WhatsApp a pagamento, da bufala a realtà

whatsappWhatsApp per Android passa da gratis a 0,79 centesimi dopo il primo anno. Se nei mesi scorsi la bufala “WhatsApp a pagamento”, era stata puntualmente smentita. Questa volta la conferma è reale almeno su Android.

Nella descrizione dell’ultima versione dell’app (la 2.9.378 del 22 gennaio 2013) si legge infatti “abbiamo abilitato il sistema Google Play in-app-purchase per estendere il servizio”. L’estensione ha un prezzo di 0,79 centesimi l’anno e gli androidiani sono incalliti nei commenti del Google Store.

Molti annunciano la loro prossima disdetta pur di non cedere al pagamento. Ricordiamo che i due ideatori, Acton e Koum, in realtà sono acerrimi nemici della pubblicità mobile. Infatti sul sito ufficiale di WhatsApp si legge: “Insieme, abbiamo lavorato in tutto 20 anni presso Yahoo, facendo del nostro meglio per tenere in vita il sito. Ebbene sì, lavoravamo giorno e notte per vendere pubblicità, perché era quello che faceva Yahoo. Raccoglieva dati, serviva pagine e vendeva pubblicità. Abbiamo visto Yahoo farsi eclissare in dimensioni e portata da Google…le aziende vendono tutti i tuoi dati per venderti pubblicità”.

Dopo il grande successo della App e la crezione di versioni per iOS, Windows Phone, BlackBerry e Symbian, è ovviamente cresciuto il numero di persone che ruotano attorno alla manutenzione della APP, garantendone il funzionamento.

Non poche critiche sono emerse anche per un altro aspetto di WhatsApp, infatti l’applicazione non tutela a pieno le regole di privacy, che però bisogna ammettere sono ancora poco regolamentate in ambito di telefonia mobile. Il reale pericolo si è presentato quando degli hacker hanno dimostrato la  semplicità di violare l’applicazione, decriptare i dati letti dal telefono dell’utente e utilizzarli a proprio piacimento.

WhatsApp si muove accedendo alla rubrica del telefono e aggiungendo contatti all’elenco degli amici. Ma la procedura di altre App di messaggistica hanno una procedura diversa, lasciando che sia l’utente a digitare numeri di telefono o email per verificare che quell’amico abbia la stessa applicazione.

Difatti WhatsApp su iOS (iPhone, iPad e iPod Touch), dopo una richiesta ufficiale dell’Unione Europea e di altre nazioni come il Canada, si è adeguata alla funzione di “aggiunta manuale” e non più automatica; intanto per chi non riesca ad accettare di dover pagare un canone può sempre cambiare rotta verso altri porti della messaggistica free, scegliendo magari Tango, che offre in più oltre alla messaggistica anche la funzione di chiamata e videochiamata gratuita. Oppure Viber con cui si può chattare e chiamare gratis, o Skype simile a Tango ma più amata e conosciuta.

Queste APPlicazioni sono sempre più quotate dagli utenti e sono delle valide alternative per risparmiare sulle classiche tariffe proposte dalle compagnie telefoniche.

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