Questa mattina, nell’aula nove del tribunale di Pescara, è stata completata la discussione, con le ultime arringhe delle difese e un breve intervento del pm Andrea Papalia. Alle 13.30 è arrivata la sentenza del Gup Gianluca Sarandrea che ha rinviato a giudizio i cinque imputati per tutti i capi d’imputazione.
Il procedimento prese il via dall’esposto presentato dal titolare della clinica privata Synergo, in seguito al ridimensionamento dei tetti di spesa per le cliniche private. Secondo l’accusa, l’ex governatore Chiodi, coinvolto in qualità di ex commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario, avrebbe fatto firmare alle cliniche private contratti di prestazione di assistenza ospedaliera, collegando la firma al pagamento dei crediti che le cliniche vantavano nei confronti della Regione.
Sempre a giudizio dell’accusa, l’ex presidente della Regione avrebbe fatto pressioni sulle cliniche per far firmare quei contratti e avrebbe tenuto un “generale atteggiamento ostruzionistico volto a non fornire i dati per procedere all’attuazione della metodologia utilizzata per realizzare i tetti di spesa”.
“ACCUSE INFONDATE”. “Personalmente mi sono occupato della parte relativa alle ipotesi di falso che, a mio modo di vedere, non sussistono. Siamo convinti di questo e siamo convinti che tutto quello che è stato inserito nel capo di imputazione in relazione alle due ipotesi di falso sia assolutamente infondato”. Così l’avvocato Enrico Mazzarelli, uno dei due legali dell’ex presidente della Regione Gianni Chiodi, ha commentato il rinvio a giudizio del suo assistito e degli altri 4 imputati nel processo sui tetti di spesa per le cliniche private in relazione all’anno 2010.
“Si parla di una ipotesi di falso per la costruzione del tetto di spesa attraverso l’applicazione di un valore medio e non di un valore massimo delle prestazioni – ha aggiunto Mazzarelli – ma negli atti c’è la documentazione che prova esattamente il contrario, cioè che il tetto di spesa di ciascuna clinica privata, compresa Villa Pini, è stato calcolato utilizzando sempre i valori massimi delle prestazioni”.
“Sono l’unico politico in Italia che nei rapporti con la sanità privata è finito sotto processo per avere fatto l’interesse pubblico, con l’accusa di avere violentato la sanità privata, anche se non credo di avere tutta questa potenza per violentare possessori di emittenti televisive ed oggi anche di giornali, senza dimenticare che la sanità privata in alcune zone, magari non in Abruzzo, è qualcosa che fa tremare”.
Così l’ex presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, ha commentato la sentenza di rinvio a giudizio, pronunciata dal gup del tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea, nell’ambito del procedimento sui tetti di spesa delle cliniche private per l’anno 2010.
“Se ci fate caso ci sono due presidenti di Regione che hanno concluso il proprio mandato con vicende attinenti la sanità privata – ha proseguito Chiodi, riferendosi alla Sanitopoli che travolse il suo predecessore Del Turco – per ragioni diversissime, ma con gli stessi Pm e le stesse parti civili.
La sanità privata in Abruzzo ha una storia faticosa – rimarca l’ex governatore – Gaspari la definiva ‘rapace amministratore di risorse pubbliche’.
Chiodi ha poi detto di essere “tranquillo per il mio operato e fiero di ciò che ho fatto, perché ho fatto sì che che ci fossero i contratti, visto che in Abruzzo prima non c’erano e si regalavano 200 milioni di euro alla sanità privata.
La legge li prevedeva ed era dunque necessario che ci fossero, anche se certo non erano abituati a vederli e contavano sul fatto che non ci fossero, perché ciò avrebbe facilitato le loro possibilità speculative in senso economico – ha aggiunto l’ex governatore, in riferimento alle cliniche private -. Inoltre ho ridotto il budget della sanità privata, ho risanato la sanità e nel frattempo sono aumentati i Livelli essenziali di assistenza”.
Infine Chiodi ha osservato che “la maggior parte delle volte c’è il rinvio a giudizio, le Procure vanno avanti e i gup fanno così, ma nel processo sarà più facile dimostrare l’infondatezza delle accuse, anche se è un po’ strano vedersi perseguiti penalmente per questo”.