Si è tenuta in mattinata la conferenza stampa di AGL Abruzzi, Partito Radicale e Rifondazione Comunista “Le morti in cella: una strage annunciata?”.
Sono intervenuti Stefano Sassano, legale di Massimo Russi e presidente dei difensori d’ufficio del Tribunale di Pescara, Rita Bernardini, membro della presidenza del Partito Radicale e candidata Garante dei detenuti abruzzesi, e Vincenzo Di Nanna, segretario di Amnistia Giustizia e Libertà Abruzzi. Assente a causa di un impedimento Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione, che ha sostenuto comunque l’iniziativa.
Sassano, nel riassumere l’emblematico caso di Russi morto suicida in cella il 17 maggio scorso, ha ricordato: “Oltre alla depressione, il mio assistito soffriva di epilessia, di epatite B e C, perciò fu chiesta su mia iniziativa l’incompatibilità assoluta col regime carcerario, in quanto esponeva sé stesso, i compagni e il personale a problemi di contagio; ma la richiesta è stata rigettata senza approfondire”.
“Continua la strage di legalità: da un lato l’Abruzzo detiene ormai un record nazionale nella mancata attuazione della legge istitutiva del Garante dei detenuti, dall’altro l’Italia non ha approvato la riforma dell’ordinamento penitenziario, il che assume una importanza specifica in relazione a quanto accaduto al povero Massimo Russi”, ha dichiarato l’avv. Di Nanna. “Nella proposta di riforma, la normativa attuale sarebbe stata modificata estendendo l’ambito di applicazione del differimento della pena anche alle infermità di tipo psichico, inizialmente non ricomprese nel testo di legge: molte morti in cella dipendono dalla mancata modifica della norma”.
“Per darvi le dimensioni del fenomeno, ci troviamo davanti a 200-250 casi psichiatrici gravi in carcere: per chi ha patologie psichiatriche, tanto più se unite al problema della tossicodipendenza come nel caso di Russi, il carcere è il posto meno idoneo, come è stato detto da tutti gli esperti”, ha spiegato Rita Bernardini. “Come Partito Radicale abbiamo intrapreso una lunga battaglia nonviolenta per l’approvazione della riforma, attraverso scioperi della fame cui hanno aderito moltissimi detenuti anche dall’Abruzzo. Gli istituti penitenziari italiani sono ancora oggi in una condizione di totale illegalità: non solo non svolgono la funzione rieducativa prevista dalla Costituzione, ma vi è il sovraffollamento, le condizioni di vita sono contrarie al senso di umanità e grava l’assenza di quelle figure di garanzia previste dalla legge, a cominciare dai garanti regionali. L’Abruzzo è stata una delle prime regioni ad approvare la norma istitutiva del garante e l’ultima a darle attuazione: come recita un vecchio detto, ‘fatta la legge, trovato l’inganno’”.