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Le sigarette elettroniche aiutano a non riprendere a fumare, primi risultati in studio Università e Asl Chieti

Chieti. Le sigarette elettroniche non facilitano né la cessazione né la riduzione del fumo da sigaretta tradizionale, mentre possono essere molto utili per chi ha già smesso di fumare le sigarette classiche, perché aiutano a non riprendere a fumare: è quanto emerge dai risultati preliminari, pubblicati sulla rivista internazionale Plos One, a 12 mesi dall’inizio del primo studio al mondo sull’efficacia e sulla sicurezza a lungo termine delle sigarette elettroniche, avviato nel 2013 da un gruppo di ricercatori dell’Università di Chieti.

Il progetto, coordinato dal professor Lamberto Manzoli, è svolto in collaborazione con l’area Rapporti Università del Servizio aziendale professioni sanitarie della Asl di Chieti, di cui è responsabile Giancarlo Cicolini, nonché con la Asl di Pescara, l’Agenzia sanitaria regionale dell’Abruzzo, le Università di Torino, Catania, Parthenope di Napoli, Sapienza e Cattolica di Roma, e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano.

Sono stati arruolati e saranno seguiti per cinque anni circa mille fumatori di ogni tipo (solo sigarette elettroniche, solo sigarette tradizionali, o entrambe), in modo da poter confrontare l’incidenza di patologie nei diversi tipi di fumatori, e valutare se chi fuma sigarette elettroniche, nel lungo termine, non ritorna (o non comincia) a fumare sigarette classiche.

“A 12 mesi dall’inizio dello studio – spiega il professor Manzoli -, il 61,9% dei fumatori di sole sigarette elettroniche continuava a non fumare sigarette tradizionali, mentre poco più del 20% dei fumatori di sigarette tradizionali (con o senza sigarette elettroniche) ha smesso di fumare tabacco. L’uso delle sole sigarette elettroniche ha ridotto di circa cinque volte le probabilità di riprendere a fumare sigarette tradizionali, mentre l’aggiunta di sigarette elettroniche al fumo tradizionale non ha determinato alcun beneficio. Nel complesso, non sono emersi effetti avversi di rilievo, ma i dati relativi alla sicurezza sono inevitabilmente preliminari. Abbiamo però quasi concluso la raccolta dei dati a 24 mesi, e siamo fiduciosi di poter avere dati utili entro pochi mesi”.

Il docente tiene a sottolineare con soddisfazione come, nonostante gli scarsissimi fondi, un gruppo di ricercatori dell’Università di Chieti (di cui fanno parte anche i medici Maria Elena Flacco e Lorenzo Capasso), insieme all’Agenzia sanitaria regionale del’Abruzzo e alle Asl di Chieti e Pescara, stiano riuscendo a portare avanti con successo uno studio multicentrico tanto importante da avere, tra gli autori, il professor Walter Ricciardi (Commissario dell’Istituto Superiore di Sanità), la professoressa Roberta Siliquini (Presidente del Consiglio Superiore di Sanità), oltre a epidemiologi di fama internazionale come i professori Carlo La Vecchia, Stefania Boccia e Paolo Villari.