Teramo, biblioteca Delfico. D’Alberto: “Lavoriamo insieme per salvaguardare questo bene”

“Nessuno si chiami fuori o sottovaluti l’importanza e la delicatezza della questione, non possiamo assistere in silenzio e inerti al progressivo impoverimento di una istituzione vitale, quale la Biblioteca Delfico, o saremmo complici di uno scempio alla nostra storia e alle nostre radici culturali”.

Il capogruppo di “Insieme possiamo” al Comune di Teramo, Gianguido D’Alberto torna a parlare della salvaguardia della biblioteca provinciale che, a seguito della riforma Delrio, rischia di veder sciupare, insieme alle altre tre strutture abruzzesi, il suo patrimonio di documenti e testimonianze e il suo ruolo fondamentale nel panorama culturale del territorio.

“Ad oltre un anno dal trasferimento”, scrive il consigliere in una nota, “siamo costretti a constatare che i problemi che affliggevano la nostra struttura (al pari delle altre) si sono acuiti, per effetto di scelte gestionali ed operative che rischiano di snaturare la sua autonomia, svilendone il ruolo centrale sia in assoluto, come istituzione pubblica, che nello specifico contesto culturale, civico e sociale della realtà teramana”.

Per D’Alberto, infatti, una biblioteca non può e non potrà mai essere concepita come un ufficio, cioè come un erogatore di servizi di stretta natura burocratico-amministrativa, per questo ne contesta l’approccio meramente burocratico che non tiene conto della specificità e complessità delle biblioteche storiche.

Una difesa, dunque, di un patrimonio che conta più di 9 mila iscritti, con tanti frequentatori giornalieri e punto di riferimento per associazioni, enti, Università, scuole e studenti di tutte le età.

“Partendo proprio dalla città capoluogo”, continua D’Alberto, “che aspira al titolo di capitale italiana della cultura e invitando tutte le istituzioni territoriali competenti, occorre mettere in campo azioni politiche e strumenti normativi che permettano di riconsiderare le modalità di gestione di questi fondamentali istituti, allo scopo di salvaguardarne la funzione storica di sentinelle del sapere, esaltandone autonomia di ruolo e di funzione strategica”.

E suggerisce di guardare cosa è stato fatto in altre realtà simili, con la conferma del servizio alla Provincia o introducendo meccanismi di gestione consortili, con la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali (in particolare Regione, Comune, Provincia, Università e Fondazione) che avrebbero l’opportunità di costruire, a costi limitati, un sistema culturale di interrelazioni virtuoso di cui non può che beneficiare la collettività tutta.

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