Teramo, sanità: la lettera aperta del Sindaco Gianguido D’Alberto

“In questi giorni il tema della Sanità è stato più volte al centro del dibattito e della cronaca locale sia per quanto riguarda gli aspetti logistici, in merito alla discussione Ospedale vecchio/nuovo/unico, sia per ciò che attiene questioni legate al personale, ai nuovi concorsi e in generale a tutta la strutturazione interna. Argomenti questi, che meritano attenzione da parte della Politica e su cui è necessario fare chiarezza.

Ritengo sia necessario ed improcrastinabile intervenire sul tema, come Sindaco di Teramo e membro del Comitato ristretto dei Sindaci, anche in previsione di un incontro con il Direttore Generale della ASL che consenta di fare con lui il punto della situazione. Ho ripetuto più e più volte come sulle scelte da operare sul futuro dell’Ospedale, sia necessario coinvolgere sia gli amministratori locali che i cittadini, per evitare di calare dall’alto scelte che avrebbero ricadute evidenti sulla popolazione e sul servizio offerto.

Un nuovo ospedale ha un senso se migliora l’offerta complessiva della sanità teramana; se invece la realizzazione di un’altra struttura si traduce nella mera sostituzione del Mazzini, senza alcun tipo di miglioramento, allora tutto questo non ha il minimo senso.

 

Non potremo mai accettare alcun tipo di subalternità, dettata da scelte e interessi politici, nei confronti delle strutture presenti nelle altre province abruzzesi: Teramo ha una struttura e una tradizione sanitaria che oggi consentono al nostro Ospedale di non avere nulla da invidiare ai plessi presenti negli altri comuni capoluogo di Provincia della nostra Regione. A questo si aggiunga anche una valutazione di tipo logistico, che tenga conto della posizione geografica di Teramo, della conformazione del nostro territorio, della rete di infrastrutture che talvolta inevitabilmente finiscono per rendere difficoltosi i trasporti.

Per questi motivi, e non per campanilismo, la direzione da seguire non può essere quella di dismettere o disinvestire in alcune specialità; piuttosto è necessario incrementare e migliorare l’esistente, in modo da poter rientrare in quei parametri che le recenti riforme sanitarie fissano per avere sul nostro territorio un ospedale di secondo livello. Ed è proprio la presenza di un ospedale di secondo livello sul nostro territorio che deve costituire l’obiettivo principale, per perseguire il quale invito i Sindaci dell’intera provincia ad una azione comune per superare ogni campanilismo che, con il gioco dei veti incrociati, rischierebbe di impedire un riordino ed una riqualificazione complessiva sostenibile dell’offerta sanitaria provinciale.

Allo stesso modo, però, l’Ospedale inteso come struttura fisica rappresenta solo lo scheletro da riempire. E quindi vorrei capire come mai la ASL di Teramo ad oggi sia l’unica in Regione a non aver ancora approvato in via definitiva il proprio atto aziendale: con l’assenza di linee programmatiche risulta complesso capire in che direzione si stia andando e quali siano le priorità di intervento da parte dell’azienda.

È evidente come negli ultimi anni si sia inverato un aspetto che mina alla base le politiche sanitarie del territorio; si è perso di vista quello che deve sempre essere l’obiettivo primario: le politiche sanitarie, intese come strumento per garantire il diritto alla salute hanno lasciato il passo alla politica della sanità, considerata come mezzo e pretesto per costruire, consolidare o far nascere carriere e identità politiche, per garantirsi un bacino elettorale. Occuparsi di salute e di sanità non può in alcun modo significare trasformare i corridoi degli uffici ASL in luoghi della transazione, della mediazione tra schieramenti, gruppi e partiti. Purtroppo, si è diffusa una idea che bastasse la presenza in tali corridoi per gestire l’enorme e primaria questione della sanità pubblica. Insomma: è incomprensibile che ci siano direttori di dipartimento amministrativi in numero maggiore di quelli sanitari; così come è incomprensibile che alcuni direttori, sanitari o amministrativi, possano conservare spesso il proprio ruolo ben oltre i limiti temporali consentiti. Ciò rischia solamente di alimentare possibili potentati, mentre ritengo sia indispensabile e ineluttabile riposizionare al centro l’utente, il cittadino, il malato. Ce lo impongono la nostra coscienza di cittadini e la nostra idea del diritto alla salute, come delineato dalla nostra Costituzione.

C’è poi la questione dei primari, su cui ancora oggi persiste una situazione di precarietà e instabilità che ha ripercussioni negative sul servizio erogato. La sanità teramana, negli anni passati, ha rappresentato un’eccellenza nel panorama locale e nazionale. Oggi, invece, ci troviamo davanti ad una dirigenza che ha operato in questi anni nei presidi ospedalieri, non di rado anche in condizioni di difficoltà, bocciata interamente nei recenti concorsi; non si tratta di semplice partigianeria territoriale, a difesa della “teramanità” di alcuni candidati, quanto piuttosto la perplessità e la volontà di comprendere il perché non vi sia stata la lungimiranza di far crescere una “scuola teramana” competente e ricca di esperienza, già verificata negli ultimi anni. Sorprende, al contrario, il vedere che troppo spesso Teramo è stato utilizzato come trampolino di lancio per altri lidi.

Restano poi gravemente irrisolte questioni centrali quale la permanente, drammatica e inaccettabile situazione delle “liste d’attesa”, nonché la connessa problematica della mobilità passiva che oggi, in modo incomprensibile, sembrano uscite dal dibattito in materia sanitaria per lasciare spazio ad argomenti che poco hanno a che vedere con la salute dei cittadini.
Sono certo che su questi aspetti, su cui mi interrogo prima di tutto da cittadino, riceverò risposte esaustive e rassicuranti”

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