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Quando il calice si tinge di “Orange”

Viviamo in un mondo dove tutto va veloce ed ogni giorno abbiamo a che fare con una novità che spesso sfocia in moda cioè un modello comportamentale che la macchina infernale del consumismo ci propina!

Il mondo del vino non esula da ciò quindi andiamo ad analizzare l’evoluzione sul mercato dei vini denominati orange che sempre più aziende producono per distinguere quelli di terroir ( prodotti in zone vocate e con uve adeguate) e quelli “dell’uomo” o di moda!

Il vino orange è prodotto con uva a bacca bianca che dopo la classica fermentazione subisce una lunga macerazione sulle proprie bucce che donano colore più o meno aranciato, aromi detti terziari e sapori marcati oltre ad una ossidazione benefica a patto che non vada oltre un certo limite; quindi, lo scopo è ottenere un vino molto più ricco, grasso, complesso, lungo a livello degustativo e con poco soccorso chimico.

Ma questa metodica ha senso se si ha una materia prima (uva) e sapere specifico adeguati. A me piace fare una netta distinzione tra macerati ed orange. Tecnicamente sono la stessa cosa ma se si vuole centrare l’obiettivo cioè ottenere un vino con maggior ricchezza di
sensazioni rispetto a quello prodotto in maniera classica (a parità di vitigno) bisogna puntare all’orange che si distinguerà dalla massa dei macerati (spesso dei veri e propri vinicidi) per la ricchezza acquisita senza perdere il varietale cioè i sentori innati del vitigno. Anche il colore dovrà essere sì aranciato ma vivo, luminoso non spento!

Quindi, uva di vigna matura, notevoli escursioni termiche notturne (costringe la buccia ad ispessirsi), vitigno forte e storico, suolo preferibilmente sassoso in modo da rallentare la maturazione dell’uva per una raccolta tardiva, zona ventosa con presenza di flora particolare oppure vicinanza del mare per il salmastro e sapere del vignaiolo……. non di chimica ma attentaosservazione della realtà che lo circonda tenendo sempre presente che il vino in Italia è vera e propria cultura!

In 10 ci ritroviamo in enoteca (banditi i sommelier) ed iniziamo con un semplice ancestrale di uva arneis del Roero (piemonte) dell’azienda De Marie di Vezza D’Alba; diciamo subito che per ancestrale si intende uno stile antico e quindi naturale di vinificare e nel caso del “Luigi” di De Marie abbiamo un arneis imbottigliato durante la fermentazione in modo da diventare petillant naturelle o semplicemente frizzante naturale (2,5 atm in luogo delle 6 degli spumanti) e non degorgiato cioè trattiene i lieviti “morti” (ma in natura nulla muore ma tutto si trasforma), il famoso fondo di bottiglia che donerà sapore e conservazione al vino.

Al primo sorso, si sente l’eleganza dell’arneis ma pecca un pò di acidità (secchezza). Fatto scaldare e mescolato per bene con il fondo, esce fuori tutto. Un vino delicato, a basso impatto alcolico per piatti sofisticati o semplicemente un ottimo apripista a 14 euro in enoteca.

Iniziamo con il primo orange, nella fattispecie il Krasno della cantina Klet Brda di Dobrovo (Slovenia) frutto di un blend di sauvignon, malvasia istriana e ribolla gialla; è un orange secco, non grasso quindi facile da comprendere ma si è dimostrato un pò “corto” soprattutto di mineralità tenendo conto della splendida zona da cui proviene incastonata tra le alpi ed il mare adriatico. Acquistabile a 20 euro comunque merita l’appellativo di orange quindi, promosso!

Facciamo un bel salto ed andiamo nel Taburno facente parte dell’area agro-beneventana caratterizzata da molto scheletro nel sottosuolo e da argille sabbiose con ciottoli di fiume nel suolo dove, nel comune di Solopaca c’è una piccola azienda vitivinicola che produce il “BUCCE D’UVA”, un orange di malvasia di candia e trebbiano toscano (il famoso trebulanum di Plinio) da una vigna di 45 anni con vendemmia a metà ottobre (ricordate il freddo notturno ed i ciottoli che rallentano la maturazione dell’uva?) .

La Tenuta S. Agostino opera la macerazione prolungata delle bucce per 12 mesi in anfore sia di terracotta che di arenarie per ottenere un vino con dei riflessi ramati unici, una decisa grassezza in bocca con una frutta matura favolosa che però tende a togliere spazio alla mineralità che c’è ma bisogna andare a cercarla; è poco secco e si può abbinare anche a piatti mediorientali o comunque “strani”. Questa “voluttà” costa 25 euro ma con una bottiglia ci si passa la serata in 4 appunto perchè è “tanto”!

Risaliamo in Piemonte per degustare un altro arneis (sempre di De Marie) ma in versione orange; il SABBIA nel calice riflette il colore del terreno da cui proviene appunto sabbioso color arancione con scheletro e ciottoli(ricorrenti).

La fermentazione viene effettuata senza controllo di temperatura (durante la fermentazione la temperatura sale e se si vuole ottenere un vino molto profumato bisogna intervenire ed abbassarla ma si perde in struttura e grassezza) e la lunga macerazione avviene in barrique per un vino che entra in bocca con dei frutti gialli maturi come quello precedente ma che poi vira in salato e minerale con una giusta secchezza!

I 20 euro necessari per assaggiare un vero orange prodotto da mani sapienti con un vitigno STORICO, sono ridicoli anche perchè è un vino che appaga anche se bevuto in minime quantità quindi induce ad un consumo consapevole.

Andiamo con l’ultimo vino che è quasi un ” fuori categoria” in quanto prodotto con un vero archètipo di uva: il souvignier gris, vitigno denominato PIWI (pilzwiderstandfahig) acronimo tedesco che denomina i vitigni frutto di incroci particolari (trovate l’articolo piwi in questa rubrica) che Thomas Niedermayr, raccogliendo l’eredità del papà Rudi, coltiva nello splendido scenario delle dolomiti. L’abendrot (crepuscolo in lingua locale) di Thomas Niedermayr è un vino unico, ingiudicabile in quanto non esistono aggettivi in grado di descriverlo! Va assaggiato e basta.

Il costo di 37 euro in enoteca è ampiamente giustificato dal lavoro maniacale che Thomas svolge in vigna ed in cantina (cosa che ho accertato di persona).

In sintesi possiamo concludere che tutti i vini assaggiati si sono dimostrati interessanti e soprattutto senza sentori “strani” e questo è un grande risultato; in più alcuni si sono rivelati eccellenti (Sabbia di De Marie, bucce d’uva oltre alla certezza abendrot) e questo è un altro bel risultato anche tenendo conto dei miei pregiudizi sui macerati! Comunque, dovendo eleggere il vino “sorpresa” ed il vino con miglior rapporto prezzo-qualità, non abbiamo avuto dubbi e con votazione palese abbiamo optato per il SABBIA di De Marie, un vino “Caronte” in grado di traghettare gli scettici nel mondo “ORANGE“.

Si ringrazia Andrea Forestiero titolare di “Les Grands Crus” di Perugia per la consulenza fornita ed i degustatori per l’educazione e l’interesse dimostrati. Sono fiero di voi!

Stefano Grilli – Enoteca Saraullo
Tortoreto – 0861787751