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Zvi Kolitz raccontato da Andrea Giacobazzi. Domani la presentazione a Giulianova

In attesa della presentazione del libro “Il fez e la Kippah”, in programma domani alle ore 21.30 nella sede del Circolo Il Nome della Rosa a Giulianova, l’autore Andrea Giacobazzi ci parla della figura di Zvi Kolitz, autore del libro “Yossl Rakover si rivolge a Dio”.

Come noto, questo best seller mondiale sul combattimento nel ghetto di Varsavia, è una delle icone culturali dell’antifascismo ebraico. Negli anni ’70 diventò quasi un testo sacro del Gush Emunin, movimento dei coloni ebrei estremisti. In America non mancò chi lo fece finire tra i “libri di preghiera” di qualche sinagoga.

Dopo la fine del conflitto Kolitz fu regista e produttore. Tra l’altro – cosa curiosa – nel 1964 fu coproduttore de “Il Vicario”, noto per il suo duro attacco alla figura di Pio XII. In realtà Papa Pacelli, già da cardinale ebbe un ruolo centrale nella stesura dell’enciclica Mit Brennender Sorge contro il razzismo nazionalsocialista e da Papa, tra le altre cose, non fece mancare il suo aiuto agli ebrei romani che rischiavano l’arresto e la deportazione.

Tuttavia sono pochi quelli che conoscono gli aspetti curiosi del passato di questa icona sacra dell’antifascismo internazionale. Da giovane Kolitz fece parte del movimento sionista revisionista (“revisionista” ovvero “favorevole ad una revisione della politica sionista”: fu il movimento padre della destra israeliana). Questa importante fazione fu definita da molti – compresi diversi suoi membri – come il “fascismo del sionismo”.

Il movimento diede luogo ad una poco nota collaborazione con l’Italia fascista. Nella seconda metà degli anni ’30 presso la scuola marittima di Civitavecchia fu creato un corso di giovani revisionisti che avrebbero dovuto costituire il nerbo della futura marina d’Israele. Negli anni ’60 l’ex capo dei sionisti revisionisti italiani – Leone Carpi – scrisse un’opera dal titolo “Come e dove rinacque la Marina d’Israele. La scuola del Betar a Civitavecchia”. (Il Betar era il movimento giovanile del partito).

Zvi Kolitz fu uno di questi giovani che cantavano contemporaneamente Hatikva (inno nazionale sionista) e Giovinezza (inno del Partito Nazionale Fascista). Non solo: Kolitz tra le sue opere letterarie ne annovera una meno nota delle altre. Il titolo non lascia spazio a dubbi: “Mussolini”. Il Consolato italiano a Gerusalemme ne inviava al Ministero degli Esteri una recensione che cominciava così: “Il volume consta di cinque capitoli preceduti da una prefazione e seguiti dalla traduzione di alcuni discorsi del Duce sul Fascismo e sullo Stato Corporativo, nonché un discorso agli Operai di Milano, ecc. I cinque capitoli sono intitolati come segue: Benito Mussolini – Biografia, Personalità di Mussolini, Mussolini e l’Italia, Mussolini e l’operaio italiano, Mussolini e il Fascismo […]” (ASMAE/AP/Palestina/b.13(1936)/Recensione volume “Mussolini”) .

Quello di Kolitz – all’interno del mondo sionista-revisionista – era un caso eccezionale? Non pare proprio. Si pensi ad esempio ad Abba Achimeir, esponente massimalista che teneva su un giornale ebraico in Palestina una rubrica chiamata semplicemente “Diario di un fascista” (Yomen Shel Fascisti). Questo esponente si spinse ad elogiare alcuni aspetti del nazionalsocialismo arrivando a costringere Jabotinsky (capo del partito) a frenarlo pubblicamente. Oggi Abba Achimeir ha un francobollo dedicato in Israele.

La lista di esempi potrebbe essere lunga. Tra i tanti si può ricordare il “Lehi” (o “IZL in Israel”), gruppo armato scissosi dalle forze sioniste-revisioniste in Palestina, che all’inizio della Seconda Guerra Mondiale propose un’alleanza militare alla Germania di Hitler per avere dopo la guerra uno stato ebraico su base “nazionale e totalitaria” negli antichi confini del Regno d’Israele. Uno dei capi di questo movimento fu Y. Shamir, due volte premier israeliano. Come già accennato la destra israeliana, e il partito Likud in particolare, hanno un’ascendenza politica sionista-revisionista.

 

Andrea Giacobazzi