti in metallo (-30) e gli articoli in gomma e plastica (-21). Interessante anche il percorso delle nostre merci: in valore percentuale, tanto l’export verso i Paesi dell’Unione europea (+42 milioni) che verso quelli extra-Ue (+38) appare molto lontano delle medie nazionali: rispettivamente, 1,3% in più contro 7,2% e 3,9% contro 9,1%. Infine, il capitolo “agro-alimentare”, accomunato agli stessi magri destini degli altri prodotti: tra gennaio e giugno del 2017 ha infatti segnato un aumento di 8 milioni, con il 2,9% in più dell’anno precedente, ma anche in questo caso il dato nazionale (+6,7%) appare fuori portata. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, il comparto alimentare (+14) frena le perdite dell’agricoltura (-6).