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Lago di Bomba: Mazzocca illustra tutte le iniziative contro estrazioni gas

Bomba. Il Sottosegretario d’Abruzzo Mario Mazzocca rompe gli indugi e scrive ai Ministri dell’Ambiente (Gianluca Galletti) e dello Sviluppo Economico (Carlo Calenda) in relazione all’ipotesi di un giacimento di gas naturale di Bomba (CH) – avanzata dalla società CMI Energia S.p.A, denominata «Colle Santo» e ubicata a valle dell’omonimo lago artificiale – chiedendo un energico intervento a tutela di quel pezzo di territorio regionale e della sua comunità.

Lo rende noto lo stesso Mazzocca che, nella 265^ assemblea pubblica da inizio mandato, tenutasi nel Centro Polifunzionale Comunale di Paglieta alcuni giorni fa, si è confrontato con sindaci, amministratori locali, associazioni, comitati e con i tanti cittadini accorsi numerosi all’evento, illustrando in dettaglio le iniziative messe in campo dalla Regione, oltre a quelle in programma, affinché venga definitivamente sancita la non coltivabilità del giacimento di gas del lago di Bomba: “Un iter procedurale che giace in Comitato Via Nazionale da un anno e mezzo (probabilmente) a causa di «qualche problematicità tale da renderla non approvabile», ma sul cui andamento sicuramente la corposa attività messa in campo dalla Regione Abruzzo ha avuto sinora un peso determinante”.

“Nello specifico – spiega il Sottosegretario – in considerazione dell’elevato livello di rischio derivante da una inopinata ipotesi di cedimento della diga in conseguenza del verificarsi del fenomeno della subsidenza, abbiamo intimato al titolare del dicastero ambientale di respingere la richiesta della concessione di coltivazione, considerata la recente sentenza della Corte Costituzionale n°170/2017 (incostituzionalità del co.7, art.38 dello “Sblocca Italia”, fonte normativa da cui scaturiscono i procedimenti autorizzatori nel campo della ricerca e coltivazione degli idrocarburi), e richiesto una moratoria su tali procedimenti almeno fino al ristabilimento della legalità costituzionale”.

“Le motivazioni a supporto – incalza Mazzocca – si basano su una serie di dati di fatto e di valutazioni oggettive. Intanto l’irrisolto tema delle criticità ambientali, peraltro note da tempo nella letteratura scientifica nazionale: “gas di pessima qualità”, con “una percentuale di idrogeno solforato superiore a quella consentita tanto da richiedere una desolforazione prima di poter essere immesso nella rete”; presenza, entro l’area della concessione, dello sbarramento sul Sangro e del Lago di Bomba, di versanti instabili e dalle numerose frane che evidenziano inequivocabilmente come “la coltivazione del giacimento a gas di Bomba pone in superficie problemi ambientali molto complessi, dall’inquinamento dell’aria a fenomeni di subsidenza che possono interessare sia la diga in terra sia i versanti instabili dei rilievi prospicienti i quali sono già stati, in passato, coinvolti da movimenti franosi (cit. volume “Geologia Ambientale” – UTET 1988)». Tant’è che l’Agip, titolare del giacimento dal 30 gennaio 1969, nonostante avesse tutte le autorizzazioni necessarie per la coltivazione, nel 1992 chiese al Ministero dell’Industria il rinvio dei lavori di sviluppo per motivazioni analoghe a quelle sopra illustrate e a suo tempo condivise dall’Ufficio Nazionale Idrocarburi. Pur tuttavia, la società Forest CMI S.p.A. nel 2004 divenne titolare del permesso di ricerca, nel 2009 presentò l’istanza per la concessione di coltivazione del giacimento e nel 2010 sottopose il progetto al comitato VIA regionale, organismo che lo respinse per ben due volte; il progetto fu definitivamente bocciato dal Consiglio di Stato il 18 maggio 2015 “in considerazione dei rischi di danni insostenibili per la collettività locale connessi al fenomeno della subsidenza”.

A tal riguardo è utile ricordare che il Ministero dello Sviluppo Economico ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, insieme al Comitato di cittadini “Gestione Partecipata Territorio” di Bomba (Ch) e all’associazione Wwf Italia – Wwf Abruzzo, erano tra i ricorrenti al Consiglio di Stato che ha portato alla succitata sentenza.

“Conseguentemente – continua il Sottosegretario – per le stesse motivazioni, abbiamo chiesto al Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda di ‘chiudere’ definitivamente la questione, procedendo speditamente a ritirare il permesso di ricerca «Monte Pallano» alla CMI Energia S.p.A., ad attestare definitivamente che il giacimento di gas naturale di Bomba non è sfruttabile a causa della situazione ambientale della zona in cui si trova, nonché a non rilasciare in futuro ulteriori permessi di ricerca e coltivazioni relativi ad esso».
«La Regione Abruzzo – prosegue Mazzocca – fin dall’inizio è stata attenta e pronta nel condurre la battaglia per l’affermazione del diritto delle comunità locali di esprimersi nelle scelte di politica territoriale di una certa rilevanza. Lo ha fatto nell’agosto del 2016, quando propose specifiche osservazioni al procedimento di Via nazionale sul progetto della CMI Energia SpA, reiterato in forma pressoché identica a quello già bocciato dal Comitato Via regionale e dal Consiglio di Stato, senza produrre nuovi studi, con modeste e marginali modifiche. Quindi, in qualità di titolare della delega regionale sull’ambiente, inviai al Governo due richieste, una al Ministero dell’Ambiente, (richiesta di un’inchiesta pubblica di livello nazionale ai sensi di legge), l’altra al Ministero dello Sviluppo Economico (verifica della titolarità del permesso di ricerca)”.

Nel frattempo sono accaduti alcuni fatti di una certa rilevanza: Con la sentenza n°170 del 12 luglio 2017 la Corte Costituzionale ha dato ragione alla Regione Abruzzo dichiarando incostituzionale l’art.38 (comma 7) dello ‘Sblocca Italia’ che prevedeva fosse il Ministero dello Sviluppo economico, con un proprio decreto, a stabilire le modalità di conferimento del titolo concessorio unico nonché i modi di esercizio delle attività di ricerca e coltivazione, senza il coinvolgimento della Regione. Con la sentenza n. 198 del 14 luglio 2017 la suprema Corte ha nuovamente dato ragione alla Regione Abruzzo (unica a presentare ricorso) annullando il decreto del Ministro dello sviluppo economico (meglio noto come “Decreto Trivelle”) del 2015 in quanto emanato senza preventiva intesa con le Regioni. Pende ancora il ricorso straordinario al Capo dello Stato contro il ‘Decreto Trivelle’ (Disciplinare Tipo) presentato il 12 luglio scorso sempre dalla Regione Abruzzo, opportunamente integrato alla luce di detti due pronunciamenti. È di pochi giorni fa l’ultimo ricorso della Regione Abruzzo contro il DM 09.08.2017 del Mise (Decreto Calenda-bis) che, con lo scopo dichiarato di adeguare il D.M. del 07/12/2016 alla sentenza n°170 del 2017, di fatto continua a non riconoscere il ruolo delle Regioni.

@Tutt’altro – conclude il Sottosegretario d’Abruzzo – rispetto alla fantasiosa ricostruzione, fatta dai soliti personaggi alla continua ricerca di un qualsiasi autore, che vedrebbe la Regione Abruzzo inerme davanti a taluni poteri ‘forti’ filo-governativi. Il nostro agire, fra l’altro esplicatosi anche con la promozione di oltre 40 azioni contenziosi giudiziari, è stato sempre e costantemente rivolto verso l’affermazione del diritto delle popolazioni locali ad intervenire, tramite le proprie rappresentanze istituzionali, nel processi di sviluppo di livello nazionale i cui effetti si riversano sui territori”.