Turismo: una parola, tante realtà. Se da un lato questo settore rappresenta uno dei motori dell’economia italiana, dall’altro si confronta stagionalmente con diverse problematiche che talvolta ne ostacolano il reale sviluppo e dunque una crescita regionale effettiva.
Certo è che l’Italia presenta una situazione eterogenea, e dunque sono proprio gli operatori di settore a chiedere un “riordino” di questo mondo.
Sguardo spesso vigile sulle spese quando si decide di partire, poiché in fin dei conti la vacanza fa bene alla testa ma un po’ meno alle tasche ed ecco che si cerca spesso il last minute o comunque quella soluzione più adatta che possa garantire un risparmio; eppure, a chi non piace trascorrere qualche giorno al mare e sorseggiare un buon cocktail in spiaggia o in alternativa passeggiare in totale relax in montagna? C’è chi poi predilige le città d’arte e dunque ama conoscere ed accrescere la propria cultura.
Ci sono soluzioni per tutti i gusti ma è tempo di scendere in campo con una vera e propria strategia affinché il turismo diventi davvero il volàno dell’economia nazionale.
Ma quali sono le reali difficoltà che incontra il settore e come si può davvero intervenire? Risponde a queste ed altre domande Paolo Oddi, giovane manager alberghiero e docente di origine marchigiana che negli ultimi anni si è dedicato alla stesura di progetti per il rilancio del turismo e si è concentrato particolarmente sullo sviluppo dell’area adriatica, grazie anche ad un monitoraggio costante della realtà che lo porta a lavorare in Abruzzo, dove attualmente gestisce un albergo a Tortoreto.
Oddi, entriamo nel cuore del tema “turismo”, lei di cosa si occupa nello specifico?
Sono un Manager alberghiero marchigiano con decennale esperienza in gestione hotel, risorse umane, revenue e sviluppo territoriale. Il mio lavoro consiste oltre a quello di essere titolare di una struttura ricettiva sul litorale teramano, anche in quello di consulente marketing per hotel. Inoltre sono docente accreditato per enti di formazione regionali. Diciamo che mi piace definirmi un manager che desidera il migliore sviluppo turistico sia per le strutture che per il territorio oltre che per un’importante crescita del “made in italy” e cerco di lavorare ogni giorno per questo obiettivo, nel mio piccolo e malgrado le difficoltà.
A proposito di difficoltà: ci può fare una panoramica, in base ai suoi studi, della situazione attuale del turismo in Italia?
Il nostro territorio presenta ricchezze artistiche e culturali inestimabili, ha dei prodotti turistici ineguagliabili ma, ahimè sembriamo incapaci nel valorizzare un tesoro che abbiamo tra le mani; situazione dovuta alla poca formazione e know how sia degli operatori turistici sia degli imprenditori, c’è una mancanza di sinergie e reti di imprese e co-operazioni necessarie per lo sviluppo del ” brand Italia “. Siamo accecati solo dall’egoismo imprenditoriale e non ci curiamo del fatto che insieme si fa la forza e nessuno vince da solo. Il Governo e le Istituzioni non si sono ancora resi conto che il turismo può rappresentare quasi la metà del PIL nazionale e quindi non investono più di tanto lasciando le Regioni e addirittura le vecchie Province o località singole a pubblicizzarsi e promuoversi da sole nel Continente e nel mondo; operazioni impossibili considerando la concorrenza feroce ed unita degli altri Paesi.
Ed invece il turismo in Abruzzo?
Il turismo abruzzese ha gli stessi problemi che ha anche la mia regione (Marche ) e tante altre regioni italiane soprattutto del centro sud: quello di possedere un patrimonio gigantesco e non saperlo gestire, valorizzare e promuovere. Sto vivendo la situazione della costiera teramana da due anni a livello imprenditoriale e credo sia molto indietro nei programmi e nello sviluppo territoriale. Vedo tante divisioni, tanto individualismo. Sembra che conti di più l’incasso della stagione invece che l’importanza del creare un brand per permettere lo sviluppo di un territorio negli anni. La presenza di molti hotel fermi agli anni ’80 sia come mentalità sia come struttura è la prova tangibile che col turismo si vuole solo “incassare” non costruire ed investire per poter “riscuotere il triplo in un quinquennio “. Purtroppo il futuro di questa realtà dipende molto dalla capacità di mettere a frutto quelle competenze acquisite con la formazione.
Come si potrebbe implementare il turismo in Italia, e per rimanere in zona, in Abruzzo?
Credo che tutto debba partire dalle Istituzioni: da un Ministero del Turismo forte che imponga regole e dall’Enit che deve riprendere il ruolo di faro per lo sviluppo e la crescita del Turismo italiano. Prendere provvedimenti impopolari ma necessari dalla lotta all’extra alberghiero “di contrabbando”, come lo definisco io, alle agevolazioni per i titolari e le catene alberghiere europee che investono nel nostro Paese e danno anche lavoro agli operatori italiani. Quindi bisogna ripartire da idee chiare ed essere presenti a fiere europee e mondiali come “Italia”, il Bel Paese e non frammentati e divisi. Stesso discorso per la regione Abruzzo che deve impegnarsi soprattutto nello sviluppo della rete di imprese, scuole e corsi di turismo e co-operazione pubblico privato. Per creare sviluppo è necessaria anche la disponibilità economica di tutti gli imprenditori del settore, uniti in un unico obiettivo.
Qual è secondo lei l’errore più grande commesso?
L’aver delegato il lavoro del Governo alle Regioni, Province e Comuni. Il turismo ed in particolare il “made in Italy” deve essere promosso e sviluppato dal centro di governo del Paese; ogni Regione o località deve intervenire e poter dire la sua, ma il Ministero del Turismo e l’ Enit devono far conoscere al mondo la realtà del paese. Se c’è un Ministero forte che detta le direttive e gli altri eseguono e propongono allora sì che possiamo iniziare a costruire un bel turismo italiano. Un altro ostacolo grandissimo è la mentalità: noi italiani non siamo più portati ad ospitare. Ripeto sempre una frase ” tolleranti con ospiti e visitatori; intolleranti con la mediocrità”. Questa frase credo riassuma tutto il mio pensiero: intolleranti rispetto alla mediocrità degli imprenditori ed operatori ed intolleranti di fronte alla mediocrità dei residenti che vedono nei turisti solo disturbo e caos. Se si esce fuori da questo “spirito”, allora si può costruire ed offrire qualcosa di più.
Quanto è importante il confronto tra operatori?
Credo che la co-operazione e il confronto tra operatori ( insieme all’aiuto e direttive del pubblico ) siano fondamentali per poter sviluppare un territorio. Le Iat, pro Loco, le consulte del turismo, i distretti non hanno dato risultati perché sono stati sempre visti come centro di potere per chi veniva eletto o nominato e centri di favori per i “seguaci”. Non si è pensato mai a lavorare insieme o discutere insieme per trovare idee e soluzioni.
Quali sono gli strumenti necessari per la cura del settore?
Innanzitutto come ho già anticipato, un potere forte centrale che dia direttive, regole e definizione dei vari contratti ai centri locali e Regioni. Poi bisogna formare in maniera precisa “destination manager” che siano in grado di scovare le eccellenze e le aziende di qualità sul territorio. E poi ancora sinergie, consorzi, co-operazioni e reti di imprese che sono le uniche capaci di riunire gli operatori e offrire loro servizi selezionati di eccellenza. In più dobbiamo cambiare noi, dobbiamo aprire le porte all’innovazione.
Consigli per quanti vogliono lavorare nel mondo del turismo?
Scendere in campo con tutta la passione che si ha nel cuore. Ai miei allievi ripeto sempre loro che devono amare questo lavoro, se non si è disposti a fare sacrifici è meglio lasciar perdere. E’un lavoro che concede poche ferie, nei festivi si lavora sempre ma è necessario rispondere alle esigenze dei clienti. Voglia, passione e fiducia nel proprio lavoro: è questo il segreto per cambiare e far maturare al meglio il turismo.