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Champagne, le sottozone – Degustazione con recensioni

I gaelici la denominavano CAN PAN (roccia bianca), gli antichi romani CAMPUS o CAMPANIA, oggi è semplicemente la Champagne, regione famosa per l’omonima “bollicina” scoperta nel 1650 dal monaco cistercense (abbazia di Citeaux) Don Perignon ma questo è un argomento già trattato in articoli precedenti; oggi analiziamo le quattro principali zone di produzione delle uve da champagne in modo da imparare a scegliere la bottiglia giusta partendo dal TERROIR e non dall’etichetta o dal prezzo!

Non esiste solamente la montaigne de Reims con i suoi champagne molto costosi! Reims è stata resa famosa da Giulio Cesare che nel 57 a.c. la elesse capoluogo della Champagne (Durocortorum), ha un ottimo terroir ma le altre zone non sono inferiori. Sintetizzando per non creare confusione, abbiamo la Montaigne de REIMS, famosissima, con molte zone grand cru (zone che lo Stato ha ritenuto migliori e soprattutto di maggior valore economico rispetto ad altre) dove troviamo prevalentemente pinot noir strutturato e ricco di personalità ma a prezzi medio alti poi a sud-ovest di Reims (si pronuncia Rens) la Vallèe de la Marne con le sue sottozone a nord ed a sud del fiume da cui prende il nome dove il protagonista è il pinot Meunier (da mugnaio in quanto le foglie sono ricoperte di una patina bianca simile a farina), vitigno a bacca rossa meno potente ma più elegante del “cugino” pinot noir che permette di produrre champagne strutturati-eleganti con una buona sapidità grazie alla roccia di gesso (gesso intriso di fossili marini) presente nel sottosuolo ……di minor qualità rispetto alla montaigne di Reims ma più abbondante!

Spostandoci leggermente a sud, abbiamo la Còte de blancs che accorpata a Sezanne forma il regno dello chardonnay con champagne molto gentili ed eleganti ma anche decisamente secchi qualora si opti per vini dalla spiccata acidità; ovviamente, qui la sapidità non è a livelli alti!

Infine scendiamo nel profondo sud per andare nell’Aube con due sottozone cioè Bar sur Aube e Bar sur Seine dove regna un pinot noir meno potente di quello di Reims ma con sfumature particolari a livello di complessità, spesso associato ad abili lavorazioni sui lieviti ed a prezzi inferiori rispetto alle altre zone.

Riuniti in 20 da Gianfranco, iniziamo con una ouverture di blanc de blancs cioè chardonnay in purezza grand cru di Damien Hugot, vigneron con sede ad Epernay ma vigne a Chouilly e Cramant zona grand cru; Damien ha cercato di dare un po di brio al prodotto utilizzando un 30% di vino affinato in legno e con un dosaggio di zuccheri di7 grammi per litro centrando l’obiettivo di offrire un prodotto semplice ma perfettamente identificativo del terroir della cote de blancs ad un giusto prezzo (in enoteca) di 55 euro.

Arriva l’antipasto di baccalà dello chef Gianfranco ed iniziamo a salire con la “muscolatura” delle bollicine andando a CRUGNY , nella zona nord della vallèe de la Marne, vicinissimo a Vrigny e Gouex sedi delle vigne di meunier di Egly – Ouriet e Jerome Prevost; qui Albert Lebrun (maison del 1860) ha vigneti di meunier e produce uno splendido blanc de noirs con soli 3 grammi di residuo zuccherino che esprime al meglio il terroir data la “snella” lavorazione che ne permette di gustare la giusta acidità, struttura e sapidità! Il salato nettamente percettibile a fine degustazione, ci fa comprendere l’unicità dello champagne rispetto alle “altre” bollicine , il tutto a soli 42 euro in enoteca (onesta).

Arrivano gli gnocchetti al nero di seppia e melanzane , un piatto caldamente consigliato qualora si approdi alla mecca del gusto in via delle Orchidee ad Alba Adriatica, quindi andiamo ad Ambonnay per un grand cru dal 70% di pinot noir e 30 di chardonnay del vigneron indipendent Paul Dethune che, con una presa di spuma di soli 18 mesi ed un dosaggio extra brut, ha puntato più sull’eleganza che sulla potenza: ne è venuto fuori un pinot noir elegante ma non come uno chardonnay, minerale ma non sapido come un meunier a testimoniare che la zona (Ambonnay) da cui proviene pur essendo famosa e costosa (siamo sui 2 milioni di euro all’ettaro) non è detto che produca sempre vini top o comunque COMPLETI!

A sua discolpa devo dire che l’abbiamo degustato dopo un eccelente meunier (Lebrun) che sulla carta andava prima ma nei fatti avrei dovuto proporlo in ultimo! Comunque il costo è accessibile per un grand cru della montaigne de Reims (60 euro) e comunque ne esiste una versione più muscolosa con un 30% di vino pinot noir di riserva più interessante anche se qui si arriva a 100 euro!

Arriva il baccala’ marinato allo champagne che lo chef Gianfranco ci propone con fierezza a cui abbiniamo lo stesso champagne usato per la marinatura (perchè noi siamo maniacali), un Gremillet pinot noir millesimato 2014 dell’Aube sottozona Bar sur Seine; siamo nel profondo sud della champagne con un sottosuolo meno ricco di gesso e nessuna spinta modaiola e politica quindi assume un’importanza notevole la “MANO CREATRICE”, il vigneron che, se abile, riesce a trarre il massimo dal proprio terroir offrendo comunque non un prototipo ma un archètipo!

Anne gremillet e suo fratello Jean-Christophe hanno preso in mano l’azienda fondata dal padre nel 1979 dando un’impronta artigianale alle loro bollicine puntando sulla finezza e sulle sfumature che i loro vini permettono; il loro pinot noir millesimato è aggraziato e “cremoso” come uno chardonnay e strutturato il giusto che basta ma, insisto, sono le sfumature o declinazioni e la lunghezza gustativa che colpiscono (oltre al prezzo di 55 euro in enoteca) . Da assaggiare della stessa maison il rosè brut d’assemblage ed il rosè de saignèe!

A questo punto vorrete un vincitore ma non mi sento di decretarne alcuno in quanto sono tutti espressione dei loro terroir e, se bevuti nella stessa occasione, ne va scelta oculatamente la sequenza:comunque i più graditi sono stati a pari merito il Lebrun blanc de noirs ed il Gremillet millesimato (che partiva svantaggiato in quanto ultimo in sequenza) ma il concetto che volevo far emergere è che lo champagne si sceglie innanzitutto a partire dalla zona e sottozona di provenienza e non in base all’etichetta o al prezzo.

Ad ogni zona corrispondono delle caratterische organolettiche (che abbineremo alla serata) ma andando nelle sottozone, possiamo approfondire fino all’inverosimile questo concetto ed entrare in un mondo di “colorate” sfumature!

Stefano Grilli – enotecario
ENOTECA SARAULLO DAL 1966
TEL.0861787751