L’Aquila, il 68esimo anniversario dell’eccidio dei nove martiri

massimo_cialenteL’Aquila. Si è appena conclusa, nella caserma Campomizzi, alla presenza del sindaco Massimo Cialente e delle massime autorità militari, la cerimonia in ricordo del 68esimo anniversario dell’eccidio dei Nove Martiri aquilani.

Presente, in rappresentanza dell’Anpi, anche l’onorevole Alvaro Iovenitti.

Dopo la cerimonia è seguito l’omaggio del 33esimo Reggimento Artiglieria Acqui all’eroismo dei giovanissimi martiri aquilani.

Bruno D’Inzillo, Bernardino Di Mario, Fernando Della Torre, Carmine Mancini, Giorgio Scimia, Francesco Colaiuda, Anteo Alleva, Sante Marchetti e Pio Bartolini avevano tutti tra i 18 e 20 anni. Dopo l’8 settembre del 1943 avevano deciso di unirsi alle schiere di partigiani che combattevano le truppe di occupazione tedesche. Rifugiatisi sulle montagne nei pressi dell’abitato di Collebrincioni per sfuggire ai rastrellamenti, a seguito di una delazione furono catturati dal contingente tedesco, condotti nella caserma Pasquali, costretti a scavarsi la fossa e fucilati. I loro corpi furono rinvenuti solo dopo la liberazione della città dell’Aquila, il 13 giugno del 1944, e ricomposte all’interno della scuola elementare “De Amicis”, dove ricevettero l’omaggio della cittadinanza.

Bruno D’Inzillo era figlio di un colonnello dell’esercito, aveva da poco terminato gli studi liceali e voleva iscriversi alla facoltà di Medicina. Aveva scritto una raccolta di versi dal titolo “Retoriche cosmiche”; Fernando Della Torre era originario di Sulmona e apparteneva ad una famiglia di origini ebraiche. Dopo aver conseguito il diploma all’Istituto tecnico industriale, rimasto orfano dei genitori, aveva trovato un impiego. Giorgio Scimia era studente dell’ultimo anno dell’istituto Magistrale e sognava di diventare aviatore, mentre Carmine Mancini era il più caro amico di Bruno e, come lui, scriveva poesie e voleva iscriversi alla facoltà di Medicina. Bernardino Di Mario frequentava l’Istituto tecnico industriale e fu l’ultimo a morire poiché non venne ucciso subito dalla scarica di fucili.

 

 

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