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Padula, la Certosa dei record

“Felix coeli porta Anno Domini MCDDXXIII” recita perentorio il suo cartiglio di pietra. Un biglietto da visita che vale già ad introdurre il visitatore nella  Certosa di Padula, la più imponente del Mezzogiorno d’Italia.  

 

L’imponente luogo sacro si apre con un arioso spazio dall’intatto selciato in pietra che il restauro recente ha liberato dai depositi alluvionali, figli di un territorio paludoso come ci rammenta la stessa toponomastica. Opera monumentale, la più monumentale della  Lucania occidentale, il cenobio nasce nel 1306 e venne fondata in funzione politica filoangioina per contrastare il potere degli aragonesi. La  Certosa di S.Lorenzo  domina fisicamente e idealmente tutto il Vallo di Diano, ex lago pleistocenico che si scruta quasi completamente scendendo dal  Passo della Sentinella  in direzione  S.Rufo . I suoi numeri da maggiorata renderebbero fiero persino  Tommaso Sanseverino , conte di Marsico, che la volle nel suo feudo: cinquantaduemila metri quadri dei quali ben trentamila abitabili e coperti con trecentoventi stanze riscaldate da cento camini, cinquecento porte, cinquecentocinquanta finestre, tredici cortili, cinquantadue scale e quarantuno fontane senza contare le ottantaquattro colonne, le seicentosettantadue  metope. Ridare splendore all’antico monastero è stata una sfida in piena regola. Fatto oggetto di una accurata operazione di restauro e di consolidamento dal 1960 in avanti, il cenobio ha visto il concorso del  Ministero dei Beni Culturali  e della  Soprintendenza di Salerno ed Avellino . La riproduzione degli ambienti originari è stata un atto di giustizia e di riappropriazione culturale, la stessa che si impone ad ogni territorio che tenga a cuore la propria identità e si interroghi sulla sua vocazione e sul proprio passato. Tra il 1306 e il 1307 alla dote originaria vengono  aggiunte le rendite dell ‘Orto Grande e la proprietà della “Starza Piccola” con il preciso intento di finanziare le opere in costruzione. Era solo l’inizio di un’ascesa che avrebbe portato alla edificazione di un complesso monastico senza precedenti nel territorio. Epoca aurea del monastero il 1600. Quasi un secolo dopo la Certosa possiede numeri da maggiorata: l’area del podere comune vanta duecentocinquantamila metri quadri, diciannovemila e duecento i  metri quadri distribuiti tra logge, gallerie, portici e disimpegni, un chiostro grande lungo centoquarantanove metri e largo centroquattro, senza contare la scala elicoidale e lo scalone ellittico, un colpo di scena finale che si apre al verde del parco circostante e si stima costato circa due miliardi delle vecchie lire. “Leitmotiv” dell’antico monastero, la graticola di S.Lorenzo celebra nel suo significato l’apologia di una fede indomita ed esemplare. Motivo ricorrente nella sua splendida architettura, il simbolo traspare un po’ ovunque, per esempio nel disegno dei viali del grande  giardino e agli angoli del balcone del priore. Quattro le unità fondamentali che non potevano mancare nelle certose e ne formavano il cuore: la chiesa,  il chiostro grande,  il chiostro piccolo e le celle per i monaci. Il complesso di questi edifici,poi, recitava la sua perfezione con la sala capitolare,  la sacrestia,  il dormitorio dei conversi,   la cucina,  il refettorio e  la biblioteca. Un monastero che è una vera e propria città con i suoi spazi, le regole del vivere, i suoi tempi ritmati. Viaggiare tra quelle mura ancora ce la restituisce com’era nel 1700, quando era animata dalla presenza dei monaci in entrambi i chiostri dove uno, di dimensioni ridotte, era allocato spesso a ridosso della chiesa o lungo uno dei muri longitudinali della stessa o lungo il muro esterno dell’abside e l’altro, denominato chiostro grande, si apriva sulle celle dei monaci.  

Mariantonietta Sorrentino