Pescasseroli. ‘Il mese di gennaio ha fatto registrare diverse notizie riguardanti il lupo in Italia. L’AIW, da anni impegnata nella difesa di quest’animale ed in particolare nel mantenimento della sottospecie italiana (Canis lupus italicus), alla luce di vari comunicati diffusi da altre organizzazioni e team di ricerca, ritiene di diffondere quanto segue.
Per la prima volta la presenza di grandi branchi di lupo si sono fatti fotografare in Abruzzo, attestando inconfutabilmente la verità che l’AIW già aveva segnalato tempo fa con l’avvistamento, da parte di persona affidabile, di un branco di 18 lupi nella località “La Cicerana” del Parco Nazionale d’Abruzzo, ed altri branchi di una quindicina di individui nelle montagne del Velino-Sirente: mai credute, più per spirito di contraddizione che non per verità assodate. Nei giorni scorsi gli scettici (o i detrattori) si sono dovuti arrendere a fronte, prima all’avvistamento attestato con fotografia di un branco di 14 esemplari, e poi nuovamente attestato con fotografie e riprese video di un altro (?) branco di ben 23 individui! Entrambi nei limiti del Parco Nazionale d’Abruzzo; quel Parco dove con il lupo vivono il nucleo originario del rarissimo Camoscio d’Abruzzo e dell’Orso marsicano: specie entrambe minacciate da un’eccessiva presenza di lupi, che certamente non risparmiano, come succede per il cinghiale, il cervo ed il capriolo, ne piccoli di camoscio né cuccioli d’orso’.
Lo sostiene in una nota Franco Zunino, Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness
‘Branchi che diventano prova provata della crescita esponenziale di questi animali che natura vuole non avere competitori nella perdita dei cuccioli, per cui la loro sopravvivenza può quasi considerarsi del 100% (come peraltro è per quasi tutte le specie dei predatori); cosa che spiega come sia stato possibile che da pochi esemplari reintrodotti in alcune zone degli USA, nel volgere di solo pochi decenni, le popolazioni siano talmente aumentate da giungere a migliaia di capi, tanto da costringere le autorità (le stesse che avevano provveduto alla reintroduzione) ad autorizzarne la riduzione del numero con migliaia di abbattimenti (si è scritto, 3.900 solo negli Stati di Idaho e Montana dove ne furono reintrodotti 35 esemplari circa vent’anni or sono).
La consistenza di questi branchi, oltre a fare aumentare la paura della “bestia” di antica memoria, smentisce tutti gli “esperti” che hanno sempre scritto e fatto credere che nel nostro Paese i branchi di lupi al massimo possono giungere a 6-7 esemplari.
Prova che spesso la realtà supera di gran lunga la teoria e, soprattutto, i manuali dei naturalisti scritti scopiazzandosi l’un l’altro e basati su mere teorie, spesso mai provate, e solo credute vere perché così piace credere: la Natura buona e sempre in equilibrio, ignorando la violenza del mondo naturale e la componente di altri fattori ambientali e l’altalenante andamento delle popolazioni animali che il cosiddetto “equilibrio naturale” comporta. E chissà che, per quanto riguarda il lupo, anche la teoria dei maschi e femmine “alfa”, unici esemplari che si riprodurrebbero, non vada a farsi benedire alla luce di queste crescite ormai “esplosive”, almeno nel senso che non siano comportamenti “matematici”.
In tutto il mondo, nei Paesi dove esiste la presenza del lupo le autorità prendono provvedimenti, non per sterminarli, ma per controllarne il numero affinché ad una eccessiva crescita dei branchi non comporti l’inevitabile crescita dei danni, siano essi al bestiame domestico siano alle popolazioni di erbivori selvatici. Ultima, la Svezia, che con i suoi poco più di qualche centinaio di esemplari nei giorni scorsi ne ha stabilito la riduzione del 50%’, insiste Zunino.
‘Le organizzazioni dei cacciatori che, dopo un iniziale impegno di critica alla presenza del lupo nelle Api, hanno poi finito per schierarsi con gli ambientalisti nell’accettare il lupo e, quel che è peggio, nell’accettare il “lupo qualsiasi pur che ci sia il lupo”, forse con la “coda di paglia” di essere tacciati dei soliti nemici degli animali “nocivi”, o forse illusi che la loro categoria non doveva temere problemi dalla presenza del lupo, ora si sono nuovamente svegliate… dopo che si sono accorte: prima, del fatto che i loro preziosi (in tutti i sensi!) cani ausiliari stanno divenendo sempre più preda prediletta dei lupi; due, che la crescita esponenziale dei branchi ha fatto ridurre drasticamente le popolazioni di cinghiali e caprioli, quindi una riduzione della possibilità di fare carniere. Oggi, si diceva, sono nuovamente schierate a favore di una riduzione della presenza del lupo (e quindi a favore anche degli allevatori, che avevano prima lasciati opportunisticamente a loro stessi, non rendendosi conto che il mondo rurale deve restare unito se vuole divenire una forza tale da contrastare quello animal-ambientalista, oggi sempre più politicamente dominante!): è recente un comunicato stampa in merito alla Federazione Italiana della Caccia del Piemonte, che interroga l’Assessore regionale all’Ambiente sulle iniziative che la politica intenda prendere per un problema che tra Piemonte e Liguria si sta rivelando, come peraltro in Toscana, tra i più gravi a livello regionale (perché a livello locale altri problemi esistono un poco ovunque).
Lo scorso venerdì 15 gennaio a Cuneo si è tenuto il solito parolaio convegno sulla problematica del lupo, ovviamente sempre allo scopo di calmare gli animi e cercare di convincere la gente che il lupo è “buono”, che storicamente non esistono casi di aggressioni all’uomo e meno che mai casi di antropofagia (scientemente ignorando addirittura quanto altri del loro mondo hanno autorevolmente scritto e pubblicato!), che il lupo non fa danni eccessivi, che i danni vanno quasi sempre attribuibili a cani randagi e/o inselvatichiti (stranamente, animali che prima dell’arrivo dei lupi, non esistevano!), che il ritorno naturale del lupo è stato “naturale”, che i branchi sono pochi e composti da pochi individui, che la popolazione totale è composta solo da qualche centinaia di capi (contro la tessi opposta dei cacciatori e degli allevatori, certamente più veritiera, che siano diverse migliaia!). In quella sede gli esperti si sarebbero, PER LA PRIMA VOLTA, esposti nell’annunciare che, con tutti i soliti paletti del caso (in Italia siamo campioni nel mettere “paletti” quando non si vuole intervenire ma si è costretti a farlo a causa degli eventi!) forse, qualche lupo si potrebbe anche abbattere (riconoscendo indirettamente che forse i numeri non sono proprio quelli dati per “ufficiali”!). Ed ecco subito che il WWF ed altre associazioni più animaliste che conservazioniste (ormai in Italia l’animalismo ha battuto l’ambientalismo!) si è premurato di prendere posizione con un veto assoluto all’idea che ciò si possa fare.
Intanto nelle Alpi il cosiddetto Lupo “alpino” si è sempre più espanso tra Piemonte e Francia (dove, più che in Italia – mistero del comportamento animale: che ovviamente nessun team di ricercatori ha studiato o saputo spiegarne le ragioni! – è ormai presente in quasi tutto il centro-meridione, dai Pirenei, alla Lozère (da dove, si può presumere da elementi logici, si siano diffusi al Mercantour e creato il focolaio che ha poi invaso il resto della Francia e delle Alpi piemontesi!), alla Provenza, allo Jura ed Alta Savoia! Venuti dall’Italia ed “esplosi” soprattutto in Francia? Alta fertilità in Francia, e bassa in Italia? Alto tasso di bracconaggio in Italia e scarso in Francia?
Forse le autorità italiane (soggiogate dai vari team lautamente finanziati dalla UE!) aspettano, italianamente, a chiudere le stalle quando i buoi saranno ormai scappati, ovvero restano in attesa di qualche fatto eclatante che spinga i politici e le autorità (ed i tanti media che su questo tema vanno a braccetto!) ha prendere quei provvedimenti che, si ripete, in tutto il mondo le autorità di USA, CANADA, NORVEGIA, SVEZIA, FINLANDIA, RUSSIA, FRANCIA, SPAGNA, SVIZZERA (non si è a conoscenza della situazione dei Paesi dell’Est!) hanno preso o stanno prendendo, non per STERMINARE il Lupo, ma per controllarne l’espansione. E noi diciamo, anche per preservare quella biodiversità che sembra valere per tutti gli animali meno che per il Lupo: salvare dal rischio inquinamento genetico l’autoctona popolazione dell’Appennino, conclude il segretario AIW.