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Pescara, inquinamento acque: richiesti i finanziamenti per i fitodepuratori

Pescara. Dal seminario organizzato da Arta Abruzzo sul tema ‘depurazione delle acque’, sono emerse le linee guida che hanno determinato la stesura della cosiddetta ‘Carta di Pescara’: uno strumento di cui primo ideatore è Antonio Di Marco, presidente della Provincia, nonché dell’Upa (Unione province Abruzzesi’), che mira a chiedere agli organismi competenti l’investimento di risorse e finanziamenti nel settore della fitodepurazione;

richiesta che giunge sia a seguito dei recenti tagli effettuati dalla Regione ai contributi spettanti all’Arta, stando a quanto risulta dalla variazione del bilancio di previsione Arta del 2016, approvata lo scorso 18 aprile; sia in considerazione degli “importanti finanziamenti regionali (forse di entità irripetibile) finalizzati all’adeguamento degli impianti di depurazione”, come si evince dalla relazione stilata da Arta Abruzzo e a cura del direttore tecnico, Giovanni Damiani, in occasione del seminario scientifico dello scorso 19 maggio, a cui hanno preso parte circa 250 persone.

Prima di elencare le proposte progettuali contenute nella ‘Carta di Pescara’, c’è da sottolineare quanto riporta la relazione:
“La Regione Abruzzo attraversa un periodo di particolare attenzione al tema dell’inquinamento delle acque, sollevata da episodi importanti di divieto di balneazione, da un’endemia, risolta, ma ancora da tenere sotto controllo, da ‘Salmonella typhimurium monofasica’ che ha colpito circa 200 bambini in età pediatrica nell’area del cosiddetto ‘cratere sismico’ (vale a dire nel territorio colpito dal terremoto del maggio 2009) e per lo stato di qualità non accettabile di numerosi corsi d’acqua, tra cui il Pescara, maggiore fiume della Regione e, per le sue dimensioni, fiume adriatico più importante a sud del Po”.
E ancora, riguardo alle cause:

“Le principali cause del degrado del reticolo delle acque superficiali risiedono negli scarichi di origine urbana (civile), inquinamento chimico-industriale (per cui è stato istituito il S.I.N. di Bussi sul Tirino, il S.I.R. di Chieti Scalo e il S.I.R. Saline e Alento) e del degrado degli aspetti idromorfologici dei fiumi incluso lo stato delle sponde, private dell’azione protettiva adeguata della vegetazione fluviale spontanea”.

Individuate le cause dell’inquinamento, la soluzione proposta per fronteggiarlo, stando alla relazione, risiede nei ‘fitodepuratori’:

“Gli impianti di fitodepurazione sono ecosistemi realizzati artificialmente per il trattamento delle acque di scarico, in cui vengono riprodotti i meccanismi di depurazione che in natura avvengono nei corsi d’acqua, nei terreni e nelle zone umide”.

In pratica, per loro stessa natura, le piante che si trovano nei luoghi vicini alle acque sono in grado di fare da filtro ai batteri presenti in natura e quindi di autodepurarsi, mantenendo pulite le acque circostanti. Ovviamente, diverso è il discorso nel caso in cui la carica batterica presente, oltre ad essere in percentuale elevata, è anche derivante da fattori di scarico. In questi casi, l’intervento della fitodepurazione va a stimolare le piante a fare in modo più massiccio ciò che fanno naturalmente e in presenza di cariche batteriche in quantità tollerabile.

La relazione prosegue sui fitodepuratori:

“L’applicazione diffusa, anziché centralizzata di tali impianti aumenta la sicurezza e la stabilità del sistema depurativo locale: se per un’immissione anomala dovesse disattivarsi un impianto, tutti gli altri continuerebbero a funzionare e gli impatti sull’ambiente risulterebbero limitati”.

In pratica, all’individuazione delle cause dell’inquinamento delle acque, nonché della sua soluzione (“un fenomeno complesso ed è errato pensare di affrontarlo con un’unica soluzione […] In questo ambito i fitodepuratori possono giocare un ruolo determinante per la loro flessibilità d’impiego”, conclude la relazione), segue l’appello:

“Il seminario rivolge un appello agli Amministratori e ai Cittadini perché, attraverso un’accurata selezione dei finanziamenti e delle risorse disponibili, si adoperino per favorire o promuovere l’azione di tali sistemi, alla luce dei risultati conseguiti nei luoghi in cui sono stati realizzati”.