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Terremoto L’Aquila, il prefetto diffida Cialente

L’Aquila. Il Prefetto dell’Aquila Francesco Alecci diffida il sindaco Massimo Cialente. E il primo cittadino scrive ai massimi organi dello Stato.

È accaduto oggi, quando il sindaco del capoluogo abruzzese si è visto recapitare un decreto con il quale proprio Alecci lo diffida formalmente a porre termine con immediatezza alla sua azione di protesta con quale Cialente ha deciso di togliere la bandiera nazionale sugli edifici pubblici del Comune e riconsegnare la fascia tricolore.

“Nel decreto – spiega Cialente – il Prefetto afferma  che “L’eventuale persistenza della condotta posta in essere” sarà oggetto di valutazione per la mia rimozione da Sindaco”. Una ipotesi che non ha minimamente spaventato il primo cittadino, che comunica ufficialmente con una lettera agli organi statali di “respingere la diffida ed il decreto per cui mi aspetto che il Governo Italiano, che certamente era a conoscenza di questo decreto di diffida e probabilmente ispirandolo, si assuma la responsabilità di rimuovermi da sindaco, oggi stesso o domani al massimo. Come si fa per i sindaci mafiosi. Nella narrazione del decreto, si riporta testualmente che l’atto di rimuovere le bandiere e di aver restituito la fascia “crea potenziali turbative all’ordine ed alla sicurezza pubblica” e che avrei turbato “ i sentimenti delle giovani generazioni rimuovendo le bandiere dalle scuole”. Sono allibito. Come denuncio da mesi, inascoltato, la situazione dell’ordine pubblico in questa città che è ormai una polveriera di rabbia, disperazione, scoramento, se ancora viene un minimo mantenuta lo si deve all’ingrato compito che in nome di uno spirito istituzionale che ad altri manca, il comune dell’Aquila si è assunto, esercitando una faticosa e dolorosa opera di cuscinetto fra l’abbandono dello Stato ed una comunità che a quattro anni dal sisma vede uno dei più grandi centri storici d’Italia, il suo centro storico, completamente abbandonato a se stesso e le case della periferia distrutta. Una comunità, ancora oggi sfollata per il 50%. Da uomo delle Istituzioni quale so di essere, ricordo a tutti che la bandiera, simbolo della Patria, non si onora in modo formale, ma rispettandola anzitutto con azioni di responsabilità e dovere istituzionale, a cominciare dallo Stato e dai Governi che, invece,  non hanno assolto il loro compito nei confronti della più grande tragedia naturale degli ultimi cento anni. I bambini non si turbano perché  non vedono il tricolore!”.

Secondo Cialente, a turbare i più piccoli sono piuttosto le case di fortuna o gli alberghi nei quali assieme alle loro famiglie sono ancora costretti a vivere. “Quando gli ufficiali di Polizia sono venuti a portarmi un documento del Prefetto – continua nella sua lettera -, pensavo contenesse una lettera di qualche Istituzione Nazionale che prendesse atto della disperazione e di una rabbia di una città umiliata, che chiedesse scusa agli aquilani per questi quattro anni di trascuratezza. Invece è la diffida e la minaccia di cacciarmi. Come un sindaco mafioso. Il consiglio comunale dell’Aquila viene sciolto come i comuni mafiosi. Mi aspettavo una lettera di scuse. Mi si caccia! Sono orgoglioso di essere cacciato. I cittadini capiranno le mie ragioni, le hanno già capite. Sono le loro stesse! Allora, sono io che voglio segnalare, per l’ultima volta che le istituzioni stanno facendo eccessivo affidamento sulla dignità, la compostezza ed il senso di responsabilità degli aquilani. Ma a tutto c’è un limite. Nel riconfermare che assolutamente non intendo retrocedere da quanto da me deciso insieme alla Giunta Comunale, sino a quando lo Stato non darà risposte al Cratere, confermo al Presidente del Consiglio ed al Ministro degli Interni di aspettare nella giornata odierna o al massimo di domani la mia rimozione da Sindaco. Mi piacerebbe che uno di loro, cogliendo l’occasione per vedere in quale stato versa la Città dell’Aquila ad oltre quattro anni dal sisma, lo venga a comunicare di persona, ufficialmente, alle aquilane ed agli aquilani. Altrimenti, mi chiedano apertamente con una telefonata, di dimettermi e non nascondendosi dietro inaccettabili decreti tesi a colpire una protesta, una resistenza democratica. Comunque, sappiano, che rimuovendo me ed il Consiglio Comunale non riusciranno a tacitare l’indignazione di un’intera popolazione. Mi sorprende e mi preoccupa che le istituzioni non riescano a capire che stanno scegliendo la strada di ulteriori provocazioni nei confronti di cittadini esasperati, giustamente esasperati”.