L’Aquila. I lavori per la messa in sicurezza urgente già avviati da SdP devono andare avanti velocemente. Non si possono frapporre ulteriori ostacoli e rallentamenti burocratici, visto il carattere di urgenza e i tempi stretti per portarli a conclusione: 550 giorni.
E’ questa la decisione del Tar del Lazio che ieri, con un’ordinanza cautelare, ha accolto le richieste di Strada dei Parchi che chiedeva chiarezza, proprio sui lavori di messa in sicurezza urgente che serviranno ad impedire, in caso di sisma, fenomeni come lo “scalinamento” sui viadotti delle autostrade A24 e A25.
Il Giudice amministrativo ha preso atto che si tratta di “lavori già autorizzati dal MIT”, ordinati e sollecitati alla concessionaria SdP, “i cui cantieri sono già stati avviati”. E, visto che il Ministero nel suo “ordine” non aveva previsto come finanziarli, il TAR indica la strada. Il giudice amministrativo ha disposto che le somme da utilizzare siano quelle delle “due rate del prezzo di concessione”. Somme accantonate per le annualità 2015 e 2016 da SdP in un fondo speciale vincolato e destinato al Ministero, per un ammontare di circa 111 milioni di euro.
Nel provvedimento, il tribunale amministrativo ha ritenuto “sussistente il grave pericolo” “in merito alla mancata tempestiva realizzazione degli interventi per il cosiddetto antiscalinamento nelle tratte autostradali A24 e A25”. E poi nel dispositivo rileva come “il Ministero ha autorizzato gli interventi per prevenire il fenomeno dello scalinamento degli impalcati, ma nulla ha predisposto in ordine al finanziamento degli interventi progettati”. Da qui la decisione di utilizzare le somme già accantonate da SdP.
Ma soprattutto l’ordinanza del TAR ha ribadito che i canoni del prezzo di concessione, pari a 56 milioni l‘anno, devono essere pagati al Ministero e non all’Anas. Proprio il pronunciamento del TAR su questo punto è decisivo e chiarificatore, visto che con un sub-emendamento alla Manovra di bilancio, la scorsa settimana, si è fatta passare l’idea che il canone delle autostrade A24 e A25 debba essere appannaggio dell’Anas. Quest’ultima infatti non è più l’ente concedente, in quanto tutte le relative competenze sono state trasferite al Ministero, a partire dal 1 ottobre del 2012.
Su questo punto della disputa intorno al canone, il pronunciamento del TAR del Lazio arriva dopo che già il Tribunale Civile di Roma, con due ordinanze emesse in sede cautelare, aveva statuito che il canone di A24 e A25 deve essere pagato al Concedente, il MIT appunto.
Le pronunce dell’autorità giudiziaria ordinaria e amministrativa rendono palese l’incostituzionalità della norma pro Anas inserita nel corso dell’esame parlamentare della Manovra. In altri termini nel corso del procedimento davanti ad un giudice si cambia una norma, così da ribaltare il giudizio già espresso da una Corte. Vanificando il lavoro dei magistrati, arrivando di autorità, e unilateralmente, a dare ragione a una delle parti.
Il pronunciamento del Tar del Lazio è un duro colpo alla gestione portata avanti finora dal Ministero e agli indirizzi operati dal ministro Delrio proprio in materia autostradale. Senza il pronunciamento del TAR avremmo assistito, infatti, al prelievo e alla distrazione di fondi dall’unica concessionaria che versa al Ministero il canone del prezzo di concessione, a favore di una società privata, l’Anas, anche se il suo capitale è in mano pubblica. La società delle strade, comunque, non ha più nessuna veste e ruolo pubblico già dal 2012.
Lo Stato qualora avesse voluto salvare il bilancio dell’Anas avrebbe potuto attingere ai proventi delle concessioni autostradali in prorogatio.