Con una certa sorpresa i presidenti provinciali di Teramo di Arcicaccia, Enalcaccia e Liberacaccia apprendono dal comunicato stampa diramato da Ermanno Morelli che la Federcaccia avrebbe presentato un ricorso al Tar contro il calendario venatorio della Regione Abruzzo, l’ennesimo ricorso.
La cosa desta perplessità per una serie di motivi.
Innanzitutto la tempistica. A pochi giorni dalla pubblicazione della sentenza del Tar pronunciatosi sulla sospensiva richiesta dal WWF, e che ha dato sostanzialmente ragione alla Regione Abruzzo, spunta un nuovo ricorso al Tar proposto da Federcaccia.
L’Assessore Regionale Dino Pepe ha appena fatto in tempo a comunicare a mezzo stampa la notizia dell’avvio della stagione venatoria così attesa dai cacciatori, che cade una ennesima tegola su questo delicato atto regionale.
Arcicaccia, Enalcaccia e Liberacaccia non possono che constatare come il calendario venatorio in Abruzzo abbia ogni anno un parto sempre difficile, legato probabilmente alle richieste delle Associazioni Ambientaliste che in maniera piuttosto strumentale e demagogica giocano a creare inutili impedimenti all’attività venatoria. In questo clima di battaglia ci sarebbe bisogno di unità nel mondo venatorio, sicuramente non di altri ricorsi. Difatti questi sono sempre accompagnati da sentenze che lasciano l’amaro in bocca, oltre allo sperpero di denaro, e creano molta confusione tra i cacciatori i quali non hanno più certezza delle regole, fino al pronunciamento del Giudice di turno.
Tutti i cacciatori ormai sanno che lo strumento del Calendario Venatorio ha una nascita molto partecipata tra tutte le componenti interessate raccolte nella Consulta Regionale della caccia: amministratori, Parchi, cacciatori, agricoltori, ambientalisti, ecc.. E’ in quella sede che i vari rappresentanti, soprattutto quelli delle Associazioni Venatorie, devono fare la loro parte con fermezza ma con altrettanto senso di responsabilità.
Secondo le sigle che rappresentiamo fare richieste volutamente inaccettabili, creare polemiche strumentali, proporre continui ricorsi al Tar – per giunta pagati con i soldi dei cacciatori – non fa parte del corretto approccio alla democrazia partecipata, ma viceversa appare come una stantia strategia che si basa sulla ricerca della critica a tutti i costi, utile forse a qualcuno, ma non certamente alla caccia ed ai cacciatori.
La continua ricerca della strumentalizzazione e della polemica a tutti i costi, come ormai tutti hanno inteso, riguarda più la sfera politica che non quella amministrativa; prova ne è che ad ogni polemica, ricorso, contrapposizione, spunta il nome dell’Assessore regionale di turno o di qualche Consigliere che gli si contrappone.
In questo clima di veleni, in cui i rappresentanti appaiono più impegnati a guerre impossibili prima ancora che a diatribe politiche, non meraviglia che l’opinione pubblica e le istituzioni maturino un certo sentimento di scetticismo che porta ad un inevitabile distacco dal mondo venatorio e dalla caccia.
Arcicaccia, Enalcaccia e Liberacaccia, nel prendere le dovute distanze dall’iniziativa intrapresa da Federcaccia, intendono rilanciare il dialogo, aperto ma determinato, con le istituzioni; occorre intraprendere in maniera unitaria tra tutte le Associazioni un percorso condiviso, sposare un metodo di lavoro costruttivo, non distruttivo o di ostinata contrapposizione spesso condotta per le vie legali; serve un lavoro di concertazione, basato sulla composizione armonica di istanze differenti e soprattutto illuminato dalla capacità di mediazione. Solo così le istituzioni potranno farsi carico delle nostre istanze e l’opinione pubblica riconoscere le qualità ancora da riscoprire delle nostre attività.