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Pineto chiede la cittadinanza per bimbi nati in Italia da stranieri

Pineto. Evitare situazionali paradossali, nelle quali bambini nati o cresciuti in Italia, che per cultura e formazione si sentono italiani, crescano con un senso di estraniazione nei confronti di un contesto che è ormai il loro.

È questo l’obiettivo della richiesta rivolta dal sindaco di Pineto Luciano Monticelli al presidente del Consiglio comunale Ernesto Iezzi, al quale il primo cittadino chiede di iscrivere all’ordine del giorno della prossima assise la proposta di ampliare i requisiti di concessione della cittadinanza italiana, basandoli sul principio dello Ius Soli in sostituzione di quello dello Ius Sanguinis, al quale si ispira invece la normativa vigente. “Ho intenzione – spiega in merito Monticelli – di portare all’attenzione il tema della cittadinanza. Attualmente vivono in Italia quasi 5 milioni di persone di origine straniera. Molti di loro sono bambini e ragazzi nati e cresciuti nel nostro Paese, che tuttavia possono accedere alla cittadinanza con modalità quanto mai ristrette e dopo un lungo percorso burocratico. Le conseguenze sono disuguaglianze e ingiustizie che, impedendo una piena integrazione, disattendono il dettato costituzionale che stabilisce il fondamentale principio di uguaglianza e impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il raggiungimento”. Da qui l’idea del primo cittadino pinetese di avviare tutti gli atti e le procedure necessarie al sostegno del riconoscimento della cittadinanza italiana per Ius Soli ai figli nati in Italia da entrambi i genitori stranieri regolarmente residenti e ai ragazzi arrivati nel Bel Paese adolescenti, figli di cittadini non italiani regolarmente residenti, che abbiano qui compiuto un ciclo scolastico. “In questo modo – conclude il sindaco – si produrrebbe un atto nell’interesse dello Stato italiano e fondamentale per favorire, consolidare e rafforzare il percorso di integrazione e radicamento avviato positivamente nel nostro territorio dalle persone di origine straniera che qui stabilmente abitano e intendono partecipare, con pari diritti e doveri, alla vita culturale e socio-politica del Paese”.