Pescara. Il senatore Pd Luciano D’Alfonso ha presentato un’interrogazione ai ministri Speranza, Lamorgese e Provenzano sulle ordinanze che il sindaco di Pescara e il Governatore regionale hanno emanato (revocando le precedenti limitazioni) sulle misure di contenimento del Coronavirus lo scorso Primo Maggio, quando sulla riviera si sono ritrovati tanti cittadini per passeggiare.
D’Alfonso parla di “caos” e di “balletto di ordinanze”, ritenendole strumentali per andare contro il Governo Conte e frutto di confusione tra la cittadinanza, che ha così anticipato l’uscita dal lockdown prevista a livello nazionale solo il 4 maggio.
L’ex presidente della Regione Abruzzo, ritenendo l’azione pericolosa per la salute dei cittadini, ha quindi chiesto ai ministri di approfondire il caso nei confronti di Masci e Marsilio.
L’interrogazione ha sollevato l’inevitabile polverone e le repliche del centrodestra e del diretto interessato, Carlo Masci:
Fa sempre piacere vedere un pescarese che torna in azione vispo e arzillo dopo la quarantena. Soprattutto se è il senatore Luciano D’Alfonso, che ha ritrovato la verve dei tempi andati e persino quel linguaggio contorto e barocco col quale infioretta le sue elucubrazioni, l’ultima delle quali è quella di ergersi a cavaliere senza macchia e senza paura rivolgendosi con un’interrogazione a ben tre ministri per censurare il sindaco di Pescara. Potrei fargli un lungo resoconto burocratico sul mio operato – con la certezza di fargli cosa gradita perché nello stile criptico ci sguazza con naturalezza – ma mi limito a osservare e a far osservare ai pescaresi che da marzo a oggi non ho mai avuto il piacere di vederlo in nessuna occasione e in nessun luogo, né di sentirlo su alcuna problematica legata alla pandemia da Covid-19. Semplicemente non pervenuto quando io chiudevo i mercati, i parchi, i cimiteri, i centri sociali, e quando imponevo le mascherine, sempre primi in Italia e a tutela dei miei concittadini, lui compreso.
Il senatore-censore, in isolamento sociale e di idee, non si è occupato della sua comunità in tempi di massima emergenza, ma si preoccupa oggi di far vedere che esiste riemergendo dalla quarantena sanitaria e politica con la trovata dell’interrogazione. Quando c’era da tutelare i pescaresi io mi sono assunto gli oneri delle scelte mentre egli oggi cerca i facili onori di una demagogia da tre palle un soldo; quando come sindaco ho assunto la responsabilità di proteggere la mia, anzi la nostra città, non mi sembra di ricordare che D’Alfonso abbia fatto ascoltare la sua voce che adesso fa baritonalmente squillare dallo scanno senatoriale, credendo siano tutti “do di petto” per strappare e ricevere un facile applauso. Da quello stesso scanno romano da cui, magari, avrebbe dovuto interessarsi più da vicino delle questioni di casa sua, senza problemi di distanziamento sociale visto che è assolutamente contiguo al Governo, col quale è in sintonia a corrente alternata nonostante ne sia attivo sodale. Come in questo caso, visto che rimprovera al sindaco di Pescara addirittura l’ordinanza di riallineamento a quanto previsto dal decreto Conte, mentre i suoi compagni di partito in precedenza mi accusavano esattamente del contrario, ovvero di aver adottato provvedimenti più rigidi rispetto alle prescrizioni contenute nei DPCM.