Pescara. “Pescara, ma cosa ci fate qui di lunedì sera? Avete deciso di cominciare bene la settimana… mi sa che c’avete beccato!”. Sono queste le parole con cui Luciano Ligabue ha salutato il pubblico dal palco di uno stadio Adriatico gremito in ogni spanna di prato e tribune.
Un lunedì, una data, la nona del tour Stadi 2010, ma: “Mica un lunedì qualunque”, come ha detto lo stesso cantautore. Un concerto che ha trasportato gli oltre ventimila spettatori, molti giunti anche da Puglia e Molise, fuori dal tempo per due ore e mezzo, nonostante il countdown sui megaschermi ha scandito gli ultimi minuti di attesa, fino alle 21:30, ora precisa in cui Mario, barista di fiducia, ha acceso le luci di un palco già scaldato dagli emergenti Capobanda e dai Rio, spalla fraterna di casa Ligabue.
Mario posa lo straccio e imbraccia il microfono per un inedita ‘Taca Banda’ versione karaoke, rivisitata per accogliere in visibilio il pubblico e accompagnarlo tra le braccia del Liga. L’attesa è finita, non resiste più nemmeno la band: Federico Poggipollini capitana, con la sua chitarra, Niccolò Bossini (chitarre), Michael Urbano (batteria), Kaveh Rastegar (basso) e Luciano Luisi, (tastiere); arrivano di corsa davanti all’Adriatico, luci, scenografia e atmosfera scintillante per l’ingresso di Luciano. La scaletta parte con le prime tre canzoni dell’ultimo album, ‘Arrivederci mostro’, e poi rimbalza venti anni indietro, alle prime due del primissimo album: da ‘Quando canterai la tua canzone’, ‘La linea sottile’ e‘Nel tempo’ a ‘Balliamo sul mondo’ e ‘Bambolina e barracuda’. Ligabue è in formissima, sente il calore di chi dal basso lo osanna e restituisce l’affetto, confermando quel legame speciale con il capoluogo adriatico: “Magari la gente fosse tutta come voi di lunedì”, si lascia andare strappando il primo boato.
Una scaletta curata e delicata, graffiante e intimista al punto giusto. Prende e dà, Ligabue, non si risparmia dall’affacciarsi lungo la passerella e a bordo palco, va ad incitare chiunque gli passi a tiro, sembra volersi buttare tra la folla, stile rocker d’altri tempi. Vorrebbe scendere un paio di metri più in basso, strappare una delle migliaia fotocamere digitali a qualcuno e farsi la tipica foto ricordo: non riesce proprio a rinunciare allo scatto d’autore, ne prende una adatta e da lassù si scatta un primo piano con Pescara alle spalle, e in diretta gigantografica arriva la dedica ‘Saluti da Pescara’. Non si fa mancare nemmeno il ricordo all’amico scomparso, il giornalista Stefano Ronzani, con ‘Il giorno di dolore che uno ha’: “E’ per lui questa canzone, ma anche per chiunque l’ha sentita sua anche solo per un attimo”, spiega. Un concerto per il pubblico ma anche per sé, come tutte le sue canzoni sono fatte dapprima per sé stesso, per poi regalarsi a chi lo ascolta. Avanti e indietro nei suoi album, per accontentare i tantissimi ragazzi che lo seguono dagli album più recenti e gli altrettanto numerosi che lo ascoltano dal’90 e come lui sono arrivati ai cinquanta.
Pezzi immancabili, come ‘Piccola stella senza cielo’, riscaldata da un cielo stellato riprodotto alle sue spalle, ‘Certe Notti’, e le ultime poesie come ‘Il peso della valigia’, con una valigia aperta nel finale che gli soffia addosso una liberatoria scia di coriandoli argentati. 24 brani, esibizione massiccia: ‘guanto cavalleresco’ per ‘Le donne lo sanno’e ‘Ci sei sempre stata’, con una fortunata ragazza presa tra il pubblico e posata sul trono a farsi dedicare ‘Questa è la mia vita’; e chitarre arrabbiate, insieme ai testi più recenti che esorcizzano i ‘mostri’ personali di Ligabue. Si toglie i sassolini dentro alla propria scarpa il rocker di Correggio, ma anche quelli dello stivale italico, lustrato nei ricordi con un corredo fotografico che accompagna ‘Buonanotte all’Italia’ di personaggi marchiati a fuoco nella memoria della società tricolore: consono a toccare temi sociali, ma sempre in modo oculato, Ligabue premette di ricordare la campagna contro la privatizzazione dell’acqua, legandola ad una eloquente e scatenata ‘A che ora è la fine del mondo?’. La penna, e il plettro, colpiscono sempre più della spada.
Il momento più toccante è stato raggiunto con ‘Caro il mio Francesco’, una dedica al collega-maestro Guccini, spostata per l’occasione all’indirizzo del compianto Magnifico Rettore dell’Università di Teramo Luciano Russi, colui che ebbe il coraggio di conferire nel 2004 al Liga la laurea Honoris causa in Scienze della Comunicazione: “Oltre ad avermi fatto pareggiare il conto in sospeso con mio padre che da lassù avrà sicuramente apprezzato questa cosa, i pochi incontri con Luciano Russi mi hanno comunque permesso di conoscere una persona piena di energia, vitalità, forza e coraggio”, le parole usate dal cantante per ricordarlo.
Confermato ancora una volta il profondo contatto umano con il suo popolo per un’artista tra i pochi in circolazione ad esser rimasto, nonostante il ventennio ‘su’, felice, voglioso e desideroso di stare e far stare bene ‘giù dal palco’. E al suo popolo, Ligabue lascia parole di speranza: “Nonostante il momento di crisi, non guardate al presente nero, ma ad un futuro che vi aspetta per come vorrete costruirvelo voi. Dovrete sempre cercare la verità, ma non fate che la verità vi tolga la speranza, perché non costa un… (niente ndr) credere che il meglio deve ancora venire”, ringhia prima di attaccare con ‘Il meglio deve ancora venire’, canzone che chiude il concerto più bello e sentito dell’estate pescarese, surclassando vecchie glorie internazionali, snobbate dal pubblico dei giorni passati. La banda scende in passerella per l’ultimo abbraccio reciproco alla folla. Il palco si spegne, i fari dell’Adriatico si riaccendono: non si spegneranno presto, però, gli echi di Ligabue nelle orecchie di Pescara.
Torna presto Luciano, prima di quei quattro anni che ci ha fatto aspettare dall’ultima tappa. Pescara sarà sempre pronta ed impaziente a beccarsi da te un colpo all’anima.
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Daniele Galli