Incuriositi da così tanto fascino e unicità, abbiamo intrapreso un’esperienza irripetibile: ci siamo recati in Belgio all’Abbazia di St. Sixtus, in compagnia di altri quattro simpatici amanti della birra (Flaviano, Ottavia, Guerrino e Marta) e siamo stati ricevuti da Fratello Joris, responsabile della produzione della Westvleteren.
Da dove nasce l’idea di produrre birra nel vostro monastero?
“I monaci trappisti, provenienti dal monastero di Catsberg (Francia), fondarono il monastero cistercense di St. Sixtus il 4 novembre 1831: coloro che lavoravano alla costruzione del monastero ricevevano, per contratto, una pinta di ale al giorno; così nel 1836 si è deciso che, anziché acquistare la birra per i lavoratori, potevamo iniziare a produrla noi nel monastero”.
Westvleteren è realmente un birrificio trappista nel quale i monaci seguono tutto il processo produttivo? E se è si, quanti sono?
“Tutto il processo produttivo della Westvleteren, in ogni sua fase, avviene in questo monastero. Ci sono 5 fratelli che se ne occupano, aiutati da 4 dipendenti: un fratello opera nel laboratorio, uno nel birrificio, uno è responsabile del personale e del management del birrificio e io che sono il responsabile per la produzione”.
Quanta birra producete all’anno?
“Produciamo 75 giorni all’anno per un massimo di 4750 ettolitri pari a 60000 casse circa, perché per una produzione maggiore occorrerebbero più macchinari e più personale”.
Quanti tipi di birra producete? Ce n’è una solo per il consumo interno del monastero?
“Produciamo 3 tipi di birra:
Westvleteren Blonde (tappo verde, 5.8 % vol.);
Westvleteren 8 (tappo blu, 8 % vol.);
Westvleteren 12 (tappo oro, 10.2% vol.)
Prima del 1998 ne avevamo una quarta: la tappo rosso, una birra scura con 6.2% vol.; anzi, in realtà, nei caffè c’erano solo le 3 versioni scure (tappo blu, oro, rosso), mentre la bionda era solo per noi, ma, nel 1998 il nuovo ed attuale caffè “In de Vrede” chiedeva una birra più leggera per l’estate e che poteva essere raffreddata, così la tappo rosso venne sostituita dalla tappo verde”.
Westvleteren 12 è considerata la miglior birra al mondo, ma qual è la sua preferita?
“La bionda perché puoi berne di più. Nel monastero non beviamo la 12, ci sono solo controlli qualità nel birrificio e poi beviamo solo a pranzo, come ci consente la legge religiosa: la birra è un prodotto locale e i monaci consumano solo i prodotti della loro regione. Nel Medioevo, invece, si beveva birra perché l’acqua era contaminata, mentre la birra viene bollita e quindi essendo sterile permetteva di evitare i rischi di contaminazione”.
Per quale motivo le bottiglie non hanno l’etichetta?
“Per motivi ecologici. Fino a 50 anni fa l’etichetta c’era ma poi si è deciso di toglierla per rendere la cosa più semplice possibile e anche più affascinante! Ci sono leggi che dicono che devi menzionare tutti gli ingredienti… ma non ci sono ingredienti! (n.d.r. risponde sorridendo fratello Joris) Tutte le informazioni necessarie secondo il sistema belga sono riportate sul tappo, perciò quando le istituzioni decideranno che si dovranno mettere gli ingredienti, aggiungeremo l’etichetta”.
Westvleteren è la regina delle trappiste:cosa la differenzia dalle altre?
“Le trappiste sono 7, ma la maggior parte di queste ha una produzione più grande, perché la vendita della birra serve, oltre che per il sostentamento del birrificio (che ovviamente essendo più grande ha più costi), per le missioni umanitarie ad esempio in Africa. Invece noi prima della seconda guerra mondiale avevamo molti caffè che dipendevano dall’Abbazia per la birra ma dopo la guerra li abbiamo venduti tutti tranne uno (“In de vrede”) perché abbiamo deciso di produrre solo il necessario per la comunità, senza altri progetti”.
{webgallery}images/stories/articolo_birra_2{/webgallery}
Elio e Francesca de La Pecora e il luppolo
Westvleteren 12