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Teramo, abbbattimento cinghiali: Arcicaccia denuncia la stagnazione regionale

Una lentezza eccessiva che finisce con il nuocere all’agricoltura e il mettere in difficoltà il mondo venatorio regionale. A tornare sulla questione del regolamento regionale in materia di gestione e caccia al cinghiale è l’Arcicaccia di Teramo che chiede alla Regione un cambio di passo in merito alle decisioni da prendere sulla riforma ancora in discussione.

La lentezza con cui la Commissione Regionale e l’Assessore Pepe stanno conducendo questa semplice riforma della caccia al cinghiale, fatta di rinvii continui”, scrive in una nota il presidente Massimo Sordini, “la dice lunga sugli interessi politici e, ahimè anche economici, che girano intorno al cinghiale. Evidentemente la Regione preferisce continuare a pagare i danni crescenti che il cinghiale provoca all’agricoltura, dentro e fuori i Parchi Regionali, anziché affrontare risolutivamente la questione approvando rapidamente il testo in discussione in Commissione”.

Il presidente ricorda anche come la riforma sia stata fortemente richiesta da tutte le sigle sindacali agricole e dalle istituzioni del territorio, a cui sono seguite assemblee pubbliche che hanno visto la partecipazione dell’Arcicaccia come parte attiva, in cui l’assessore Dino Pepe ha garantito l’approvazione di misure urgenti “che tendessero a riaprire la caccia in squadra nelle zone che oggi, per una palese ‘svista’ dell’attuale regolamento, sono ancora vietate alle stesse squadre”.

Dopo di che si era aperta una lunga fase di discussione durante la quale sia l’opposizione che 8 Ambiti territoriali di caccia abruzzesi (Vomano, Salinello, Subequano, Pescara, Chietino-Lancianese, Sulmona, Avezzano, L’Aquila) hanno presentato un testo alternativo a quello in discussione, in cui si prevede l’applicazione ai cacciatori abruzzesi di una tassa per la caccia al cinghiale, con versamento di 800 euro a squadra e 40 euro a singolo, che finirebbero nelle tasche degli stessi richiedenti ATC.

L’Arcicaccia”, continua Sordini, “ha già più volte denunciato che si tratta di una ennesima indegna tassazione, a danno dei cacciatori abruzzesi che, ed è qui il paradosso, sono gli unici che si stanno impegnando a proprie spese ed efficacemente sull’abbattimento della specie. Le altre associazioni venatorie tacciono”.

Una presa d’atto, dunque, di quanto sta accadendo, quella dell’Arcicaccia che si impegna a “sollecitare la parte del mondo venatorio che crede ancora in una gestione virtuosa e possibile della materia, fatta di obiettivi certi, interventi efficaci e soprattutto forte senso di responsabilità”.