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Risveglio albense: una nuova anima al Pdl

Una nuova anima al Pdl. E’ questo il titolo di una lettera aperta indirizzata alla dirigenza del Pdl teramano da parte del gruppo Risveglio albense. L’intervento è molto corposo ed affronta varie tematiche, da quelle nazionali a quelle localistiche, che nel caso di specie rivestono di sicuro un interesse maggiore, anche in relazione a quelle che sono le evoluzioni politiche ad Alba Adriatica.

La lettera

Nello stesso auditorium in cui si consumò lo strappo con Gianfranco Fini, il presidente del Consiglio ha incoronato Alfano alla guida politica del Pdl. ”Oggi eleggiamo un segretario politico per avere un partito unico che dimentichi le provenienze”, disse Berlusconi. Oggi nessuno lo ammette apertamente ma, per molti, la sua nomina era l’inizio di una rivoluzione nel partito a guida monarchica: più collegialità interna nelle decisioni, primarie, condivisione delle scelte e confronto costante anche attraverso i congressi regionali. “Presidente –disse Alfano – lei ha sempre detto che il Pdl è un partito monarchico e anarchico. Ebbene, lei si è annoiato a fare il monarca, gli altri non si sono annoiati a fare gli anarchici”.

A distanza di tempo, tutto ciò che Alfano ha proposto lanciando il nuovo corso del partito non ha avuto nessun seguito, le cose sono rimaste immutate con i monarchi regionali al loro posto di capotavola e i gabellieri di turno a riscuotere gli avanzi concessi dall’abbuffata.

La vana speranza della nascita di un partito normale è durata appena un battito di ciglia, lasciando basiti ben 1.200.000 tesserati italici, quasi 50.000 abruzzesi, e i 13.000 della provincia di Teramo, tra cui anche il sottoscritto, che avvertivano l’esigenza di – uncambiamento di rotta nelle politiche – la necessità di un partito più snello, meno burocratico e più moderno – una guida più incisiva nelle amministrazioni territoriali – un coordinamento più libero e meno rischioso di impantanarsi nei personalismi, nei carrierismi, nelle lotte più o meno meschine per il potere – una corsa alle sedie e alle poltrone meno accentuata e più meritevole, meno importante ai fini personali e più utili alla causa comune – un’anima più movimentista del PdL – una maggiore disponibilitàall’ascolto della società civile, apertaad una autentica dialettica interna e a fornire risposte collegiali con decisioni rispettose delle diverse esperienze politiche e umane.

Disgustato dalla presa per i fondelli e stufo dalla troppa sordità del partito, quanto sto per scrivere è farina del mio sacco e se qualcuno non la digerisce se ne faccia una ragione, comunque se la pigli pure nel sacco o direttamente con me, senza costringere altri di “Risveglio albense” a prendere le distanze ecc., ecc., ecc..

A buon intenditore poche parole.

Sinceramente confesso di esser combattuto fra due tentazioni: rovesciare il tavolo(e mandare tutti al diavolo)oppure ricucire gli strappi e cercare di andare avanti nella speranza che tutto si appiani. Non mi va di essere additato come un’anima che vuole frantumare il partito, svilire un direttivo organico, distruggere una carriera o peggio minare una passione politica. Contrariamente a quanto pensano alcuni provveduti palafrenieri e ingenue damigelle di cortenon mi esalta più di tanto nessuna delle due opzioni,e sarebbe ridicolo se lo facessi, quando è unanimemente risaputo che nel partito c’è ben poco di popolare e liberale, per non parlare poi di organico o di passione ideale letteralmente sconosciuti nei fatti e nelle posture.

Abbiamo propostouna grande assemblea popolare con chi è disponibile a camminare,in un partito connorme e regole condivise, su una strada di confronto e per un progetto meritocratico, accompagnato da un senso civico responsabile e un sentito impegno sociale. Non interessa a nessuno un partito di costituzione debole e monastico, asfittico o vuoto di ideali. Ci interessa invece un partito impegnato e pieno di valori, più movimento, più popolare e più libero.

Mi rendo conto. Sembrano e forse sono discorsi noiosi. Ma oltre il fumo del linguaggio burocratese c’è una sostanza da non sottovalutare:oggigiorno non c’è nessuno in grado di procacciarsi voti in quantità tale per essere eletti (come i consiglieri inseriti nel listino di Chiodi), o capace di stabilire un rapporto stretto con gli iscritti(qui primeggiano Carla Castellani e Paolo Tancredi) scavalcando la mediazione dispersiva di dirigenti,capi e capetti sparpagliati sul territorioche spesso, inseguendo interessi di bottega,inducono gli elettori al disamoramento o ad intraprendere strade nuove di visibilità e di impegno (non è vero Rasicci ?). Pertanto la corsa al tesseramento mostrato ultimamente vale come la foglia di fico che copre a mala pena l’intimità ma non mostra né la forza di passione, né la tenuta di vigore e né la fantasia necessaria per coinvolgere una base elettoralmente dimenticata e tenuta da sempre in riserva di ossigeno o come ruota di scorta.

Emblematico il comportamento del commissario Rasicci, chiamato a ridefinire l’ossatura, l’organizzazione e gli obiettivi del PdL in Alba adriatica. La compaginedirettiva del circolo, boriosamente presentata comecompletamente rinnovata e ricca di forze nuove e giovani,che aveva come obiettivo quello di lavorare per l’unità, sempre inseguita, del centrodestra albense,naufragava già al primo incontro perdendo entusiasmo e pezzi di equipaggio a tutta andata.

Persino Gabriele Corradetti, capogruppo in consiglio comunale, salutava positivamente il nuovo direttivo tanto da parlare di “un partito che va a colmare un’esigenza sentita dal territorio e capace di fronteggiare, in ottica futura, un’amministrazione che langue, e che è priva di idee e di progettualità”, ma alla resa dei conti “il meglio che potevamo scegliere” a detta di Rasicci ha dimostrato l’incapacità di una ciurma di saper governare una nave e di non saper leggere neppure una bussola nel tempestoso mare albense.

Oggi poi che lo scenario è cambiato e la piazza sempre più incalza, si scalda e grida, talora capace anche di scatenare istinti peggiori, di facciata avanza nella coscienza dei cittadini un sentimento di avversione verso la politica e verso i partiti politici, ma di fatto manifesta una volontà costruttiva e propositiva a riempire il vuoto lasciato dalla politica e una richiesta ben precisa alla classe dirigentedi partecipazione ad un dibattito più democratico e interattivo. A proposito di questo è epocale sul serio l’approvazione del nuovo Statuto dell’Università di Teramo: via la politica, via le poltrone, via i “rappresentanti istituzionali”, via tutti quelli che, per vocazione, ruolo, o ricerca di visibilità, vogliono una poltrona in cda. Adesso quella poltrona non c’è più. Non c’è più per il Comune, non c’è più per la Provincia, non c’è più per la Regione. Adesso si cambia pagina. E si prova a far comandare docenti e studenti. Peggio, non potranno fare.

Per la politica ora è già tardi per lagnarsi.

In un partito che doveva essere di popolo, ha prevalso purtroppouna sorta di miopia dilagante. Che anziché guadagnare in energia vitale con l’aumentare della sua forza e dei consensi, che anziché attuare una sorta di politica sociale, per far fronte a tutta una serie di problematiche che attanagliano il Paese,ha prodotto un risultato esattamente inverso. Le lotte intestine, che non possono essere nascoste, la fuoriuscita di alcune frazioni su altri lidi, talune allegre gestioni e i vari localismi, hanno spesso provocato la completa stasi nelle decisioni di partito e generato sfiducia nell’opinione pubblica e nell’elettorato.

Penso sia giunto il momento di abbandonare definitivamente quella che per troppo tempo è stata l’idea dell’élite gestionale.E questo è possibile solo attraverso una nuova classe politica pronta acondividere entusiasmo, passione, e determinazione e desiderosa di smetterla col gioco del risiko e con l’obiettivo di fare più tessere. Un partito che non è capace di esaltare le qualità di ognuno, che non intercetta le istanze popolari, che non sa dare risposte concrete, è destinato al fallimento.Un partito che perde di sensibilità verso la società civile, è destinato al tracollo.Per fare questo occorre un partito aperto e moderno, al passo con i tempi. Snello e territoriale, comunitario e cibernetico , democratico e partecipativo, dove il confronto non deve essere temuto ma ricercato e perseguito.Sempre. E mai come stavolta.

La politica è una fabbrica di illusioni. Un cretino che venga eletto per grazia ricevuta pensa subito di essere immortale, se poi diventa ministro o sottosegretario è persuaso di essere stato scelto da Dio. Invece è stato scelto dal popolo. E se la volontà cambia, quella sedia, ancora calda, sarà alla svelta occupata da altri glutei.

Il mondo è cambiato. Ma i partiti e la politica rischiano di non seguirlo e di trasformarsi in un contenitore vuoto e senza futuro. Noi come “Risveglio albense” siamo pronti a fare la nostra parte e a giocare la partita dei contenuti e degli ideali fino in fondo e a lavorare per il rilancio del Popolo della Libertàe per dare un anima nuova a tutto il movimento.