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Operazione antimafia “Leonina Societas”: un arresto a Chieti

Chieti. Tentato omicidio, associazione mafiosa, lesioni aggravate, estorsione tentata e consumata, porto e detenzione abusiva di arma da fuoco sono i reati per i quali a Gela, Caltanissetta, Chieti, Cuneo questa mattina sono stati arrestati 7 affiliati alle consorterie mafiose di ”cosa nostra” di Gela. Gli ordini di custodia cautelare sono stati emessi dal gip del Tribunale di Caltanissetta Giovanbattista Tona, su richiesta della Procura della Repubblica – D.D.A. di Caltanissetta. Sette gli arrestati e tutti appartenenti al clan Emmanuello. Si tratta di Emanuele Sciascia 68 anni, Filippo Sciascia (63), Gianluca Gammino (36), Paolo Portelli (42) Angelo Calaveri (38) e Giuseppe Alabisio (56). Reati commessi anche dal boss dei ragazzini, Daniele Emmanuello, morto dopo una sparatoria con la Polizia il 3 dicembre 2007. Albisio, medico di professione, secondo la ricostruzione delle indagini, aveva preso contatti con il clan per dar loro i nomi di bersagli per le estorsioni e, inoltre, fornendo falsi documenti medici sullo stato di salute dei suoi complici.
L’operazione sembra essere conseguenza di un tentato omicidio del 2 settembre 1998, quando un ingegnere gelese, Fabrizio Lisciandra, allora proprietario della squadra calcistica ex Juveterranova, fu sparato alla gamba e si salvò per un malfunzionamento dell’arma, che si inceppò dopo aver esploso il primo colpo. Lisciandra aveva ricevuto parecchi contatti dall’organizzazione, sia per alcune delle sue conoscenze piuttosto influenti, ma soprattutto per la sua attività con la squadra calcistica. Sembra che gli Emmanuello, infatti, chiesero all’ingegnere di rassegnare le proprie dimissioni dal direttivo sportivo, perché erano intenzionati ad inserire un proprio gruppo di dirigenti nella società. Naturalmente la proposta fu respinta e venne ordinato l’eliminazione dell’ostacolo in questione. Risalenti a questo periodo anche altri casi di estorsioni, effettuate nello stesso 1998, e di aggressione, quando a fare i conti con la brutalità mafiosa fu un imprenditore agricolo che subì non solo un furto, ma un pestaggio in grande stile con bastoni e calci di armi da fuoco.