Prima nelle ‘tendenze’ di Youtube, condivisioni e tantissime attenzioni per il terzo capolavoro prodotto dall’artista napoletano (?) dopo ‘9 MAGGIO’ e ‘TU T’E’ SCURDAT’ E ME’.
Una vera e propria hit prodotta nell”anonimato’, condensando all’interno, come sempre, sperimentazione e tradizione partenopea e neomelodica. In realtà LIBERATO è un sopraffino esperimento musicale con una pianificazione social, marketing e musicale minuziosa e degna dei grandi eventi culturali della contemporaneità.
La ricerca dell’identità dell’autore o degli autori, l’abile regia di Francesco Lettieri, l’elegante sonorità tramp ed elettronica mixata con la musica napoletana rigorosamente cantata in ‘autotune’, ha creato un crogiolo di attenzioni sul fenomeno musicale italiano del 2017.
L’unica apparizione al MiAmi Festival di Milano con voce e volto di Calcutta non ha risolto il dilemma e non ha sciolto l’anonimato del collettivo creativo che compone, crea, forma e suona LIBERATO. Da Ivan Granatino allo stesso Lettieri, senza dimenticare IZI, Priestess e Dj Shablo. tanti nomi, nessun volto.
L’ultima voce che scorre sulla rete afferma che sarà la terza stagione di Gomorra a svelare il vero volto di LIBERATO, in attesa del Live, qualche giorno prima della prima puntata della serie ispirata al libro di Saviano, in programma a Torino per il Club to Club.
Nel vortice di notizie e nel giorno del miracolo di San Gennaro, LIBERATO piazza il terzo colpo, abbandonando i ritmi più duri e le ambientazioni da scugnizzo napoletano dei primi due video. GAIOLA PORTAFORTUNA ha ritmi mediterranei, un video girato a Castel Volturno con attori e ballerini di colorw. Insomma la storia d’amore travagliata ma intensa (il tipico cannovaccio di LIBERATO) con echi alla strage di San Gennaro, al volto oscuro, o anche scuro, di Napoli.
Non un pezzo di denuncia, nessuna velleità morale o politica ma la vena artistica-musicale riesce a raccontare una nuova faccia, una nuova scenografia di Napoli, una nuova realtà tra le sue mille sfaccettature. GAIOLA PORTAFORTUNA è il grande successo di LIBERATO che è balzata in pochi giorni in testa alle classifiche. Un nuovo grande tassello di un progetto culturale che sta svegliando dal torpore il panorama musicale italiano.
Al di là di tutte le speculazioni, GAIOLA PORTAFORTUNA è un nuovo squarcio nella tradizione napoletana. LIBERATO, infatti, riprende e rilancia, anche nel video, un altro splendido scenario napoletano: l’isola La Gaiola. Una spettacolare ambientazione che si ricollega alla tradizione delle leggende scaramantiche napoletana.
L’isola, secondo alcuni, trae la propria denominazione dalle cavità che costellano la costa di Posillipo (dal latino cavea, ovvero ‘piccola grotta’, e dunque attraverso la forma dialettale caviola), oppure in dialetto gaiola significa gabbia, più propriamente gabbia per uccelli; ma, al di là delle ipotesi fantasiose, bisogna dire che in realtà questo di Gajola non è un nome proprio bensì è un comune nome geografico minore medievale, significando un’isoletta piatta a mo’ di una piccola galia, intendendosi infatti per galiola o galadella – più tardi galeotta – un vascello remiero di bassissimo bordo e di medie dimensioni che appunto differiva dalle normali e più grandi galee per la sua piattezza, non presentando sul ponte incastellature o soprelevazioni di sorta né a prua né a poppa; evidentemente il suddetto alto isolotto di Posillipo presenta o presentava, tra l’altro, una più bassa, piatta e pericolosa formazione a fior d’acqua il cui nome Galiola col tempo si estese a tutta la grande formazione tufacea.
Questo stesso nome di Galiola porta infatti l’isolotto piatto situato di fronte all’isola di Unie sulla costa del Quarnero, isolotto con faro sul quale la notte tempestosa del 30 luglio 1916 andò a schiantarsi il sommergibile “Giacinto Pullino”, incidente che costerà la cattura e poi la vita al tenente di vascello Nazario Sauro. Su tale isolotto, il quale già allora si chiamava La Galiola, il 29 novembre del 1379, spinta anch’essa da una tempesta, si era andata a infrangere già una galea veneziana della squadra di Carlo Zeno e ciò avvenne nel contesto delle operazioni belliche della famosa guerra per Chioggia che allora si combatteva tra veneziani e genovesi.
L’isola, come già accennato, è molto vicina alla costa, raggiungibile con poche bracciate di nuoto. Si suppone che, in origine, nient’altro fosse che il prolungamento del promontorio dirimpetto e che sia stata separata artificiosamente solo in un secondo tempo per volere di Lucullo. Nel XVII secolo vediamo che questo lembo di terra era praticamente cosparso di fabbriche romane; mentre, due secoli dopo, l’isola fungeva da batteria a difesa del golfo. Negli anni venti è stata in funzione una teleferica che collegava l’isola alla terraferma. All’inizio del XIX secolo, l’isola era abitata da un eremita, soprannominato Lo Stregone, il quale viveva dell’elemosina dei pescatori. L’isola apparteneva allora all’archeologo Guglielmo Bechi, che l’aveva acquistata assieme a parte del promontorio nel 1820.
Venduta l’isola nel 1874 a Luigi de Negri, questi vi costruì una villa che la caratterizza ancora oggi. Il seguente proprietario, acquistata la villa a seguito del fallimento del de Negri, sfruttò l’isola e la zona antecedente per una cava di pozzolana. La villa, che nasce in posizione privilegiata, fu anche di proprietà del celebre Norman Douglas, autore della Terra delle Sirene. Nel 1910 passò alla proprietà della famiglia del senatore Paratore, anche se questi abitò la villa prospiciente sulla terraferma, oggi parte della tenuta Ambrosio che ospita anche il Parco archeologico di Posillipo.
I Napoletani, generalmente, non hanno mai visto di buon occhio la Gaiola, considerandola una sorta di ‘isola maledetta’, che con la sua bellezza nasconde ‘sorti inquiete’, nomea dovuta alla frequente morte prematura dei suoi proprietari. Ad esempio, negli anni venti del 900, appartenne allo svizzero Hans Braun, il quale fu trovato morto e avvolto in un tappeto; di lì a poco la moglie annegò in mare. La villa passò così al tedesco Otto Grunback, che morì d’infarto mentre soggiornava nella villa. Simil sorte toccò all’industriale farmaceutico Maurice-Yves Sandoz che morì suicida in un manicomio in Svizzera; il suo successivo proprietario, un industriale tedesco dell’acciaio, il barone Paul Karl Langheim, fu trascinato al lastrico dagli efebi e dalle feste, dei quali di solito amava circondarsi. Infine, l’isola è appartenuta a Gianni Agnelli che subì la morte di molti familiari; passò poi a Jean Paul Getty, il cui nipote fu rapito dalla ‘Ndrangheta e, successivamente, a Gianpasquale Grappone, che rimase coinvolto nel fallimento della sua società di assicurazioni Lloyd Centauro nel 1978. Messa all’asta, l’isola è diventata proprietà della Regione Campania.
Un’isola maledetta che LIBERATO trasforma in portafortuna per una storia d’amore tra due giovani ragazzi di colore. Portafortuna soprattutto per il suo successo, senza troppi passaggi su tv e radio commerciali ma una vera e proprio bomba 2.0 che si propaga su social e rete, trasformando l’anonimo LIBERATO in un’icona della nuova sonorità italiana tra tramp e tradizione neo-melodica.
Chissà se il successo di LIBERATO possa esser bissato anche dai suoi amati beniamini in casacca azzurra (a cui dedica l’ultimo lavoro): Callejon, Mertens, Zielinsky (con l’aiuto, invocato, di San Gennaro).
Ma mo’ nun chiagne cchiù
Te porto sotto ‘a luna
Nun rire cchiù
Gaiola portafortuna
Uhuhuhuh
Sotto ‘a luna
Gaiola portafortuna
Nunn ‘o faccio cchiù
Je t’o ggiuro maje (giuro) maje cchiù
Tu mo’ che vuò cchiù?
Tu nun cagne maje si’ sempe tu
Tu mo’ nun sia maje
Mo’ nun chiagnere baby don’t cry
St’appucundria
Je t’o ggiuro ca’ nun so’ stato je
Ma mo’ nun’ chiagne cchiù
Te porto sotto ‘a luna
Nun rire cchiù
Gaiola portafortuna
Uhuhuhuh
Sotto ‘a luna
Gaiola portafortuna
Te porto sotto ‘a luna
Te porto sotto ‘a luna
Gaiola portafortuna
‘A voce ‘e ‘na sirena
quanno stev’ assieme a te
il cuore mi batteva
mo’ diceme pecché
tu nun me vuo’ cchiù
je t’o ggiuro maje (giuro) maje cchiù
St’appucundria
Ciente lacreme pe ‘na buscìa
Ma mo’ nun’ chiagne cchiù
Te porto sotto ‘a luna
Nun rire cchiù
Gaiola portafortuna
Uhuhuhuh
Sotto ‘a luna
Gaiola portafortuna
Te porto sotto ‘a luna
Te porto sotto ‘a luna
Gaiola portafortuna
Me dice ca’ nun te porto maje ‘a nisciuna parte
Don’t worry piccere’ te ll’aggio ‘itto ca’ staje in mano all’arte
Nun’ parlamme cchiù
Fumammo ‘nfaccia ‘a luna
Cu st’uocchie blu
Sei tu la portafortuna
Ca tu si’ bionda o bruna
Te porto sotto ‘a luna
Fumammo ‘nfaccia ‘a luna
Sotto ‘a luna.
Ma adesso non piangere più
Ti porto sotto la luna
Non ridi più
Gaiola portafortuna
Uhuhuhuhuh
Sotto la luna
Gaiola portafortuna
Non lo faccio più
Te lo giuro, mai (giuro) mai più
Tu ora che vuoi ancora?
Tu non cambi mai, sei sempre tu
Tu adesso, non sia mai
Ora non piangere, non piangere
Questa malinconia
Te lo giuro che non sono stato io
Ma adesso non piangere più
Ti porto sotto la luna
Non ridi più
Gaiola portafortuna
Uhuhuhuhuh
Sotto la luna
Gaiola portafortuna
Ti porto sotto la luna
Ti porto sotto la luna
Gaiola portafortuna
La voce di una sirena
Quando stavo insieme a te
Il cuore mi batteva
Ora dimmi perché
Tu non mi vuoi più
Te lo giuro, mai (giuro) mai più
Questa malinconia
Cento lacrime per una bugia
Ma adesso non piangere più
Ti porto sotto la luna
Non ridi più
Gaiola portafortuna
Uhuhuhuhuh
Sotto la luna
Gaiola portafortuna
Ti porto sotto la luna
Ti porto sotto la luna
Gaiola portafortuna.
Mi dici che non ti porto mai da nessuna parte
Don’t worry, piccolina, te l’ho detto che sei in buone mani
Non ne parliamo più
Fumiamo di fronte alla luna
Con questi occhi blu
Sei tu la portafortuna
Che tu sia bionda o bruna
Ti porto sotto la luna
Fumiamo di fronte alla luna
Sotto la luna.