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Chieti, appartamenti venduti all’insaputa del proprietario e soldi incassati al Casinò VIDEO

Chieti. Il Nucleo di Polizia Tributaria di Chieti e la Sezione di Polizia Giudiziari della Procura della Repubblica del capoluogo abruzzese hanno concluso una vasta e complessa attività investigativa che ha permesso di sgominare un sodalizio criminale i cui componenti dovranno rispondere a vario titolo dei reati di riciclaggio, auto-riciclaggio, truffa, sostituzione di persona, falsità materiale, falsità ideologica e false attestazioni.

Dieci in totale le persone segnalate all’Autorità Giudiziaria di Chieti di cui sei tratte in arresto (tre in carcere e tre ai domiciliari), mentre per altre due è stato disposto l’obbligo di dimora nel comune di residenza. I provvedimenti sono stati eseguiti nelle prime ore di questa mattina, nel territorio abruzzese e laziale, quando una trentina di uomini delle Fiamme Gialle hanno bussato alle abitazioni degli indagati. Le indagini sono partite dalla denuncia presentata dai proprietari di un appartamento, a Roma, dopo aver scoperto che, a loro insaputa, l’immobile era stato venduto a terze persone dall’inquilino al quale lo avevano ceduto in locazione.

La truffa era stata così ben congegnata che il finto proprietario era riuscito perfino a procurarsi tutta la documentazione tecnica/catastale dell’immobile nonché copia del documento d’identità del reale intestatario del bene. Reperito l’acquirente e sostituendosi abilmente agli ignari proprietari, l’organizzazione criminale si adoperava per falsificare tutta la documentazione necessaria atta ad indurre in errore gli acquirenti alla stipula del preliminare e successivamente alla firma del contratto definitivo di vendita formalizzato davanti all’ignaro notaio.

Il prezzo della vendita, pari a 400mila euro, è stato fatto confluire su 03 conti correnti accesi in diversi istituti di credito e banche on-line, e da lì su un conto giochi acceso presso il Casinò di Venezia, su conti esteri accesi presso il Casinò Municipale di Nova Gorica (Slovenia) e, in parte, utilizzato per l’acquisto di lingotti e monete d’oro. Anche in questa fase, il gruppo criminale si è rivelato particolarmente accorto, perché tutte le movimentazioni avvenivano dissimulando la reale identità degli autori e sfruttando anche la complicità di un direttore di banca.

Il complesso lavoro degli inquirenti si è svolto su due fronti: da un lato, risalire alla vera identità dei responsabili della truffa ricostruendo i loro spostamenti attraverso la disamina dei tabulati telefonici e l’intercettazione delle utenze cellulari utilizzate (peraltro sempre diverse); dall’altro, all’individuazione delle attività di reimpiego dei proventi illeciti, attraverso un certosino lavoro di analisi dei flussi di denaro. Su questo specifico fronte è stato accertato che sul conto giochi acceso presso il Casinò di Venezia erano stati accreditati 200mila euro successivamente prelevati in fiche e portati all’esterno del Casinò per essere monetizzati facendone, così, perdere le tracce; per quanto attiene le somme accreditate al Casinò Municipale di Nova Gorica, gli accertamenti, svolti anche in collaborazione del Servizio Interpool, consentivano di identificare compiutamente i componenti del gruppo criminale che, con altrettanti documenti d’identità falsi, materialmente hanno proceduto al ritiro delle somme accreditate.
Tali condotte, oggettivamente idonee a dissimulare la provenienza del denaro, determinavano l’Autorità Giudiziaria alla contestazione nei confronti degli indagati anche del reato di auto-riciclaggio.

Tutta l’intera attività illecita si è caratterizzata per l’abilità dimostrata dall’organizzazione criminale nel pianificare tutti i minimi dettagli al fine di rendere difficoltosa l’identificazione degli esecutori materiali della truffa. Basti pensare che, oltre alla falsificazione dei documenti d’identità, che come detto riportavano generalità e dati anagrafici di persone effettivamente esistenti, sono state attivate numerose schede telefoniche, intestate ad ignari soggetti per lo più pregiudicati ed irreperibili, solo ed esclusivamente dedicate a mantenere i contatti tra i membri del gruppo criminale e con le persone truffate. Realizzata la truffa le schede SIM e i telefoni cellulari utilizzati venivano distrutti.

Sono in corso ulteriori accertamenti ed approfondimenti investigativi, anche attraverso i canali internazionali, per verificare la destinazione finale di tutte le somme oggetto di illecito arricchimento da parte degli indagati.