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Chieti, interrogazione di Rita Bernardini su cooperativa pscichiatrica per minori

Chieti. L’onorevole Rita Bernardini ha presentato un’interrogazione parlamentare sulla cooperativa Lilium di Chieti, di recente sotto i riflettori delle cronache dopo gli esposti dell’avvocato Francesco Miraglia per reati connessi a droga e abusi sessuali.

A prima veduta le recenti denunce sarebbero solo la punta di un iceberg di una situazione che si profilerebbe ancora più grave e preoccupante. Si sommano altre segnalazioni a quelle relative al ragazzo di Padova che avrebbe raccontato che gli educatori portavano i ragazzi della comunità a comprare la droga al Parco Florida, vicino a Pescara e alla mancata denuncia di una molestia sessuale da parte di un infermiere verso una ragazza minorenne di Trento ospite nela comunità. Infatti: già il 12 aprile scorso, in un servizio del TGR Trentino Alto Adige di RAI 3, è stata riportata la vicenda della minore trentina molestata sessualmente da un infermiere e trattenuta in comunità contro la sua volontà; sul Messaggero Veneto del 4 luglio 2012 si riporta la notizia di un ragazzino di Udine di soli 13 anni legato al letto e picchiato dagli operatori; vicenda che attualmente vedrebbe sotto processo ben 33 operatori della cooperativa Cearpes (nel 2007 la cooperativa Lilium ha rilevato le attività della cooperativa Cearpes che era ubicata nelle stesse strutture e il direttore della cooperativa Lilium, Dominique Quattrocchi, era il presidente della cooperativa Cearpes); su un quotidiano on-line abruzzese del 20 giugno 2009 veniva riportata la notizia di un ragazzino di Napoli di 15 anni deceduto dopo sole 5 ore di permanenza nella comunità Lilium.
Nello specifico il giornalista dice che: “secondo i genitori, il ragazzo non aveva mai avuto problemi cardiaci ed era in un buono stato di salute, fatto salve alcune patologie legate alla sua obesità (…). Quando i genitori hanno avuto modo di vedere il ragazzo senza vita hanno notato che gli erano stati rasati i capelli e che aveva dei lividi sul corpo. La Procura ha disposto il sequestro della cartella clinica e l’autopsia”.
Nell’interrogazione si segnala anche l’apparente inerzia della Commissione per l’infanzia e l’adolescenza dato che il 3 aprile 2012 alcune situazioni sopra illustrate relative alla cooperativa Lilium erano state portate all’attenzione della commissione e “alla prima firmataria del presente atto non risulta che siano state fatte ulteriori indagini serie sulla comunità per verificare e correggere le eventuali irregolarità in essa presenti”. Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani si è detto soddisfatto della richiesta di far luce su questa comunità che si occupa di minori particolarmente deboli e indifesi a causa del disagio psichico che li affligge. Nello specifico sarà importante sapere se risultino indagini o procedimenti in corso riguardanti operatori o dirigenti della cooperativa Cearpes e, in caso affermativo, se attualmente tali operatori o dirigenti lavorino nella o siano connessi in qualsiasi modo con la cooperativa Lilium, come richiesto nell’interrogazione. Si auspica che la Procura del Tribunale dei Minorenni e i Servizi Sociali competenti si attivino immediatamente, come già successe nel 2007 sulla vicenda della cooperativa Cearpes, ed è importante che i ragazzi attualmente ospiti vengano ascoltati immediatamente in un ambiente non intimidatorio e rassicurante, garantendo loro l’incolumità da eventuali ritorsioni. Il comitato ha ricevuto altre segnalazioni su questa comunità che stanno venendo vagliate e investigate e di cui saranno informate debitamente le autorità competenti.

 

DIFFIDA DELLA COOPERATIVA LILIUM CONTRO COMITATO DEI CITTADINI PER I DIRITTI UMANI

 


“Si diffida chiunque a divulgare notizie false sulla Coop Lilium,considerando che i fatti raccontati in questi giorni sono frutto di una distorta rappresentazione della realtà da parte degli organi di stampa e di persone che le hanno impropriamente diffuse. Questo è confermato dall’archiviazione da parte della Procura della Repubblica di Chieti del fatto divulgato. Per dovere di verità e sicuri del nostro lavoro, noi raccontiamo i fatti così come sono realmente accaduti.
La minore è stata inserita presso la nostra struttura dietro richiesta del Servizio di Neuropsichiatria del Comune di Trentoin conformità al decreto del Tribunale per i Minorenni di Trento del 05.07.11 (che decretava la sospensione della potestà genitoriale, nomina di un nomina di un tutore provvisorio e affidamento educativo –
assistenziale al Servizio Sociale della minore).
La ragazza ha fatto ingresso volontariamentee non in forma coatta in comunità, accompagnata dai genitori, dalla tutrice e dai referenti del Servizio Inviante il giorno 20 dicembre 2011. Si sottolinea che i Referenti della Comunità durante l’incontro di conoscenza della minore avvenuto a Trento alcuni giorni prima dell’ingresso, avevano invitato la ragazza ad attendere a far ingresso in struttura, per trascorrer in famiglia le festività natalizie. La ragazza ha però insistito affinché l’ingresso in comunità avvenisse il prima possibile. Fin dall’inizio i genitori si sono dimostrati contrari e non disponibili alla condivisione del percorso terapeutico – riabilitativo della figlia.
Nei tre mesi di permanenza presso la nostra Comunità si è cercato di lavorare con la ragazza, includendo del suo progetto terapeutico anche i genitori, malgrado vi fosse una sospensione della potestà genitoriale stabilita dal Tribunale per i Minorenni di Trento. Tutto ciò perché si riteneva importante che i genitori aiutassero e sostenessero la figlia durante il percorso comunitario, al fine di creare una relazione più funzionale. I genitori avevano accettato di firmare le norme di ammissione alla comunità, in cui si impegnavano di far visita alla figlia una volta al mese.
La Comunità, nel corso dei mesi, ha fatto tutto ciò che professionalmente ed umanamente possibile, al fine di favorire i contatti tra la minore ed i genitori (anche aggiornandoli tempestivamente sui fatti che accadevano, anche da un punto di vista
clinico), in quanto la minore dimostrava di soffrire molto le mancate visite da parte dei familiari, che non sono mai avvenute del corso dei primi tre mesi d’inserimento comunitario.
La minore cercava in diversi modi di attirare l’attenzione dei genitori, i quali peraltro non venivano presso la Comunità e anziché collaborare con quest’ultima nell’interesse della minore medesima, sottoponevano gli operatori della Struttura a telefonate cariche di offese, insulti e denigrazione riguardo l’operato della Comunità.
Inizialmente malgrado le interferenze negative dei genitori, manifestamente contrari alla realizzazione del percorso terapeutico programmato per la minore, quest’ultima si è impegnata in tutte le attività proposte dalla Comunità ma, con il tempo ha progressivamente disinvestito in tutte le attività preposte nel suo progetto comunitario, comprese quelle terapeutiche.
La ragazza svolgeva oltre le attività interne alla comunità quali: musicoterapia, danza terapia, arte terapia, teatro terapia, e corsi professionali, “arti bianche” (tenuto da un pizzaiolo professionista), e un corso professionale di parrucchiera (attività da lei scelta a cui partecipava con entusiasmo).
I genitori anziché cercare di far comprendere alla figlia i motivi per cui fosse stata inserita in Comunità, hanno dimostrato con il loro comportamento la volontà di mettere la ragazza contro la Comunità stessa, istigandola alla fuga, manipolando e strumentalizzando i fatti che accadevano.
Gli stessi genitori hanno anche strumentalizzato l’episodio in cui la minore aveva accusato l’infermiere della Comunità di averla molestata (analoga accusa rivolta in passato dalla minore nei confronti di altro soggetto, risulta essere stata successivamente ritratta dalla minore stessa). I genitori hanno utilizzato quanto asserito dalla figlia, per denigrare la struttura, affermando che questa non avrebbe fatto nulla
per tutelare la figlia e mettendo la ragazza contro la Comunità, dicendole che questa non le credeva e che veniva ritenuta una “pazza”.
La Comunità ha spiegato sia alla minore che ai genitori, di aver svolto repentinamente indagini interne, per appurare quello che realmente era accaduto, coinvolgendo anche i carabinieri e invitando la ragazza stessa a sporgere denuncia, cosa che, però, la minore si è rifiutata di fare. Le indagini svolte al l’interno della Comunità hanno comunque rivelato la completa estraneità dell’infermiere al fatto di cui veniva accusato.
Tutto ciò è dimostrato sia dai diari e programmazioni giornaliere che dalle varie testimonianze degli operatori della Comunità, depositate presso la Caserma dei Carabinieri di Sambuceto (CH), assunte a seguito dell’esposto presentato dalla Comunità stessa.
In base a tutte le circostanze sopra riferite ed a fronte dell’impossibilità di stabilire un’alleanza terapeutica tra comunità e la famiglia, condizione necessaria per proseguire il percorso terapeutico della minore tenuto conto anche che a breve, la ragazza avrebbe raggiunto la maggiore età, si palesava una obiettiva riduzione
della prospettiva di un intervento in uno spazio temporale adeguato.
La comunità aveva bisogno di un’alleanza parentale molto forte per proseguire ne la realizzazione del progetto terapeutico pianificato per minore e, non avendola trovata ha maturato la decisione di dimettere la minore.
Appare dunque sconcertante il fatto che le personalità delle istituzioni e degli organi di informazione non abbiano verificato i fatti, dando voce anzi amplificando delle false illazioni contro la comunità, senza dare a quest’ultima il diritto di contraddittorio e di
replica. Ciò che maggiormente rammarica è che a pagare le conseguenze di simile falsa ed ingiusta accusa nei confronti della Comunità, sarà soprattutto la minore che non ha avuto da parte dei suoi genitori il sostegno necessario per intraprendere un percorso di presa coscienza e riabilitazione delle proprie problematiche psicopatologiche, esponendola anche ad eventuali gravi conseguenze per il futuro.
La Comunità al fine di tutelare la propria reputazione, il proprio prestigio, il proprio decoro e la propria immagine, beni questi ingiustamente e gravemente lesi dalle false accuse ed illazioni riportate ed amplificate negli organi di stampa, da cui sono scaturite
altrettanto ingiustificate ed offensive iniziative a vari livelli istituzionali e sociale, ha già avviato i passi necessari per adire giudizialmente, nelle competenti sedi, anche di carattere risarcitorio, nei confronti dei responsabili e/o corresponsabili delle lesioni e/o violazioni di detti beni, costituenti patrimoni intangibile della Comunità”.
Presidente Soc. Coop LILIUM