Giro d’Italia enogastronomico: Liguria

Quarta tappa del giro d’Italia enogastronomico-culturale fortemente voluto dallo chef Gianfranco Verdecchia per farci prendere atto di quella cultura “nascosta” del nostro meraviglioso paese ma anche per mettersi in discussione; infatti, pochi chef ultracinquantenni vanno oltre il proprio collaudato menu e quindi rischiano la reputazione nel preparare antichi piatti di tutte le regioni d’Italia! La Liguria, terra natale di personaggi che hanno contribuito a cambiare per sempre la storia d’Italia come Mazzini Garibaldi Bixio Mameli, ha una forma ad arco con una lunghezza di 240 km. ed una larghezza di soli 35 km. con il 65% di territorio montuoso ed il 35% collinare; ciò fa comprendere come la viticoltura avvenga prevalentemente sulla costa tramite terrazzamenti affacciati sul mare.

Le montagne, i boschi, il mare fanno sì che in questa piccola regione ci sia una grande varietà di profumi e di sapori nel cibo, nel vino ma anche nell’aria con un misto di erbaceo-salmastro inebriante che si avverte mentre si passeggia nei boschi a ridosso del mare! Dopo l’ormai famoso e provvidenziale passaggio dei greci nell’800 a.c. che arricchì l’Italia di vitigni importanti, nel 250a.c. gli antichi romani costruirono le prime strade di grande comunicazione dando alla Liguria uno sbocco commerciale e culturale col resto d’Italia e diedero una svolta alla tecniche di vinificazione locali tanto da far guadagnare ai liguri la “patente di esperti vinificatori” attribuita da Plinio il Vecchio!

Dopo i romani buio pesto con le invasioni barbariche e non fino al 1100 quando la nascita della Repubblica Marinara di Genova diede una sferzata alla ripresa commerciale con la presenza in tutto il mediterraneo anche grazie alla partecipazione alle crociate con le quali si andava a depredare a casa altrui in nome della Chiesa! Dal 1100 al 1600 Genova fu la più grande potenza navale nel mediterraneo poi la concorrenza degli olandesi ed inglesi ne provocò la decadenza e bisognerà attendere l’unità d’Italia per una ripartenza economica ed il 1960 per una svolta enologica di pregio.

Il territorio vitivinicolo ligure si compone di quattro zone di cui due più importanti situate agli antipodi; partendo dal versante che si affaccia sulla Francia abbiamo la riviera ligure di ponente caratterizzata da terre bianche (calcaree quindi roccia dura) che tendono a dare una connotazione elegante e minerale ai vini con vitigni e tecniche di coltura simili a quelli francesi e piemontesi.

Le DOC sono Pomassio, Riviera Ligure di Ponente (Savona) e Dolceacqua (Imperia) ed i vitigni più particolari sono il pigato (bacca bianca) ed il rossese (bacca rossa).

La zona centrale quindi il genovese ha due doc denominate Golfo del Tigullio e Val Polcevera con uve vermentino e bianchetta genovese e vini molto strutturati ma poco eleganti! La parte opposta “dell’arco” quindi la riviera di levante (zona La Spezia) è composta da terre rosse (ricche di ferro nel sottosuolo) e da tecniche di coltura toscane con la conseguenza di avere vini più strutturati, saporiti ma anche complessi e ne scopriremo le cause; i vitigni più importanti sono il bosco, l’albarola ed il vermentino ed i terrazzamenti sono stati ricavati scavando nella roccia al contrario di quelli di ponente fatti di muretti di pietra; la zona cinque terre è patrimonio Unesco! C’è anche una quarta doc limitrofa con la Toscana (Colli di Luni) ma praticamente comprende vitigni toscani come sangiovese di toscana, ciliegiolo e vermentino che tratteremo nella tappa Toscana.

In 45 ci ritroviamo “a casa” dello chef Gianfranco Verdecchia per una serata con molti punti interrogativi data la nostra scarsa conoscenza dell’enogastronomia ligure; si parte con una “Bruschetta alla Pissalandrea” (dal dialetto pizza o focaccia di Andrea) una specialità della zona di Imperia risalente al 1300 a cui seguono le acciughe al limone con in abbinamento il Pigato (dal latino picatus cioè impeciato o dal ligure pigau cioè macchiato) riviera ligure di Ponente doc di Sancio un vino il cui vitigno ha lo stesso dna del vermentino ma se ne differenzia per le macchie sulla buccia ed una maggiore complessità aromatica; giallo paglierino scarico con riflessi verdolini (terre bianche) è secco, sapido e, se invecchiato, acquista note di idrocarburo e resina come il riesling! La zona è il savonese, il grado alcolico di soli 12,5 gradi ma la personalità tanta con un prezzo in enoteca di 14,50 euro.

Con lo stoccafisso alla brandacujon (da brandata cioè scuotimento energico della pentola svolto a mano da uomini che poggiavano il pentolone sulla zona pelvica da seduti) abbiamo abbinato il cinque terre doc Forlini-Cappellini costituito dai tre vitigni storici della zona:il bosco (il nome deriva dalle colline boscose limitrofe ai terrazzamenti sul mare) caratteristico per i sentori erbacei, fiori di camomilla e tracce marine poi l’albarola (da albus cioè bianco) che ha lo stesso dna della bianchetta genovese, ha un colore giallo verdolino con profumi di erba di campo ed il vermentino che apporta struttura e sapidità.

Rispetto al pigato è più “muscoloso” quindi ha maggior sapore ma senza perdere di complessità; ci ha stupito anche se il prezzo in enoteca di 26,50 euro è altino ma è figlio della bassa resa di uva per ettaro data la viticoltura eroica nelle cinque terre ed ho avuto modo di vedere personalmente il lavoro umano estremo di persone che sfidavano pendenze importanti con contenitori per uva indossati a mo di zaino mentre affrontavo la famosa maratona ciclistica di Deiva Marina e delle cinque terre anni fa!

Con i pansooti alla genovese (dal ligure pancia relativo all’aspetto simile ad un raviolo) abbiamo introdotto il primo vino rosso cioè il Rossese (dal colore rosso bluastro della bacca) riviera ligure di ponente di Sancio, un vino il cui vitigno è originario della non lontana provenza (il tibouren della aoc provenza rosè) portato a Genova dall’ammiraglio Andrea Doria nel 1500 via Marsiglia! Il rossese di Sancio (Savona) è un rosso scarico nel colore con evidenti tratti ramati, ha sentori di rosa canina e frutti di bosco con una bella speziatura e sapidità per la vicinanza del mare; è un vino unico, molto elegante che ha un prezzo in enoteca di 14,50 euro e soli 12,5 gradi alcolici.

Dopo le classiche trofie al pesto con cui abbiamo continuato ad abbinare il Liguria, è arrivato il turno della capra con fagioli e fagiolini alla ligure alla quale abbiamo abbinato il Dolceacqua Superiore dell’azienda Maixei cioè sempre rossese ma di una provincia diversa (Imperia) ed una sottozona particolare (Dolceacqua che è un paese in provincia di Imperia) con il risultato di avere nel bicchiere un vino diverso dove la rosa canina diventa appassita e la struttura aumenta rendendolo perfetto per la capra con un prezzo che aumenta lievemente a 16 euro in enoteca.

Da notare che i due rossi sono stati serviti volutamente ad una temperatura di 15-16 gradi che si è rivelata azzeccata! con i ravioli dolci alla ligure, non potevamo non degustare Sua Maestà lo Sciacchetrà ( da sciacaà cioè schiacciare quindi pigiare) noto e storico vino dolce passito delle cinque terre costituito dagli stessi vitigni del cinque terre doc degustato in precedenza (bosco-albarola-vermentino) e prodotto sempe da Forlini-Cappelini quindi stessa materia prima, stessa “mano” ma tecniche di vincazione diverse; il prezzo in enoteca di 107 euro (bottiglia da 0,37) è comprensibile se si pensa alla ridicola resa per ettaro pari nove quintali per ettaro! Prima di concludere con i risultati del gradimento piatti e vini, vorrei ringraziare la ditta “Proposta Vini ” di Trento che, tramite il suo agente di zona Francesco Di Nicola mi ha fornito una esaustiva rosa di vini dalla quale ho scelto quelli della serata.

Gradimento piatti: primo posto a pari merito i ravioli dolci ed i pansooti con 11,15 punti seguiti dalla capra alla ligure con 10,42 quindi il tris di antipasti con 10,28 ed infine le trofie al pesto con 8,17.

Gradimento vini: primo posto staccando nettamente gli altri per lo Sciacchetrà riserva Forlini-Cappellini con 11,74 punti segue il cinqueterre doc Forlini-Cappellini con 10,79 poi il Rossese di Sancio con 10,76 quindi il Dolceacqua di Maixei con 10,28 ed infine il Pigato di Sancio con 8,95.

La classifica aggiornata del giro d’Italia vede saldamente in maglia rosa la Valle d’Aosta con 12,01 segue la Sicilia nord-est con 11,11 la Liguria con 10,37 e la Puglia con 9,73; il piatto più votato è stato il calamaro Luparese con caponata alla siciliana mentre il relativo vino il Torrette superiore La Source (valle d’aosta).

La maglia rosa degustatori è saldamente sulle spalle del dottor Carapucci. Alla prossima tappa!

Stefano Grilli – enoteca Saraullo – Tortoreto

 

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