L’Aquila. Una centrale a biomasse a Bazzano: è la nuova idea dell’amministrazione comunale dell’Aquila, che intende realizzare un impianto energetico che avrà, come spiegato dall’assessore Moroni, una potenza di 4,9 mega watt e non utilizzerà il legno di pioppo, come deciso originariamernte, ma sottoprodotti agricoli.
La cosa non è piaciuta al Movimento Arancione, che si chiede dove, a fronte di queste intenzioni, il Comune aquilano reperirà tali sottoprodotti e quanti terreni vengono utilizzati per colture nell’aquilano considerando che ultimamente assistiamo a un grande consumo di territorio con terreni sottratti ai contadini per costruire centri commerciali, capannoni e parcheggi? “Pur volendo ipotizzare una centrale che utilizzi scarti provenienti da tutta la regione – lamenta il Movimento Arancione – sappiamo benissimo che l’agricoltura in Abruzzo rappresenta appena il 3 percento di Pil. Tali dati appaiono sufficienti a capire che siamo di fronte alla realizzazione dell’ennesima opera che danneggerebbe la collettività, avvantaggiando i pochi, noti tessitori delle trame oscure”. Secondo il movimento, sebbene si dica cheuna centrale a biomasse rappresenti un’opportunità di lavoro, esperienze analoghe indicherebbero invece che sarebbero necessari al massimo quindici lavoratori nella filiera e due per la gestione dell’impianto: “un numero a dir poco irrisorio di posti di lavoro – denuncia il Movimento – per giustificare una tale opera.”Non solo. Il gruppo torna a porre l’accento sulla tutela della salute dei cittadini, che proprio le centrali a biomasse danneggerebbero. Il Movimento porta a esempio la sentenza del Tar di Torino che ha fatto bloccare la centrale di Luserna S.Giovanni, valutando che l’interesse all’uso di energia rinnovabile non può oltrepassare la tutela della salute dei cittadini. Lo stesso pronunciamento dell’ASL Cuneo 1 ha qualificato “industria insalubre di prima classe” la centrale (pirogassificatore) da 400mW progettata presso le scuole di Paseana (in piena valle del Po). Caso analogo in Lombardia, dove il Comitato Spontaneo Salute e Ambiente della ValTrompia è impegnato da tempo nella denuncia dei danni alla salute e all’ambiente delle suddette centrali. “Il professor Corti, docente presso l’Università degli Studi di Milano e presidente di “Terre Nostre” – continua la nota -, sostiene che questi impianti, ancorché reclamizzati come installazioni efficienti e rispettosi dell’ambiente, abbiano in realtà un impatto devastante sulla qualità dell’aria e sulla salute della popolazione a causa delle grandi quantità di PM 10 che scaturiscono dalle loro emissioni. A queste emissioni dirette – aggiunge Corti – vanno sommate quelle indirette dovute ai mezzi di trasporto che portano il cippato verso la centrale. Questa stessa tecnologia, definita “virtuosa” dall’Uncem (Unione comuni comunità montane) pur consentendo di abbattere (almeno sulla carta) le emissioni rispetto ad impianti a combustione totale, fa fronte ai costi elevati di un sistema di filtri e a manutenzioni molto lunghe e costose (5-10€Cent/kWhel), da eseguire a cura di personale estremamente qualificato”.