E’ stata l’agenda di Luigi Dagostino e la maniacale abitudine dell’imprenditore di annotare il pagamento di presunte tangenti e ogni appuntamento (anche con l’ex sottosegretario Luca Lotti, con l’ex vicepresidente del Csm Giovanni Legnini e con Tiziano Renzi, papà dell’ex premier Matteo) a permettere ai magistrati di Lecce di chiudere il cerchio sulle indagini che ieri hanno portato all’arresto dei magistrati del Tribunale di Roma Antonio Savasta e Michele Nardi, all’epoca dei fatti in servizio a Trani.
I due sono accusati di aver preso parte ad un’associazione per delinquere finalizzata ad intascare tangenti per insabbiare indagini e pilotare sentenze giudiziarie e tributarie in favore di facoltosi imprenditori. Oltre ai due magistrati è finito in carcere l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, mentre sono stati interdetti dalla professione l’imprenditore Dagostino, ex socio di Tiziano Renzi, e gli avvocati Simona Cuomo e Ruggiero Sfrecola.
Nel corso di una perquisizione della Guardia di Finanza nei confronti di Dagostino, accusato di corruzione in atti giudiziari, gli investigatori hanno sequestrato due agende, del 2015 e del 2016, nelle quali l’imprenditore aveva annotato con dovizia di particolari incontri e viaggi, cene e somme di denaro associate a nomi. “Annotazioni puntuali e metodiche” scrive il gip nelle 862 pagine dell’ordinanza, sui contatti e rapporti con il pm Savasta, con l’avvocato tranese Sfrecola, con l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, con Tiziano Renzi e anche con l’allora vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini.
La replica di Legnini. “L’attacco che mi viene rivolto dalla Lega abruzzese e dal Movimento 5 Stelle è chiaramente strumentale. Non c’è alcuna grana che mi riguardi e a scriverlo è lo stesso Giudice delle indagini preliminari nell’ordinanza di arresto di due magistrati pugliesi.
Legnini, annota il Gip nell’ordinanza pubblicata oggi dall’Ansa, “non era previamente informato o comunque a conoscenza” della presenza di uno dei due Giudici indagati e del suo amico imprenditore alla cena alla quale ero s tato invitato. E se avessi saputo della loro presenza, certamente non sarei andato a quella cena privata con 30 persone a casa di un mio ex collaboratore. Peraltro, come risulta dagli atti di indagine, trattai con molta freddezza il magistrato in questione, nei cui confronti pendeva un procedimento disciplinare, proprio perché irritato dal suo tentativo di avvicinarmi. Ciò riferii quale testimone alla Procura di Firenze che stava svolgendo le indagini.
La vicenda, per quel che mi riguarda, si è chiusa lì.
Si tratta di una notizia vecchia, già nota e chiarita sette mesi fa ed ora la Lega intende cavalcarla e strumentalizzarla solo per ragioni elettorali, non avendo altro cui aggrapparsi, logicamente anche il Movimento 5 Stelle si è accodato e questo si commenta da sé.
Sara Marcozzi. “Apprendo dagli organi di stampa che il nome del candidato Presidente dell’Abruzzo del centro sinistra Giovanni Legnini è finito sull’agenda dell’imprenditore Luigi Dagostino, accusato di corruzione in atti giudiziari. Accusa che ha portato gli inquirenti di Lecce a procedere all’arresto dei magistrati del Tribunale di Roma Antonio Savasta e Michele Nardi. Le smentite e le prese di distanza di facciata che leggiamo sui canali social di Legnini non bastano più a nessuno.
Ascoltare da un ex Vicepresidente del CSM una serie continua di ‘Io non sapevo’, ‘Se avessi saputo non sarei andato’, ‘Sono stato freddo nei loro confronti’, sono scuse frettolose e maldestre. La difficoltà evidente di Legnini si palesa quando tenta affannosamente di sminuire una notizia rilanciata da tutte le agenzie di stampa spacciandola per un attacco dei suoi avversari politici.
A questa vicenda grottesca si aggiunge quanto riferito da Alessandro Lanci, suo candidato, che ha attribuito a Legnini un emendamento alla finanziaria del 2016 sul limite delle 12 miglia per le trivellazione petrolifere, nonostante in quel momento Legnini fosse già al CSM.
Tutte questioni che lascerebbero intendere una commistione tra politica e istituzioni gravissima: il superamento disinvolto e sistematico del principio di separazione tra i poteri, uno dei principi fondamentali dello stato di diritto e della democrazia liberale.
Il tutto mentre il candidato di centrosinistra continua a recitare, come una nenia, gli slogan sul cambiamento, sulla novità o l’aria nuova. La realtà è che ha ricandidato con se tutta la giunta regionale D’Alfonso, nel segno della più totale continuità nei modi e nelle persone.
Legnini rappresenta in tutto e per tutto l’ancien règime che si nasconde dietro a liste civiche che col civismo non hanno niente a che fare. Gli abruzzesi meritano di più di questa continua pantomima e sono sicura che il 10 febbraio lo dimostreranno nelle urne”.
A riferirlo è il candidato presidente M5S di Regione Abruzzo Sara Marcozzi.