Amatrice. “Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell’uomo!”, così il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, nell’omelia della messa funebre ad Amatrice. La ricostruzione – ha proseguito – non dev’essere “una ‘querelle politica’ o una forma di sciacallaggio di varia natura, ma quel che deve: far rivivere una bellezza di cui siamo custodi”.
“Questa gente è morta perché amava questa terra e noi vogliamo restare qui”, ha detto il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, al termine dei funerali. Una frase accolta da un forte applauso da parte della folla che gremisce la tensostruttura. Il sindaco ha quindi abbracciato forte e a lungo il vescovo di Rieti che ha celebrato il rito.
“Disertare questi luoghi sarebbe ucciderli una seconda volta – spiega Monsignor Domenico Pompili -. Come si ricava da un messaggio in forma poetica che mi è giunto oltre alle preghiere: ‘Di Geremia, il profeta, rimbomba la voce: ‘Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più’. Non ti abbandoneremo uomo dell’Appennino: l’ombra della tua casa tornerà a giocare sulla natia terra. Dell’alba ancor ti stupirai'”.
Ci sono voluti otto minuti, al vescovo per leggere i nomi di tutte le vittime del terremoto. Un lungo elenco, salutato al termine con un forte applauso, che ha dato l’inizio ai funerali ad Amatrice, per le vittime del terremoto che ha devastato il centro Italia.
Il crocifisso ligneo, salvato dal crollo di una delle chiese di Amatrice, è stato fissato dai volontari sull’altare della tensostruttura. Sul sagrato improvvisato ci sono fiori e palloncini bianchi, come le bare bianche poste sul sagrato improvvisato.
I volontari della Protezione Civile hanno predisposto, sotto una pioggia battente, due grosse tensostrutture nel cortile del complesso Don Minozzi, la struttura educativa per buona parte crollata con la scossa del 24 agosto. Presenti anche il premier, Matteo Renzi, e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, oltre ai presidenti della due Camere, Grasso e Boldrini.
foto e fonte Ansa