Alba Adriatica, mercoledì l’addio a Domenico Pantone: il ricordo

Mercoledì l’ultimo saluto a Domenico Pantone, il giovane insegnante e studioso di Alba Adriatica morto a Como, in una camera d’albergo a 31 anni.

La salma di Domenico tornerà nella sua Alba martedì sera (poco prima delle 19) nella chiesa di Sant’Eufemia, dove sarà allestita la camera ardente. Il giorno successivo, alle ore 10, saranno invece celebrati i funerali.

La vicenda ha scosso, e non poco, l’intera comunità. Domenico Pantone ha lasciato un segno indelebile ad Alba Adriatica (dove era tornato a vivere terminati gli studi a Bologna), ma lo ha lasciato nel mondo della cultura e dell’insegnamento. Nonostante la sua giovane età aveva all’attivo alcuni pubblicazioni a carattere letterario ed era un apprezzato “dantista”.

Nel corso dei suoi studi aveva approfondito anche il romanzo del secondo ‘800 ed era appassionato di letteratura del ‘900, in particolare di Italo Calvino. Autore sul quale aveva presentato un innovativo progetto educativo nel corso dell’abilitazione all’insegnamento, ottenuta nel 2013. Studioso molto apprezzato, nel corso del dottorato era stato anche ad Oxford e alla Sorbona a Parigi.

Domenico Pantone (che per un breve periodo ha anche coltivato la passione per il giornalismo) era un docente molto preparato: un faro e una guida per tutti i suoi colleghi soprattutto i più giovani.

Aveva tenuto lezioni in diverse Università, mentre all’attivo aveva avuto esperienze nell’insegnamento in istituiti e scuole della provincia di Teramo, prima di entrare di ruolo al tecnologico di Sant’Egidio alla Vibrata.

Tante le sue passioni, anche la musica classica e moderna (suonava la chitarra) e aveva anche inciso un disco con i Propaganda Ministern.

In queste ore che precedono il triste ritorno ad Alba Adriatica, prima dell’ultimo saluto, c’è una lettera di un amico che traccia un ricordo di Domenico, che i familiari (anche attraverso i social) hanno reso pubblica. Una testimonianza che più di ogni altra, forse, racconta chi era Domenico.

 

 

La lettera

 

Domenico Pantone è morto. Un sogno, un incubo. Ci siamo caduti dentro, e non sappiamo come uscirne. Non è vero.

Domenico Pantone è morto, lui che amava tutto e diceva di odiare tutto. E rideva di questo, e faceva ridere di questo, giocando elegantemente con il cinismo, con la voglia di sfida. Lui che rideva di tutto, perché ne vedeva la bellezza, ne percepiva la sofferenza.

 

I pensieri si confondono, non si sa cosa pensare. Dov’è finito Domenico? Un ragazzo, un uomo, che quando parlava sembrava invincibile, imprendibile, sempre più avanti di ogni pensiero. Amante della famiglia, degli amici, dei suoi studenti. Complicato e semplice. Andava a Parigi e sognava Alba Adriatica, i bar, i palazzoni, il mare. Restava ad Alba Adriatica e sognava il mondo.

 

Amante di ogni forma d’arte, dal trash di Gigione alle visioni dell’aldilà dantesco, dalle sconcezze di Catullo al mistero della letizia francescana, dalla sfrontatezza sensuale dei Rolling Stones alla malinconia intima di Pascoli. Pieno, ricchissimo, gonfio di spiritualità e domande, al punto da favoleggiare gli eremi, lo studio solitario: da sognarli, sentirne la mancanza. Si appassionava di un argomento e lo studiava fino a conoscerne ogni minimo dettaglio, e poi abbagliava con la sua profondità. Autore di testi scientifici di livello altissimo. Chitarrista implacabile e assordante. Capace di accendere una festa, una giornata, una serata, soltanto con la sua presenza. Capace di farsi desiderare, amare, cercare da chiunque lo conoscesse.

Chi ha conosciuto Domenico Pantone sa che non c’è una sola chiave di lettura, che la nobiltà d’animo è quanto di più prezioso si può trovare in un uomo, che l’umanità è profonda e la purezza è un dono che non si baratta con niente. In vita come nel ricordo. Sempre che non siano la stessa cosa.

Addio amico.

(Teodoro Forcellini)

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