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Le migliori cose del mondo

Hermano (detto Mano) è un ragazzo turbato dalla condizione familiare con genitori divorziati e un fratello versione suicida per turbe amorose. La vita scolastica lo vede nell’anonimato cullando il sogno di avvicinare la più bella della scuola ma la sua amica del cuore lo distrae tra problemi personali e amori impossibili con un suo professore. La musica è l’unica consolazione di Mano che, tra un guaio e l’altro, lo accompagnerà verso il riscatto.

Le migliori cose del mondo arrivano da fuori. L’Italia, da sempre popolo di amatori e scrittori, non sono riusciti negli ultimi anni a tirare fuori un film che abbia saputo affrontare, con ironia e leggerezza, il tema delicato della crescita e della maturità individuale. Se le commedie di Giuseppe Veronesi o di Federico Moccia scadono in un imbarazzante nonsense ridicolizzando un filone tanto caro al cinema italiano, la regista brasiliana Lais Bodanzky riesce invece nell’intento di apportare modifiche al genere e far riflettere grazie ad una sottotrama che troppo scontata non è.

Tra genitori separati per via di un padre scopertosi gay e fratelli che vorrebbero optare strade suicide per delusioni amorose, la vita di Hermano, anzi, Mano per i pochi amici, non trova consolazioni neanche fuori dalle mura domestiche tra un amore che non decolla e amicizie ingombranti. I temi caldi nel film Le migliori cose del mondo ci sono tutti che, per la paura di diventare scomodi cliché, la regista Bodanzky decide di proporli in due modi diversi: chi preferisce guardare al film con aria spensierata potrà goderselo senza interruzioni (ma avrà da ridere su alcuni aspetti troppe volte ripetuti) chi, invece, riuscirà a leggere tra le righe, uscirà soddisfatto da una visione che non sia solo puro intrattenimento.