“Quello di oggi è un giorno speciale. E’ forse la prima “inaugurazione” dove non si tagliano nastri, non si presentano straordinarie apparecchiature né stanze fresche di vernice, ma si vara un nuovo modello organizzativo, una nuova cultura aziendale.
Si tratta di un cambiamento importante e difficile da attuare, che incide sul sistema di valori che dà forma alle azioni degli operatori sanitari, modificando totalmente l’organizzazione della Terapia Intensiva che si apre all’esterno, rendendo più umano il percorso di cura dei pazienti e dei loro familiari.”
Comincia così, l’Assessore regionale alla Sanità dell’Abruzzo, Silvio Paolucci che parla di “umanizzazione” delle cure, inteso come attenzione alla persona nella sua totalità, fatta di bisogni non solo organici, ma anche psicologici e relazionali.
“Anche per i pazienti gravi, come quelli ricoverati nelle Rianimazioni, la quotidianità della pratica clinica non può essere disgiunta dalla necessaria consapevolezza dell’importanza degli aspetti relazionali e psicologici dell’assistenza.”
Le Terapie intensive, infatti, sono reparti a stretta sorveglianza sorti negli anni ’70 per i pazienti gravi con necessità di supporti complessi ed integrati con le tecnologie.
Dalla loro origine questi reparti hanno limitato l’accesso alle visite perché considerato sfavorevole per il paziente, causa di interferenza con le cure intensive, fonte di infezione, motivo di stress per pazienti e familiari. L’abolizione dei contatti con i propri cari è stata da sempre considerata necessaria per garantire l’esecuzione di manovre di assistenza ad alta complessità.
La chiusura non è solo temporale ma si esprime anche sul piano fisico, con l’utilizzo di barriere protettive e relazionali e con una comunicazione spesso compressa e frammentata.
Negli ultimi decenni, la ricerca medica internazionale ha evidenziato, invece, che non solo che la separazione dai propri cari è motivo di sofferenza aggiuntiva per il paziente e la sua famiglia, ma anche che il timore sul rischio di infezioni è infondato.
Al contrario di quanto si era sempre creduto, la letteratura scientifica oggi evidenzia come la politica di apertura addirittura riduca le complicanze cardiovascolari, le modificazioni ormonali legate allo stress e gli stati di ansia sia del paziente che dei familiari.
Inoltre, se per medici e infermieri lavorare sotto gli occhi dei familiari può inizialmente essere percepito come un’interferenza, questo nel tempo contribuisce a creare rassicurazione, migliorare l’informazione, fornire sostegno aumentare il comfort che, aggiunti al semplice ”stare accanto”, sono i 5 bisogni principali dei familiari.
In Italia, le terapie intensive si stanno progressivamente aprendo, in linea con gli altri paesi dell’Europa occidentale e come suggerito dalle linee guida internazionali.
La terapia intensiva aperta non è soltanto l’accesso facilitato ai familiari dei pazienti ma un processo di cambiamento culturale che nel nostro ospedale è stato sorretto da un complesso ed impegnativo progetto con finanziamento approvato nella linea progettuale dell’umanizzazione delle cure.
Tale progetto coinvolge tutto il personale ed ha previsto altresì tre nuove figure professionali: un biologo per il monitoraggio delle infezioni, uno psicologo per il supporto del personale e dei familiari, un fisioterapista per la mobilizzazione precoce. Sono in essere anche lavori strutturali per l’ottimizzazione degli spazi, il rinnovo di attrezzature ed arredi più consoni alle nuove esigenze lavorative oltre ad un complesso percorso formativo.
Il progetto di apertura è dunque una risposta integrata di umanizzazione.
Ter-Ra: terapia intensiva ragionata è una terapia intensiva che cambia attraverso un percorso condiviso da tutto il personale, è stato un lavoro complesso con oltre 20 ore di formazione, studio di articoli scientifici internazionali e ricerca sul campo. Obiettivo finale è stata la stesura di procedure e protocolli comportamentali che tendono al miglioramento della comunicazione al fine di una relazione più continuativa con le famiglie; spesso infatti il dolore, la preoccupazione e la complessità dei casi possono offuscare la stessa relazione ed il patto fiduciario. Il progetto Ter.ra. vuole dimostrare che la vicinanza al paziente e la buona comunicazione sono parte attiva della cura.
Da gennaio 2018 sarà possibile aprire le nostre porte, in via sperimentale, con la possibilità di accesso per 9 ore ai familiari.
Oltre il 95% degli operatori sanitari della rianimazione è consapevole che la presenza in reparto delle famiglie sarà un bene per i pazienti.
Oltre il 60% del personale ha esperienza diretta come paziente o come familiare e comprende bene il carico emotivo.
“Essere i primi ad aprire in Abruzzo e in forma cosi organizzata ci rende orgogliosi – dichiara il Direttore Generale Roberto Fagnano – Pensiamo ai pazienti di terapia intensiva e crediamo che curare oggi sia anche mostrare sforzi e impegno. La Rianimazione dell’ospedale di Teramo tratta oltre 300 pazienti l’anno ed è un carico di lavoro imponente e particolarmente delicato. Sono grato a tutto il personale che ha abbracciato con entusiasmo questa nuova visione del proprio lavoro, dimostrando una forza e un impegno straordinari.”