Pescara. ‘I dati negativi, occupazionali e di crescita, dell’Abruzzo non sorprendono, perché confermano quanto sappiamo da tempo; se mai, fanno arrabbiare, perché le terapie necessarie, da tempo individuate, ancora non vengono somministrate.
Occupati: in Italia aumentano, sia pure poco e male (aumentano nella fascia d’età 50-64 a causa delle distorsioni prodotte dalla legge Fornero sulle pensioni); in Abruzzo scendono. Primo trimestre 2016 rispetto al primo trimestre 2015: +1,1 Italia, +0,9 Sud, -2,6 Abruzzo. Si accentua la divergenza tra Nord e Sud e si assottiglia il vantaggio dell’Abruzzo rispetto al resto delle regioni del Sud. Se confrontiamo i primi trimestri dal 2010 a oggi, vediamo che quello del primo trimestre 2016 è il secondo peggior dato dopo quello del 2014, anno nerissimo.
Disoccupati: 70.004 nel I Trimestre 2016; erano 71.794 nel I Trimestre 2015: 1.790 disoccupati in meno, ma gli inattivi aumentano di 4mila, da 308mila a 312mila
Fino al 2012, i disoccupati erano intorno ai 40mila; dal 2012, sono intorno ai 70mila. Il tasso di disoccupazione resta al 12,7, come nel I Trimestre 2015 (mentre migliora a livello nazionale e nelle ripartizioni Nord, Centro e Sud)’.
Esprime preoccupazione in una nota Roberto Campo di Uil Abruzzo.
‘Nel frattempo, il CRESA ha pubblicato dati sulla crescita e sull’industria manifatturiera. Il CRESA dà per positivo, ancorché modesto, il +0,2 di PIL dell’Abruzzo nel 2015 (rispetto al 2014), ma se consideriamo che dal 2001 al 2014 l’Italia ha perso l’1,1 di PIL e l’Abruzzo il 3,3, e che il dato nazionale del PIL 2015 è +0,8 rispetto al 2014, bisogna concludere che prosegue la divergenza dell’Abruzzo dal Centro-Nord, in perfetta analogia, purtroppo, con il dato occupazionale.
I dati positivi dell’industria manifatturiera nel I trimestre 2015 – bene produzione (+8,8) e fatturato (+7,2), con un più modesto ma positivo dato anche per l’occupazione (+0,6) – evidenziano una volta di più che in Abruzzo ci sono due economie, quella che ruota intorno alla grande impresa manifatturiera e quella, sempre più frammentata, della piccola impresa. Ed è altresì evidente che la somma delle due, nonostante i buoni dati dell’industria manifatturiera, è negativa.
L’analisi della situazione è ormai consolidata, almeno per chi non cerca illusioni; adesso è tempo di mettere in atto delle contromisure.
Più investimenti. Siamo forse finalmente alla vigilia della partenza degli investimenti 2014-2020, con un ritardo accumulato di 2 anni e ½. La programmazione è stata fatta meglio delle precedenti, nondimeno il ritardo pesa: è indifferibile l’uscita dei primi bandi e l’apertura dei primi cantieri. Anche il Master Plan, che dove essere una terapia d’urto 2016-2017, ha bruciato ¼ del tempo senza entrare in fase operativa. Abbiamo inoltre qualche preoccupazione sulla capacità della macchina amministrativa regionale di far effettivamente partire tutti questi programmi. Se però si riuscirà a passare ai fatti, l’economia e il mercato del lavoro dell’Abruzzo cominceranno finalmente a ricevere quegli stimoli positivi che mancano da anni.
Meno tasse. Bisogna avere chiara l’entità del male che ci fa la fiscalità di svantaggio. Se i fondi strutturali europei comportano circa 370 milioni di investimenti in 7 anni, si deve sapere che le tasse punitive aggiuntive (addizionale regionale Irpef ed Irap) estraggono da cittadini e imprese abruzzesi in 7 anni più di 900 milioni: è un fondo strutturale alla rovescia, pienamente operativo da anni, mentre i fondi strutturali di investimento ancora non partono.
Il Patto per lo Sviluppo dell’Abruzzo, un’integrazione al Master Plan che le parti sociali stanno costruendo con la Regione, dovrà, tra le altre cose, contenere un piano di eliminazione di questa tassazione debilitante’, si afferma in conclusione della nota.