Uno studio finalizzato a stimolare le istituzioni affinché forniscano ai giovani i giusti spazi e le giuste opportunità per ricreare quell’assetto sociale che soprattutto il terremoto de L’Aquila ha annullato. Una sezione del volume è, infatti, dedicata ai ragazzi che vivono nei comuni del cratere e ancora oggi, a distanza di due anni, avvertono la mancanza di veri e propri luoghi d’incontro diversi dai centri commerciali.
Tornando al ritratto emerso del mondo adolescenziale abruzzese, gli elementi che più di tutti emergono e invitano a riflettere sono quelli relativi all’idea di futuro che questi ragazzi hanno: il matrimonio è un grosso punto interrogativo, il lavoro nemmeno a parlarne. Ma una cosa è certa: pilastro fondamentale resta la famiglia. Il 41,8 per cento dichiara infatti che ”non si può vivere senza”.
Una famiglia che, tuttavia, cambia e si modella nella società attuale: aumentano le donne che portano avanti le incombenze della casa ma che non rinunciano al lavoro e, di conseguenza, aumentano i figli unici. E se, in molti, da una parte non sanno se nel loro futuro ci sarà o meno una vita matrimoniale, dall’altra sono convinti che l’amore per i figli sia la cosa più grande e sognano serenità e complicità nella vita di coppia.
Ma questo è solo un aspetto dell’interiorità adolescenziale abruzzese. C’è anche il lato oscuro, fatto di delusioni, di superficialità, di immagine, di fragilità. Frutto probabilmente dei prodotti televisivi che incombono nelle vite di ognuno, ma anche dei modelli che la società offre.
Il bello e il brutto dei giovani abruzzesi è il ritratto di un adolescente come tanti: tocca alle istituzioni intervenire, affinché la paura del futuro venga scacciata e lasci il posto a quei valori sani che, a partire dai più giovani, contribuiscono a costruire una società migliore per tutti.