Dopo decenni di denunce, di battaglie legali, di campagne di sensibilizzazione, ben poco, purtroppo, è cambiato nella lotta al mattone illegale. Nel 2011 sono 59 le infrazioni accertate, cui hanno fatto seguito 135 denunce e 20 sequestri. L’abusivismo edilizio, unito a reati come scarichi fognari non depurati, ingiustificate o illegali, rifiuti e pesca illegale, fa salire l’Abruzzo di un gradino nella classifica delle 15 regioni italiane che si affacciano sul mare, rispetto al dossier 2011: quest’anno ci troviamo infatti al tredicesimo posto nella classifica generale del mare illegale, con 306 infrazioni accertate, un totale di 431 denunce e arresti e 66 sequestri; e al settimo posto nella classifica delle infrazioni per Km di costa (2,4 infrazioni per ogni chilometro). A raccontare nel dettaglio lo scenario regionale sarà lo stesso staff di Goletta verde di Legambiente quando attraccherà a Pescara e Giulianova il 2 agosto e a Silvi il 3 agosto. «Dopo decenni di denunce, di battaglie legali e di campagne di sensibilizzazione, ben poco è cambiato – dichiara Luzio Nelli, della segreteria regionale di Legambiente – Sulla costa abruzzese si continua con il consumo e la cementificazione del suolo, sotto una logica speculativa che, nonostante le ripetute segnalazioni, resta imperterrita in piedi, con il rischio, alla fine, di farci l’abitudine. Sotto gli occhi di tutti sono, ad esempio, i recenti sequestri per abusivismo e speculazione edilizi a San Vito Chietino (zona Turchino), a Vasto e a Pescara, nonché la continua lottizzazione della costa teatina con le Foreste di San Vito».
Il litorale di Vasto
A fine maggio 2012 la Procura di Vasto ha disposto il sequestro preventivo del complesso edilizio residenziale in via di realizzazione denominato “Cono a mare”, a ridosso della costa. Si tratta di 178 appartamenti in costruzione e 4 ettari di terreno adiacente ai fabbricati, con sei persone finite nel mirino degli inquirenti: il committente dei lavori, il legale rappresentante della società, un tecnico privato e tre funzionari comunali. I reati contestati nel provvedimento emesso dal Gip riguardano la lottizzazione abusiva e l’illegittimità dell’intervento edilizio, poiché consistente nella costruzione di edifici multipiano in area non urbanizzata ed in assenza di un piano di lottizzazione. I fabbricati, in parte realizzati su aree delle imprese Fioroni, la società che ha realizzato la galleria ferroviaria, sarebbero stati posti sotto sequestro per difformità nell’iter seguito per il rilascio delle necessarie autorizzazioni.
“È stato realizzato un edificio multipiano in un’area non urbanizzata e in assenza di un piano di lottizzazione”, si legge nel comunicato firmato dal procuratore della Repubblica, Francesco Prete, aggiungendo che “il sequestro disposto dalla dottoressa Enrica Medori è supportato da perizie tecniche che hanno confermato le violazioni”. Al committente delle opere ed ai suoi concorrenti si contesta “l’aggiramento di vincoli normativi e la realizzazione di residenze private in assenza di un piano di assetto del territorio – ha dichiarato ancora il capo della Procura – benché l’amministrazione comunale avesse rilasciato dei titoli abilitativi, ritenuti tuttavia illegittimi”. Il permesso a costruire sarebbe datato 2003 e si riferirebbe ad un comparto edificatorio (Istituto volto all’attuazione del piano particolareggiato (PP) mediante la suddivisione dei terreni, edificati e non, in unità fabbricabili da trasformare secondo speciali prescrizioni), ma, secondo i tecnici della Procura, si sarebbe trattato di una lottizzazione e, proprio per questa ragione, non sarebbe dovuta approdare all’esame della Giunta, ma all’attenzione del Consiglio comunale. Il valore degli immobili sequestrati è di diversi milioni di euro. Molti appartamenti sono stati venduti a privati che li hanno acquistati, secondo la Procura in buona fede.
Il maxi sequestro è arrivato appena 40 giorni dopo un provvedimento analogo nella stessa zona, che ha riguardato due complessi edilizi. Si tratta di una struttura sulla collina di Montevecchio, denominata “Residence Plaza”, in un’area destinata a strutture turistico-ricettive, e cinque corpi di fabbrica destinati a civile abitazione in località Canale sulla costa. Le indagini sono state svolte dalla sezione di Polizia Giudiziaria della Procura, con l’ausilio della Compagnia di Vasto della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera-Ufficio Circondariale Marittimo di Punta Penna di Vasto. “Si tratta di due vicende separate – ha spiegato ancora il procuratore Prete – nelle quali si contesta l’aggiramento di vincoli normativi e la realizzazione di residenze private in aree vincolate e nelle quali, comunque, queste non sono consentite dallo strumento urbanistico”.
Pescara, il lido dei vip. “Les Paillotes”: arriva la condanna in appello per abusivismo edilizio
Sabato 16 giugno 2012 la Corte d’Appello dell’Aquila ha condannato per abusivismo edilizio su demanio marittimo il noto imprenditore della pasta Filippo Antonio De Cecco (11 mesi e 39 mila euro di ammenda) e Nicola Di Mascio (6 mesi di arresto e 24 mila euro di ammenda) per una vicenda che risale al 2007, con il sequestro preventivo del lido. Sentenza che conferma quella di primo grado, emessa dal tribunale di Pescara nel luglio scorso, relativa alla costruzione dello stabilimento Les Paillotes nel 2001, secondo i giudici illegalmente. Il primo, De Cecco, in quanto titolare, il secondo, Di Mascio, in quanto direttore dei lavori all’epoca dei lavori eseguiti. I due dovranno adesso provvedere a demolire, a loro spese, le opere ritenute abusive e, tra queste, c’è la pizzeria il Granchio, costruita all’interno dello stesso stabilimento balneare. Per gli inquirenti, dunque, lo stabilimento sarebbe stato ampliato sfruttando permessi rilasciati per effettuare invece delle semplici manutenzioni. Un passaggio della sentenza lo spiega bene: “Una zona d’ingresso su piazzale Le Laudi ottenuta attraverso la copertura di tutta la superficie pavimentata e la chiusura con pannelli fonoassorbenti rivestiti in tronchetti di legno. Una zona destinata a ristorante, piano bar, pizzeria con l’insegna Il Granchio; l’ampliamento della veranda e una zona costituita dalla piattaforma verso il mare”. Probabile che i due ricorrano adesso in Cassazione per far valere le loro motivazioni. La condanna anche in appello, intanto, soddisfa le associazioni ambientaliste (e gli avvocati che li hanno appoggiati nel processo come parti civile, Salvatore Acerbo e Alessandra Torelli), che da anni si battono per il libero accesso alle spiagge abruzzesi e per una regolamentazione che salvaguardi il diritto di tutti, senza difficoltà e ulteriori impedimenti, alla libera fruizione delle spiagge e del mare di quel tratto di costa. Lo stesso che da diverso tempo è sottoposto a una cura forzata di cemento e, in genere, di privatizzazione, che ha già sottratto ai cittadini la vista mare per troppi chilometri di litorale. Con la speranza che, soprattutto la condanna alla demolizione delle strutture ritenute abusive, serva almeno da monito nei confronti di chi voglia continuare a costruire illegalmente a due passi dal mare, se non direttamente sulla spiaggia.
Il Resort Village di San Vito Chietino
Nel cuore dell’istituendo parco nazionale della Costa Teatina, un angolo di paradiso finora scampato alle betoniere, sta per nascere una delle più grandi speculazioni edilizie abruzzesi: il Resort Village della ditta Pagliaroli Group. Un complesso turistico di oltre 600 posti letto, insieme a seconde case, centro di talassoterapia, sala meeting, centro culturale, ristoranti, piscine e attrezzature sportive, che sorgerà – stando così le cose – in contrada Colle Foreste del comune di San Vito Chietino. Operazione resa possibile grazie alla solita variante urbanistica al Piano regolatore generale, che ha acquisito anche il parere favorevole della Commissione via regionale, trasformando una zona agricola in zona turistica, estesa per circa 20 ettari. In un’area di grande valenza ambientale e paesaggistica calerà, quindi, l’ennesima colata di cemento, sottraendo altro spazio all’agricoltura di qualità. Un insediamento sponsorizzato dall’amministrazione comunale, visto che, usando le stesse parole del sindaco Rocco Catenaro, porterà nelle casse comunali un gettito d’Imu di oltre 300 mila euro. E con questo il gioco dovrebbe valere la candela, almeno secondo il sindaco.
La Riserva Naturale Regionale del Borsacchio
Dopo sette anni di contraddizioni, inadempienze e 230 mila euro spesi per un piano di assetto naturalistico mai approvato, la Regione, la Provincia di Teramo e i comuni di Roseto degli Abruzzi e di Giulianova continuano a tergiversare sui confini e sulla gestione della riserva naturale regionale del Borsacchio. Ed è proprio su questo aspetto, tutt’altro che formale, che si gioca un pezzo di destino della Riserva. L’area protetta, istituita nel 2005 per protegge uno dei pochi tratti della costa abruzzese sfuggita alla cementificazione, è stata oggetto di numerosi interventi legislativi finalizzati alla modifica della linea di confine per “rispondere” – così almeno pare – agli appetiti della speculazione edilizia. Decidere chi sta dentro e chi fuori dai confini significa anche decidere dove si potrà costruire facilmente e dove, invece, ci si dovrà rassegnare a fare a meno dei cantieri. Situazione che trova il suo culmine con la recentissima riperimetrazione approvata da Consiglio Regionale con deliberazione legislativa n. 113/5 del l’8 maggio 2012 ed annullata il 6 giugno scorso (nemmeno un mese dopo) dal Collegio per le Garanzie Statutarie della stessa Regione: in quanto ritenuta non conforme allo statuto regionale. Ma la partita è tutt’altro che chiusa.