Villavallelonga. ‘Lo scrivente, rappresentante dell’Associazione Wilderness che per diversi anni ha avuto sede nazionale nel paese di Villavallelonga, appreso da notizie di stampa di un progetto di rifacimento e/o sistemazione della strada in oggetto, il quale avrebbe ricevuto il nulla osta da parte del Parco Nazionale d’Abruzzo, conoscendo bene sia la realtà sociale del paese sia la situazione urbanistico-geografica della strada, proprio in quanto edotto sulla situazione e ambientale della stupenda vallata che ha nella località “Prati d’Angro” la sua testata, nonché del valore naturalistico della stessa per i tanti elementi di biodiversità colà presenti (sia faunistici che botanici e forestali), ritiene con la presente esprimere il proprio punto di vista e parere in merito al succitato progetto’, lo afferma Franco Zunino, segretario generale dell’Associazione Italiana per la Wilderness.
‘Ciò anche dopo aver ottenuto precise informazioni in merito da parte dello stesso Comune interessato e, credo, appaltatore del progetto.
La strada dei Prati d’Angro ha una lunga storia, sebbene più legata a polemiche e rivendicazione di diritti che non sulla bellezza e scenografia dei luoghi a cui porta; una storia che forse tanti non conoscono, e che ci teniamo a riassumere.
Innanzi tutto va detto che l’antico tracciato di questa strada seguiva pressoché nella sua totalità il tracciato del fossato che attraversa i Prati, formato dal periodico ruscellare del torrente che ha origini dal noto Vallone Tasseto e dalla sua altrettanto famosa grotta, nonché da quello dell’Acquaro; tracciato che, appunto, non ha avuto bisogno di sbancamenti, sfruttando anche la morfologia pianeggiante della località. In seguito furono però apportate anche alcune modifiche di tracciato, ovvero spostandolo, per ovvie ragioni di ruscellamento, da quello del letto asciutto del “corso d’acqua”.
Detta strada, che è poi il principale ed unico accesso all’area ricadente nei limiti del Parco Nazionale d’Abruzzo, una prima volta se non “realizzata” almeno nettamente migliorata, certamente lo fu durante e/o anche prima degli anni cinquanta; e così rimase fino ai primi anni settanta, quando d’autorità il Comun ne decise la bitumazione, cosa che si realizzò fino all’altezza dello sbocco del Vallone Ciafassa, dove fu bloccata da un perentorio intervento del Parco Nazionale d’Abruzzo (al quale seguirono poi i soliti strascichi giudiziari)’, insiste Zunino
‘In seguito ci fu il perentorio intervento autoritario del Parco di chiuderne l’accesso ai mezzi motorizzati, cosa che si fece con una sbarra sotto il Colle Pardo, poi divelta, e che ovviamente suscito nuovi moti di protesta da parte della popolazione locale; la qual cosa finì per trovare dei compromessi per cui restarono chiuse a tale traffico e tabellate le piste laterali di Fonte Astuni, Scopinaro, Ciafassa, Tasseto, Acquaro, Aceretta e Valle Cervara; salvo per gli abitanti locali per motivi di lavoro.
La strada rimase poi in questo stato fino a circa la metà degli anni ottanta, quando sempre il Comune, in collaborazione con il Parco, decise di risistemarne la parte a monte, ovvero tra lo sbocco del Ciafassa e la Fonte Aceretta; cosa che fu fatta mediante un progetto che utilizzo un metodo cosiddetto “ecologico”, ovvero con un manto che anziché di asfalto era composto da materiale speciale che manteneva l’aspetto grigiastro/biancastro dell’antica strada, ma anche la sua sostanziale conformazione. Unica aggiunta fu la sistemazione di un attraversamento del corso torrentizio, se non erro fatto mediante la sistemazione di un basamento in cemento. E così è rimasta fino ai nostri giorni.
Nel frattempo, ci fu un secondo tentativo di chiuderla al traffico motorizzato, con solite proteste e nulla di fatto sempre per le lamentele dei cittadini locali che giustamente vedevano così ledere un loro diritto tradizionale ma anche di accesso a proprietà private. Tentativo che per un certo periodo trovò anche un compromesso, per cui si installo nuovamente una sbarra alla Madonna della Lanna con controllo concesso in gestione ad una cooperativa locale; ma anche questa chiusura durò ben poco, fino a nuovo smantellamento della sbarra e nuovo libero accesso.
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Ora si riparla di un nuovo progetto che, pare al sottoscritto, la fotocopia di quello che già fu autorizzato negli anni ottanta. Il Parco lo avrebbe approvato, mentre le associazioni ambientaliste lo hanno contestato con ragioni molto discutibili e forse non del tutto veritiere. In realtà, almeno per quanto appreso dallo scrivente, si tratterebbe del ripresentarsi della situazione degli anni ottanta (con la sola aggiunta del rifacimento del manto asfaltato nel tratto preesistente); ovvero una risistemazione della parte “bianca” come già si fece in passato, probabilmente solo con un materiale migliore visto il trascorrere del tempo e le migliorate metodologie; un rifacimento che, a distanza di tanti anni, non dovrebbe cambiare sostanzialmente le cose, in quanto anche le misure stradali resterebbero attuali. Ma che non favorirebbe l’abbandono del suo tracciato, come invece avviene oggi che è sconnesso.
E tutto ciò “in cambio” (?) di una nuova regolamentazione dell’accesso che certamente merita plauso all’amministrazione comunale che la ha prevista, ed autorizzata con propria deliberazione, lo scorso mese di luglio.
Quanto sopra per poter giungere alle ragioni per cui la scrivente Associazione si discosta dalla linea presa dalle altre associazioni ambientaliste e, come ha fatto il Parco, esprime parer favorevole al progetto; ciò, va ribadito, nel rispetto dei diritti di proprietà degli abitanti locali che, difatti, possiedono la proprietà catastale dei Prati d’Angro e che godono di quelli inalienabili di uso civico sui suoli del demanio comunale circostante; e questo a prescindere dalla valutazione di impatto ambientale, metodologia valutativa che non poche volte ignora, antidemocraticamente, tali diritti.
L’importanza di biodiversità e bellezza dei Prati d’Angro non è messa in discussione, ed anzi, si ritiene il corollario di valloni che vi confluiscono, uno dei luoghi più importanti dell’intero Parco d’Abruzzo; un importanza che ha certamente un valore che moralmente e culturalmente appartiene a tutta la comunità nazionale, ma che, proprio per questo, non è giusto che a pagarne gli aspetti negativi della sua conservazione debbano essere i soli proprietari e cittadini di Villavallelonga.
L’ipotesi futurista ideale che mi permetto di avanzare, interpretando quello che in fondo è sempre stato il pensiero di tanti naturalisti, di uno smantellamento totale della strada è certamente affascinante e sarebbe meritevole di essere preso in considerazione in quanto ripristinerebbe l’antico fascino rurale che questi prati avevano quando vi si accedeva solo a piedi o con carretti trainati da asini e cavali, e certamente ne aumenterebbe anche il valore turistico rendendolo veramente un posto unico in Abruzzo; ma, se mai fosse possibile, ALL’ASSOLUTA CONDIZIONE CHE NON SIANO LESI GLI INALIENABILI DIRITTI DEI PROPRIETARI ED UTENTI DA ANTICHE GENERAZIONI’, afferma in conclusione il segretario generale AIW