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Veder morire una passione

Vorrei parlarvi di una passione, o meglio di come questa stia scomparendo nonostante faccia di  tutto per tenerla viva. Parto da lontano perchè una passione la coltivi da piccolo, cresce insieme a te, si modella sul tuo Io e ti accompagna nelle scelte che cambieranno il tuo futuro.

Mio padre era un infermiere (parlo al passato perchè ora è felicemente in pensione) e io sono cresciuto con l’idea fissa di seguire da grande la sua stessa strada. Chiedere ad un bambino cosa voglia fare da adulto è come spalancare un universo fatto dei lavori più impensabili: pilota d’aereo, astronauta, calciatore, esploratore….. a me bastava fare l’infermiere. Così ho fatto la mia trafila fatta di università, tirocino formativo, esami, concorsi. Poi finalmente l’assunzione, ovviamente in un ospedale del nord. Una bellissima esperienza condivisa con la mia ragazza, che nel frattempo è diventata mia moglie. Nel frattempo ho iniziato a pensare ad un riavvicinamento verso casa, nel luogo dove avevo lasciato la mia famiglia e i miei amici. Richiesta di  mobilità, attesa e finalmente il ritorno tanto sperato, che si è però rivelato l’errore più grande della mia vita. Ciò che avevo vissuto, imparato e condiviso con mia moglie e i colleghi è stato spazzato via piano piano come lo scorrere dell’acqua leviga una roccia. La passione si è spenta, il filo conduttore che mi accompagnava dall’infanzia si è improvvisamente spezzato. Ho provato a riannodarlo con l’unico effetto di provocare nuovi punti di rottura. Ho dato la colpa di tutto ciò a me stesso, riflettendo su dove avessi sbagliato. Mi sono accorto così di trovarmi in un mondo che non ha nessuna considerazione della mia professione, della mia persona e del ruolo che rivesto. Ho capito che per la ASL di Teramo sono solo una matricola, un intralcio e non una risorsa da valorizzare. Così il curriculum formativo e professionale diventa carta straccia e tutto l’impegno, il tempo e i soldi usati per migliorare le proprie capacità teoriche e tecniche diventano aria fritta. Del resto un infermiere non può avere la pretesa di pensare quale reparto gli sia più consono, anche se il proprio percorso formativo prevede ambiti di specializzazione professionale. Inoltre sei un pubblico dipendente e come tale appartieni al girone dantesco dei raccomandati e dei fannulloni. Questa condizione prevede come punizione di prenderti tutti gli improperi possibili e immaginabili senza avere diritto di replica. Sui giornali si decantano le virtù di professori universitari, si invocano nuovi investimenti in apparecchiature e servizi, si scrive e parla di rinascita della sanità teramana, di inversione di tendenza della mobilità passiva. Ma di fronte ad un articolo profondamente denigratorio e non veritiero nei confronti di un collega, non una presa di posizione del Collegio IPASVI, non una parola da parte della ASL, non un accenno di critica da parte dei sindacati. Del resto sei un dipendente pubblico, cosa vuoi pretendere? E intanto la passione svanisce.