Maltempo e terremoto, 5 giorni isolati a Cellino Attanasio

Riceviamo e pubblichiamo una lettera di una nostra lettrice di Cellino Attanasio. Angoscia e paura espresse attraverso le sue parole per i 5 giorni di isolamento vissuti nella sua abitazione a Cellino, uno dei paesi maggiormente colpito dall’emergenza maltempo.

Amo la neve, l’ho sempre amata. Guardarla scendere dalla finestra, con il caminetto acceso e una tazza di cioccolata calda tra le mani, mentre si accumula, fiocco su fiocco, nascondendo il nero dell’asfalto. La stavamo aspettando, la stavamo aspettando tutti. Mamma già da una settimana non faceva altro che ripetere che sarebbe arrivata, e ne sarebbe scesa tanta, tantissima! “La neve non è mai troppa”, pensavo tra me e me ..ma intanto facevo provvista di lievito e farina, nel caso avessimo avuto problemi ad uscire con l’auto per comprare il pane. Non ho mai visto la neve come qualcosa di pericoloso, non nella nostra zona almeno. Abitiamo in quei luoghi dove non succede mai niente, quei posti mai nominati nei tg, dove tutto scorre in una banale tranquillità. Non sapevo se dar credito alle “previsioni” di mamma, ci scherzavo su e intanto la settimana stava per iniziare. Domenica sera nel giro di pochi minuti il mondo si tinse di bianco: qualche scatto con mia sorella, qualche risata aspettando la grande nevicata ed una buona dormita. L’indomani mattina era tutto bianco: le strade, i rami degli alberi, le macchine ricoperte di neve. Nessuno sapeva che quella nevicata era solo l’inizio. L’inizio di un incubo per alcuni, l’inizio di paure ed angoscia per altri. Martedì ci siamo svegliati senza luce. Pensavamo tornasse per pranzo, poi abbiamo iniziato a sperare che tornasse nel pomeriggio, poi alla sera, magari prima di cena e infine prima di coricarsi a letto. Perché si sa, al buio tutto fa più paura. Sono stati 5 giorni di ansia, paura e angoscia. Sono 3, probabilmente, gli eventi più traumatici della mia vita: due sono strettamente personali e di questi non voglio parlare, uno è il terremoto de L’Aquila. La mia città.. Ho lasciato la mia vita e un pezzo di cuore lì. Pensavo che la paura avuta in quei mesi di scosse potesse essere sufficiente, non sapevo che questa settimana mi avrebbe riservato un’angoscia maggiore per certi versi. Le tragedie noi le vediamo in tv, non le viviamo mai in prima persona; non siamo noi quei “poveretti”.. Non lo siamo finché non lo diventiamo. Finché non ci si passa non si sa cosa si prova; non è semplicemente una frase fatta. È molto di più. Diventa molto di più quando inizia a fare buio, per 5 giorni consecutivi, e sei senza corrente. E vivi ad una temperatura costante di 5 gradi. Hai qualche pezzetto di legna per far ardere il camino (quando va bene), o semplicemente hai qualche coperta in più. Nessuna tv, nessun telefono (o meglio: ti ostini a ricaricarlo grazie al gruppo dei vicini, anche se sai che non potrai utilizzarlo), nessuna luce. Un paio di candele, una torcia all’occorrenza. Aggiungi un metro e mezzo (e oltre) di neve, varie scosse di terremoto superiori al quinto grado; un bambino di un anno o poco più. Ti senti isolato, impotente, spacciato. Le risate e i giochi improvvisati per cercare di nascondere le proprie paure, per far sì che Leonardo fosse tranquillo e non si accorgesse del nostro nervosismo. Le notizie dell’hotel Rigopiano ascoltate con la radio del telefono, unica fonte di notizie in questi giorni. I morti, la gioia per i sopravvissuti. Il sentire Farindola un po’ casa mia … Nonostante non ci sia mai importato più di tanto di quella casetta in montagna, dove abbiamo trascorso qualche giornata e una vacanza.
Non si capisce, o meglio non capisco come sia successo tutto questo. L’avevano previsto, si parlava di una nevicata record… È impensabile pensare che lo sapesse solo mamma! Una regione in ginocchio, strade impraticabili, famiglie isolate, congelatori pieni di carne da buttare. Troppi pochi mezzi, troppe poche persone, troppa superficialità. In centinaia di paesini come il nostro non esiste un piano di emergenza neve. Non esiste l’affitto preventivo di mezzi adeguati alle previsioni meteo. Non esistono generatori. Non esistono richieste continue all’Enel. Non esistono denunce. Non esistono psicologi che diano supporto ed un po’ di sollievo a chi ha vissuto questi giorni traumatici. Non esistono informazioni adeguate. Non esiste nulla.
Amo la neve, l’ho sempre amata. Ma non sapevo che sarebbe diventata la paura più grande. Come il terremoto.

M. R.

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