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Lanciano, suicida in carcere l’uomo che ha ucciso Eliana: le reazioni

Lanciano. Non ci sono al momento iscritti al registro degli indagati per il suicidio di Giovanni Carbone al supercarcere di Lanciano.

Il procuratore capo Miriana Di Serio aspetta gli atti relativi a seguito dell’indagine condotta dalla stessa polizia penitenziaria.

L’ ipotesi di reato dovrebbe essere omicidio colposo per omissione. Carbone è stato trovato impiccato in cella poco dopo le 19.30. A quanto si è appreso per compiere il gesto estremo avrebbe utilizzato i suoi pantaloni.

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Il pur tempestivo intervento dei poliziotti e degli infermieri non ha purtroppo permesso di salvare la vita all’uomo, che era in carcere per il reato di furto. Una brutta e triste notizia”, commenta Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE.

“Come sapete, abbiamo in più occasioni detto che la morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato”, commenta. “La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere: certo non indulti o amnistie”. Capece richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze.

 

La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Proprio il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”.

Impietosa la denuncia del leader del SAPPE, che si appella al Ministro Guardasigilli Carlo Nordio: “Fino ad ora i vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non sono stati in grado di trovare soluzioni alla gravissima situazione delle carceri italiane. Chiediamo quindi al Ministro della Giustizia Carlo Nordio un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese.”

Nella serata di ieri si è sparsa in fretta la notizia del suicidio di un detenuto nella Casa Circondariale di Lanciano, e mentre i cittadini si dividevano tra quelli che postavano sui social frasi orribili come: “ha fatto bene” oppure “ meno male “ e quelli che si chiedono, giustamente, “come può suicidarsi un detenuto in carcere?”; noi già pensavamo alle inchieste, alle responsabilità, alle spese legali e ad alla famiglia di un poliziotto penitenziario che passerà un Natale di passione nella speranza che l’inchiesta alla quale sarà sottoposto chiarirà la sua posizione davanti alla legge ed all’amministrazione penitenziaria.

In noi invece cresce ancor di più, se possibile, la rabbia verso le condizioni lavorative alle quali siamo costretti; turni doppi e tripli, agenti costretti a garantire la sorveglianza in più posti di servizio contemporaneamente e telecamere che, troppo spesso, sono lasciate sole a registrare gli eventi senza nessuno che le controlla ed un’amministrazione che vede nel ricorso ossessivo allo straordinario la panacea di tutti i mali.
Poi quando accade un evento prevedibile, previsto e finanche preannunciato ci scopriamo puntualmente impreparati; l’importante è allertare il personale, disporre l’incremento della sorveglianza, chiedere sacrifici ulteriori senza preoccuparsi di chi, materialmente, dovrà svolgere il delicato compito di sorvegliare ed impedire taluni comportamenti.

Nessuno pare interessato alle oltre 40000 ore di straordinario che producono gli agenti del carcere di Lanciano, nessuno si preoccupa di aver messo in piedi –prosegue il Segretario Generale Regionale UILPA Polizia Penitenziaria Di Giovanni Ruggero— un circolo vizioso che vede gli stessi lavoratori impegnati in turni doppi e tripli chiamati anche ad incrementare il livello di attenzione e professionalità senza diritto a recupero psico-fisico.
Tanto per dare qualche numero, quel piano detentivo è composto da 2 sezioni, 1 con circa 50 detenuti Alta Sicurezza che richiedono, a causa della tipologia di reati, un’attenzione maggiore e costante; la sezione adiacente invece vede invece la presenza constante di circa 20 detenuti cd. Nuovi Giunti, ovvero detenuti appena arrestati e sottoposti a “Grande Sorveglianza precauzionale” proprio per prevenire gesti autolesionistici, in soldoni parliamo di almeno 20 detenuti nella stessa situazione problematica del suicida di ieri sera.
Non credo serva aggiungere altro se non che confidiamo che il lavoro della magistratura chiarirà la posizione dell’unico agente in servizio per l’intero piano detentivo, al quale va la nostra vicinanza ed il nostro sostegno; allo stesso tempo auspichiamo che le indagini vadano ad esaminare anche le eventuali responsabilità dell’amministrazione penitenziaria sulla gestione del reparto.