Ortona. “È di settembre scorso l’annuncio reiterato della Giunta Regionale per l’ennesima volta circa la riattivazione di non precisati reparti dell’Ospedale Bernabeo di Ortona (infatti bisognerebbe precisare per quali reparti chiusi si promette la riapertura): ma siamo a gennaio e l’attività chirurgica si riduce ancora di più, insieme agli organici di medici e paramedici; non ci risultano potenziati i reparti e le uniche attività a pieno regime restano quelle covid”, così il capogruppo Pd in Consiglio regionale Silvio Paolucci.
“Ancora una volta chi governa la Regione alle parole non fa seguire i fatti – ribadisce Paolucci – nella realtà non esiste il rilancio promesso dall’esecutivo, di quella che era una struttura di eccellenza della sanità regionale, anzi. In questi due anni la struttura è stata lasciata languire, con un vero e proprio dissanguamento di servizi e pazienti che si è consumato nel più assordante silenzio. Poi, I’intenzione manifestata dalla Regione di riportarlo a ospedale di base che oggi si rivela una presa in giro colossale, perché dall’accesso agli atti effettuato, la proposta di rete ospedaliera presentata a Roma da Marsilio c’è scritto nero su bianco che il presidio esiste come “stabilimento di Chieti”. Nel frattempo i potenziamenti non ci sono stati, nemmeno in vista di pensionamenti e trasferimenti che ci saranno da qui alla primavera prossima, ma addirittura si è fatto di tutto per ridurre l’attività della struttura, come denunciano tantissimi operatori.
Le condizioni in cui si naviga ora sul fronte organizzativo sono gravissime, perché a causa dei numeri di organico e servizi non è possibile garantire né il rispetto di orari, né la copertura di turni, ferie e riposi, ma soprattutto la qualità del servizio. Dall’interno arrivano voci di una situazione caotica: con servizi talmente sotto organico da garantire appena il minimo sindacale; con l’attività chirurgica ridotta al lumicino e grandi problematiche anche relative all’assistenza perioperatoria, nonché alla reperibilità dei medici, situazioni che rendono praticamente impossibile aprire la seconda sala chirurgica.
Una struttura sotto pressione, per l’assoluta mancanza anche di certezze che derivino da un piano che tenga conto delle mutate condizioni del personale e sia in grado di affrontare le emergenze e le urgenze che i medici che operano nella struttura, senza indicazioni, non sono in grado di assicurare.
Noi abbiamo lasciato una struttura di eccellenza come polo oncologico, con senologia, ginecologia oncologica e oncologia donna, a cui si aggiungeva il settore della senologia ricostruttiva e degli screening preventivi; una struttura di riferimento per la procreazione assistita che ha prodotto record per nascite e buon esito delle prestazioni; una clinica dermatologica innovativa; come l’ortopedia che operava con l’impiego della robotica; abbiamo aumentato i posti di lungodegenza; potenziato gli ambulatori, rivoluzionandoli, ad esempio creato quello di Medicina integrata con Rinaldi, puntato cioè sulla prevenzione e sul miglioramento della qualità della vita; un ambito, il welfare, concentrato principalmente sulle donne, che in quel presidio hanno un riferimento, e quelle che facevano un cammino oncologico potevano contare anche su programmi di allenamento mirati. Insomma, ben altro che la Rsa che ci chiedeva all’epoca il Ministero, ma una struttura di riferimento, che poteva coltivare le sue chiare vocazioni.
Questa è la storia e questo è l’unico rilancio che il centrodestra è stato in grado di assicurare alla struttura. Un rilancio solo a parole, quelle che servivano ad una propaganda che dura a destra da sette anni, mentre i fatti di questi due anni di Marsilio raccontano ben altra cosa”.