Pescara, uccisa nel tunnel della stazione: la sorella accusa il Pronto Soccorso

Pescara. Un grido di rabbia e dolore quello che Isabella Martello, la sorella di Anna, la 33enne ritrovata senza vita sotto il tunnel della stazione di Pescara la notte fra il 30 e 31 agosto del 2017, lancia all’indomani della notizia dell’accusa a carico di 2 rumeni per violenza sessuale, abbandono di persona incapace e omicidio: in un primo momento ritenuta morta per cause naturali, la giovane era stata invece violentata e uccisa da un cocktail di farmaci e alcol.

 

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Anna era interdetta per problemi psichici e aveva come tutrice proprio la sorella Isabella che punta il dito contro i medici del pronto soccorso dell’ospedale di Pescara. “Il 30 agosto mia sorella era stata in ospedale e visitata da una dottoressa – racconta oggi – Lei era conosciuta perché in cura per problemi psichiatrici, ma nessuno ci ha chiamato. Poi è andata via e qualche ora dopo è stata trovata morta, irriconoscibile sotto una coperta, nel tunnel della stazione. Se l’avessero trattenuta, come avrebbero dovuto fare, o ci avessero chiamato, invece di dimetterla, oggi mia sorella probabilmente sarebbe ancora viva. Quel giorno, è andata via dall’ospedale ed è venuta o è stata portata sotto questo tunnel dove c’era degrado, sporcizia, prostituzione e tanto altro”.

“Fino a ieri siamo stati in silenzio per rispetto degli inquirenti – spiega Isabella Martello – ma oggi il dolore è ancora più grande per quello che abbiamo saputo ufficialmente, e che avevamo sempre sostenuto, e cioè che mia sorella non si era suicidata, ma era stata uccisa. Mia sorella non era frequentatrice di questi posti, come molti hanno detto. Non beveva, ma era una donna che soffriva di disturbi psichici e ogni tanto si allontanava da casa, ma poi veniva sempre ritrovata dalle forze dell’ordine, o da noi familiari. Invece è stata ritrovata il 31 agosto morta ammazzata”.

Il legale della famiglia Martello, Carlo Corradi, ha detto di avere appreso dagli organi di stampa che “c’era stata questa accelerazione delle indagini e che fosse stato chiuso il caso con un avviso di conclusione delle indagini. Chiaramente come legale della sorella di Anna e del cognato, abbiamo sempre sostenuto a gran voce che non si trattava di suicidio, ma di morte violenta e omicidio. Questo perché la donna, seppur alle prese con problemi psichiatrici, non era mai giunta a commettere gesti eclatanti. Smentisco che frequentasse la zona della stazione e che assolutamente era astemia e non beveva, anche perché era sottoposta ad un trattamento farmacologico. Tutti questi elementi ci portavano a ritenere, e oggi abbiamo avuto conferma, che non poteva trattarsi di suicidio”.

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