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Tar L’Aquila boccia il bando regionale sullo sfruttamento della sorgente di Canistro

Canistro. Il Tar dell’Aquila ha annullato il bando di concessione per lo sfruttamento della sorgente di Canistro. I tre giudici del Tribunale amministrativo regionale, Paolo Passoni, Lucia Gizzi e Maria Abruzzese (relatrice), hanno accolto il ricorso presentato dal Comune di Canistro, tramite gli avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia.

La Regione – si legge in una nota del Comune – nonostante la diffida ad adempiere fatta dal sindaco di Canistro e il ricorso pendente che sollevava gravi violazioni di legge aveva proceduto a svolgere la gara aggiudicando la concessione alla “Santa Croce”.

Gli avvocati hanno impugnato anche l’aggiudicazione definitiva al Gruppo Colella, denunciando sopraggiunti profili di illegittimità. Oggi il Tar abruzzese pone la parola “fine” alla travagliata vicenda, riconoscendo gravi violazioni di legge nell’indizione della gara, a causa dell’omessa Valutazione di Impatto ambientale, necessaria per evitare che lo sfruttamento delle acque minerali non depauperi la risorsa idrica compromettendo il deflusso minimo vitale del fiume, lo stato del giacimento e l’ambiente circostante.

Il Tribunale ha, altresì, evidenziato la mancanza del Piano regionale di Tutela delle acque minerali e termali, pur previsto dalla legge regionale n. 15 del 2002 e non ancora adottato dopo 13 anni, rilevando anche l’illegittima esclusione del Comune di Canistro nella procedura di indizione della Gara per la formazione del Bando. A questo punto la Regione dovrà indire una nuova gara osservando i rilievi del Tar.

“Una vittoria non solo del Comune” commenta il sindaco di Canistro, Antonio Di Paolo, “ma per l’intera comunità locale e per i lavoratori che saranno rappresentati nella stesura del prossimo bando di gara. Lanciamo ora un appello alla Regione affinchè organizzi quanto prima un tavolo di lavoro, a cui questa volta venga chiamato anche il Comune. Un tavolo in cui si tenga conto di tutte le prescrizioni che ha deciso il Tar nella sua sentenza”.