L’Aquila. Prima udienza preliminare oggi, relativa all’inchiesta sul crollo di una palazzina in via XX Settembre al civico 123, in cui sono morte cinque persone e dove l’unico sopravvissuto finito sotto inchiesta è il collaudatore statico, Leonardo Carulli, di 85 anni.
Nel corso dell’udienza si sono costituite 15 parti civili, tra familiari delle vittime e i sopravvissuti e tra loro anche il Comune dell’Aquila. Il Gup del Tribunale de L’Aquila ha ordinato la citazione dell’Ater quale parte offesa. L’udienza è stata aggiornata al 19 luglio, data in cui è previsto il pronunciamento anche della Corte di Cassazione sulla richiesta di remissione ad altro giudice, avanzata dall’avvocato di fiducia dell’indagato Carulli, come fece a suo tempo, l’avvocato Attilio Cecchini per la Casa dello Studente. Una strada che venne preclusa dai giudici della Suprema Corte. Per il legale, infatti, l’organo giudicante non si troverebbe in una situazione di serenità e di imparzialità.
Carulli, in qualità di collaudatore statico delle strutture portanti dell’edificio, “non avrebbe adempiuto correttamente agli obblighi derivanti dall’incarico ricevuto. Non avrebbe accertato il rispetto della distanza minima delle staffe e lo spessore dei copriferri; le strutture infatti avevano una quantità di staffe inferiore al minimo imposto dalla normativa all’epoca vigente e con copriferro insufficiente; non ha rilevato la realizzazione delle strutture in maniera rispondente alle prescrizioni”. Sempre a Carulli, il pm Fabio Picuti contesta di aver rilasciato il certificato di collaudo statico in base ad un’unica prova sui materiali, in particolare sui calcestruzzi eseguita sul quarto piano della struttura.
E si è conclusa nel tardo pomeriggio di oggi, con il rinvio al 17 luglio, l’udienza dibattimentale sul crollo del Convitto nazionale in cui persero la vita tre minori, Luigi Cellini, 15 anni di Trasacco, Ondreiy Nouzovsky, 17 anni e Marta Zelena, 16 anni. Sotto accusa, per omicidio colposo e lesioni, il preside del Convitto Livio Bearzi e il dirigente provinciale Vincenzo Mazzotta. Il preside e il dirigente della Provincia (che gestisce alcune strutture scolastiche) sono imputati per omicidio e lesioni colpose. Il preside non avrebbe mai sottoposto la vecchia struttura ai restauri. Inoltre non sarebbe mai stato redatto un piano per la sicurezza. A Mazzotta sono mosse contestazioni simili. Tra le accuse al preside la mancata evacuazione dell’edificio realizzato oltre un secolo fa. L’udienza è stata oggi incentrata sull’audizione dei consulenti del pubblico ministero, Fabio Picuti ed è stato ripercorso l’iter che ha portato alla redazione da parte della società Collabora Engineering delle schede di valutazione sulle criticità sismiche del plesso, lavoro contestato dagli avvocati degli imputati. A sostegno delle loro tesi, gli avvocati Paolo Guidobaldi ed Antonio Mazzotta hanno citato una delibera della Giunta regionale del febbraio 2009, con la quale veniva ordinata l’apertura di una nuova scuola all’interno del Convitto nazionale, plesso che non risulterebbe nelle schede redatte dalla società incaricata di fotografare le criticità dello stesso istituto. Infine è stato sentito l’ingegnere e docente universitario Antonello Salvatori (che insieme all’ingegnere Francesco Benedettini, ha coordinato il pool dei 30 consulenti messi in campo dalla Procura della Repubblica de L’Aquila nella maxi inchiesta sui crolli degli edifici), il quale ha evidenziato come lo stabile non doveva essere occupato da nessuno per lo stato di fatiscenza in cui versava. Nella prossima udienza verranno sentite le parti offese, i genitori delle vittime insieme al personale del Convitto che era in servizio nella notte del 6 aprile. Quello del Convitto Nazionale si annuncia come un processo molto lungo se non altro per la lista dei testimoni che saranno un centinaio anche se inizialmente si era stimato potessero essere addirittura il triplo.