La festa più stramba dell’anno affonda le sue radici in un periodo antecedente rispetto alla nascita del Cristianesimo. Veniva, infatti, celebrata in onore del dio Saturno, divinità legata alla rigenerazione e alla tecnica dell’agricoltura.
Per questo motivo i corrispettivi festeggiamenti del nostro Carnevale erano all’epoca denominati “Saturnalia”, durante i quali si verificava una vera e propria rivoluzione sociale, in cui gli schiavi potevano essere momentaneamente liberi e festeggiare come se lo fossero davvero. L’etimologia del nome è latina e deriverebbe da “Carnem levare” ossia togliere la carne, visto che dal primo mercoledì di quaresima fino al sabato santo, compresi tutti i venerdì, non dovrebbe essere mangiata la carne.
In seguito, durante il periodo medievale, il Carnevale iniziò a prendere le attuali sembianze, in quanto era costituito da balli, canti e baldorie, che non potevano essere frenati neppure dalle potenze ecclesiastiche, poiché i nobili supportavano tali festeggiamenti nelle loro ville e nei loro palazzi reali e si proponevano di allestire un’atmosfera gioiosa, lontana dalla monotona quotidianità. Grazie all’appoggio di questi signori, il Carnevale ebbe sempre più diffusione tanto da influenzare e divenire la fonte principale di ispirazione della Commedia dell’Arte, la quale portava sui palcoscenici dei più famosi teatri sia le maschere, sia il linguaggio degli strati sociali più bassi. Ogni maschera nasce come emblema delle città italiane: ad esempio Pulcinella è il simbolo più famoso di Napoli, Arlecchino rappresenta la città bergamasca, Pantalone è la maschera tipica di Venezia.
Le maschere dedicate all’Abruzzo, invece, sono tre: Frappiglia, contadino povero ed affamato, che riuscì ad ingannare il diavolo per un piatto di pasta; Pulcinella abruzzese, simbolo della ciclicità della natura; Patanello, una maschera che si ispira ad un personaggio realmente esistito tra ‘800 e ‘900, il quale era soprannominato “Zì Patanè” ed era un amante della baldoria e delle osterie. Quest’ultima è utilizzata per l’apertura del corteo carnevalesco di Francavilla al Mare, in provincia di Chieti, che ogni anno dà vita alla festa carnevalesca più importante d’Abruzzo.
La tradizione del Carnevale francavillese risale intorno agli anni ’50, in seguito alla fine della Seconda guerra mondiale, e prevede la sfilata di maschere e carri per la via principale del paese. Come ogni festa che si rispetti, l’Abruzzo, anche per tale occasione, presenta delle tradizioni culinarie importanti, famose a livello nazionale.
Tra i dolci più importanti vi sono, infatti, le chiacchiere e la cicerchiata. Le prime, chiamate anche frappole o bugie, risalgono all’epoca romana in cui venivano appellate “Frictilia”, preparate e fritte nel grasso del maiale, per festeggiare i Saturnalia. La cicerchiata, invece, sarebbe di origini tipicamente abruzzesi, poiché la nostra regione ha da sempre avuto una cospicua produzione di miele. Il nome di questo dolce ricorda un insieme di cicerchie o di ceci, proprio perché le palline di cui è composto, fatte di zucchero, uova e farina e poi fritte e disposte “a mucchio” con il miele, ricordano i suddetti legumi. Tra maschere e dolci, dunque, l’Abruzzo è una delle regioni italiane in prima linea in occasione di questa festa, così legata al mondo dell’agricoltura e della gastronomia.
Lorenzo Lobolo