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‘Chieti per noi’ su nuovi insediamenti commerciali: ‘Ora basta’

Chieti. La battaglia dei numerosi commercianti, artigiani, piccoli imprenditori riunitisi spontaneamente e liberi da ogni indirizzo politico e associativo, contro il proliferare dei centri commerciali non si placa. Ed ora con una petizione popolare si sta cercando, nella sostanza, di evitare l’ennesima costruzione di nuovo centri alle porte di Chieti (zona via Masci e zona San Camillo).

 La non programmazione di un Piano Commercio, né l’esistenza di un Piano Regolatore da parte delle amministrazioni comunali che si sono succedute da 15 anni a questa parte – si legga in una nota dei Commercianti libero teatini – palesa anche la non volontà politica o la pochissima lungimiranza circa la valorizzazione della intera città.  Dunque i piccoli negozianti, attanagliati da mille difficoltà, cercano di difendersi, da un fenomeno complesso che, insieme alla crisi economica, rischia diventare esplosivo. Si sa è così in tutta Italia, i commercianti si ribellano, i negozi chiudono e le città perdono la loro anima. E pensare che i centri commerciali portino occupazione e convenienza è semplicemente sbagliato. Non a caso in America, per una serie di motivi, queste mega strutture, ritenute dei veri e propri templi dello shopping, sono crollate già da tempo. Nel resto d’Europa si ripropone il negozio di quartiere, si punta al centro della città per ripristinare una qualità di vita a misura d’uomo. Ma andiamo per ordine. I numerosi insediamenti di grandi centri di distribuzione sono il sintomo di una nuova cultura commerciale che sta prevalendo su quella tradizionale e che vede da una parte periferie cittadine destinate esclusivamente a consumare in grandi superfici, e dall’altro centri cittadini svuotati di negozi, a volte preda delle grandi catene nazionali ed internazionali che preferiscono le gallerie commerciali alla città. Si delinea, così, sempre di più una nuova realtà capace di ridisegnare addirittura la geografia commerciale di quartieri, di città e perfino di intere zone metropolitane. Ormai, i centri commerciali e gli ipermercati creano un vero e proprio deserto commerciale nei loro dintorni, tale da metterli in una posizione di monopolio e di imporre i loro assortimenti di vendita. A questo schema necessariamente freddo ed impersonale dei grandi centri commerciali si aggiunge un altro aspetto da smitizzare, cioè quello della creazione di nuovi posti di lavoro, tanto sponsorizzati dai proprietari della grande distribuzione. Ciò che non viene detto è che la maggior parte della nuova occupazione proviene da altri centri commerciali e ipermercati meno redditizi, mentre si perdono tanti posti di lavoro in piccole imprese, spesso familiari che hanno definitivamente abbassato la serranda”.

 “E’ pur vero – prosegue la nota – che il processo di crescita della grande distribuzione ha fatto da calmiere ai prezzi ed ha movimentato un po’ il settore del dettaglio tradizionale che sta cercando di riorganizzarsi, ma è altrettanto vero che le autorizzazioni indiscriminate agli insediamenti di queste maxi strutture non rappresentano lo sviluppo del territorio, di più questo territorio lo violentano anche dal punto di vista idrogeologico. Anzi, annullano la spina dorsale delle città lentamente trasformate in dormitori.  Dopo l’ottima risposta partecipativa di lunedì 29, il prossimo 7 marzo, seconda riunione a Chieti Scalo.Allora, fatto ultimo ritocco. Rivolta contro le nuove aperture di centri commerciali/supermercati. La battaglia dei numerosi commercianti, artigiani, piccoli imprenditori riunitisi spontaneamente e liberi da ogni indirizzo politico e associativo, contro il proliferare dei centri commerciali non si placa. Ed ora con una petizione popolare si sta cercando, nella sostanza, di evitare l’ennesima costruzione di nuovo centri alle porte di Chieti (zona via Masci e zona San Camillo). La non programmazione di un Piano Commercio, né l’esistenza di un Piano Regolatore da parte delle amministrazioni comunali che si sono succedute da 15 anni a questa parte, palesa anche la non volontà politica o la pochissima lungimiranza circa la valorizzazione della intera città. Dunque i piccoli negozianti, attanagliati da mille difficoltà, cercano di difendersi, da un fenomeno complesso che, insieme alla crisi economica, rischia diventare esplosivo. Si sa è così in tutta Italia, i commercianti si ribellano, i negozi chiudono e le città perdono la loro anima. E pensare che i centri commerciali portino occupazione e convenienza è semplicemente sbagliato. Non a caso in America, per una serie di motivi, queste mega strutture, ritenute dei veri e propri templi dello shopping, sono crollate già da tempo. Nel resto d’Europa si ripropone il negozio di quartiere, si punta al centro della città per ripristinare una qualità di vita a misura d’uomo. Ma andiamo per ordine. I numerosi insediamenti di grandi centri di distribuzione sono il sintomo di una nuova cultura commerciale che sta prevalendo su quella tradizionale e che vede da una parte periferie cittadine destinate esclusivamente a consumare in grandi superfici, e dall’altro centri cittadini svuotati di negozi, a volte preda delle grandi catene nazionali ed internazionali che preferiscono le gallerie commerciali alla città. Si delinea, così, sempre di più una nuova realtà capace di ridisegnare addirittura la geografia commerciale di quartieri, di città e perfino di intere zone metropolitane. Ormai, i centri commerciali e gli ipermercati creano un vero e proprio deserto commerciale nei loro dintorni, tale da metterli in una posizione di monopolio e di imporre i loro assortimenti di vendita. A questo schema necessariamente freddo ed impersonale dei grandi centri commerciali si aggiunge un altro aspetto da smitizzare, cioè quello della creazione di nuovi posti di lavoro, tanto sponsorizzati dai proprietari della grande distribuzione. Ciò che non viene detto è che la maggior parte della nuova occupazione proviene da altri centri commerciali e ipermercati meno redditizi, mentre si perdono tanti posti di lavoro in piccole imprese, spesso familiari che hanno definitivamente abbassato la serranda”.

 “E’ pur vero – concludono i commercianti – che il processo di crescita della grande distribuzione ha fatto da calmiere ai prezzi ed ha movimentato un po’ il settore del dettaglio tradizionale che sta cercando di riorganizzarsi, ma è altrettanto vero che le autorizzazioni indiscriminate agli insediamenti di queste maxi strutture non rappresentano lo sviluppo del territorio, di più questo territorio lo violentano anche dal punto di vista idrogeologico. Anzi, annullano la spina dorsale delle città lentamente trasformate in dormitori. Dopo l’ottima risposta partecipativa di lunedì 29, il prossimo 7 marzo, seconda riunione a Chieti Scalo”.