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Cinema, Premio di Venanzo: a Carlo Varini Esposimetro d’oro

Teramo. A Carlo Varini l’Esposimetro d’Oro alla Memoria L’autore svizzero ha curato le immagini dei primi film di Besson Scomparso il 18 maggio scorso durante un incendio Si terrà alla Sala Polifunzionale della Provincia l’11 ottobre prossimo la Gran Cerimonia di premiazione Va all’autore della fotografia svizzero Carlo Varini l’Esposimetro d’Oro alla Memoria della 19^ edizione del Premio Di Venanzo.

La Giuria del Premio Internazionale della Fotografia Cinematografica Gianni Di Venanzo ha così reso noto il primo nome a cui va l’ambito riconoscimento. Ogni anno il Di Venanzo assegna quattro Esposimetri d’Oro: alla Memoria, alla Carriera, alla Fotografia italiana, alla Fotografia straniera. Varini, svizzero naturalizzato francese, ha curato immagini e luci dei primi tre film di Luc Besson, ed è stato molto attivo soprattutto in Svizzera e in Francia. L’autore ticinese (è nato ad Ascona, nel Canton Ticino, 1l 16 agosto 1946) è scomparso prematuramente a 67 anni, lo scorso 18 maggio, nel corso dell’incendio che ha distrutto la casa in cui si trovava per un fine settimana insieme alla sua famiglia, a Cathervielle, sui Pirenei francesi. Varini per sfuggire alle fiamme si è lanciato da circa otto metri ed è purtroppo morto sul colpo. La moglie e le due figlie si sono salvate lanciandosi dal balcone del piano sottostante. Sabato 11 ottobre prossimo, presso la Sala Polifunzionale della Provincia a Teramo, ci saranno i parenti a ritirare l’Esposimetro d’Oro alla Memoria.

 

Si terrà infatti sabato 11 ottobre alle ore 17:00, presso la Sala Polifunzionale della Provincia, in Via Comi a Teramo, la Gran Cerimonia di premiazione per la consegna degli Esposimetri d’Oro. L’associazione culturale Teramo Nostra, organizzatrice da sempre del Premio Di Venanzo, ha dovuto suo malgrado rinunciare alla tradizionale location del cineteatro Comunale stante l’indisponibilità dello stesso, interessato dai lavori di messa a norma per la prevenzione incendi, gestiti dal Comune di Teramo e programmati con notevole ritardo. “Carlo Varini, insieme a Renato Berta – come si legge nel Dizionario mondiale dei Direttori della Fotografia scritto dal Presidente della Giuria del Di Venanzo, il critico cinematografico Stefano Masi – rappresenta il nocciolo della scuola di fotografia ticinese, affermatasi dapprima in patria e quindi nella vicina Francia”. Varini è stato molto importante per il geniale Luc Besson nella prima parte della carriera del regista francese. Sue le immagini e le luci del primo lungometraggio di Besson Le dernier combat (1983), per cui riceve una menzione al festival di Sitges. Poi riceve due candidature al Prix César lavorando ai successivi film di Besson, Subway (1985) e Le grand bleu (1988). Per completare il palmarès, Varini riceve il premio del pubblico per Subway per la migliore fotografia al festival di Chalon-sur-Saòne, e la candidatura al Golden Frog del festival Camérimage per le immagini del film Les Choristes (2004; Les choristes – I ragazzi del coro) di Christophe Barratier. Dal 1964 al 1967 Varini si forma presso il laboratorio di sviluppo e stampa Schwarz Film di Berna. Dopo aver fatto l’operatore di news per il più importante cinegiornale svizzero, comincia a lavorare nel cinema come assistente del connazionale Renato Berta che aveva studiato al Centro Sperimentale di Roma. Con Berta partecipa da protagonista alla stagione eroica della Nouvelle Vague svizzera, sul set dei film di Daniel Schmidt e di Alain Tanner. Dopo essersi trasferito in Francia muove i primi passi da autore della fotografia all’inizio degli anni Ottanta girando documentari e cortometraggi tra i quali va ricordato L’avant dernier (1981) diretto dal giovane Luc Besson. L’esordio di Varini quale direttore della fotografia avviene sul set di Matlosa (1981) diretto da Willi Hermann. Ma Carlo Varini si pone all’attenzione generale con il primo lungometraggio di Besson Le dernier combat. Successo rinnovato dal successivo film di Besson Subway, ambientato nei sotterranei della metropolitana di Parigi con un uso magitrale delle luci al neon. Dopo la separazione da Besson, in seguito a Le grand bleu, “considerato un film di straordinario splendore visivo” (op. cit.), l’autore ticinese alternò produzioni francesi di fascia alta a opere di autori giovani. Dopo alcuni lavori per il teatro e la televisione, torna al successo al cinema per le immagini e le luci di Les Choristes.